Getting your Trinity Audio player ready...
|
Foto della scuola Panzini di Senigallia
ROMA – “Andiamo dai carabinieri, denunciamo quei tre ragazzi, ma Leo prendeva tempo, sperava che prima o poi l’inferno finisse”. È un racconto pieno di dolore quello che Viktoryia Ramanenka fa al Corriere della Sera. Il suo unico figlio, Leonardo, si è ucciso a Senigallia sparandosi con la pistola del padre (vigile urbano) dopo essersi allontanato da casa. Aveva solo 15 anni e a scuola alcuni ragazzi lo tormentavano. La quotidianità si era trasformata in un incubo fatto di prese in giro, insulti e vessazioni, anche fisiche.
“Lui era la mia copia, ci somigliavamo anche di carattere, serio e caparbio, una memoria di ferro, bello e muscoloso, cresceva a vista d’occhio, nuoto e judo, 45 di piede, sognava di indossare una divisa, vigile del fuoco o marina militare”, dice ora Viktoryia che due giorni fa ha dovuto partecipare, invece, al funerale del suo ragazzo.
Alle esequie tantissime persone, anche il preside della scuola incriminata: “A un certo punto della cerimonia si è avvicinato il preside del Panzini per farmi le condoglianze, a due passi c’era la bara di Leo. Io gli ho detto solo: ‘La prego di allontanarsi da me per favore'”.
Sulla pagina Instagram della scuola ora spunta un messaggio di cordoglio: “La comunità scolastica tutta con grande tristezza e commozione si unisce al cordoglio della famiglia di Leonardo per questa tragica scomparsa“. I commenti di risposta sono in gran parte di contestazione.
Leo aveva provato a chiedere aiuto, ma tutti i suoi tentativi erano rimasti inascoltati: “L’avevano preso di mira in tre e io dicevo a lui: almeno difenditi! Ma Leonardo era troppo buono, mite, un bambino d’oro. Il 7 ottobre, dopo che da giorni lo vedevamo abbattuto e lui continuava a dire che non voleva più studiare, che non voleva andare a scuola, io e suo padre, Francesco, vigile urbano, abbiamo deciso di fare tutti insieme una passeggiata per affrontare il problema. E Leo un po’ si è aperto. Diceva: mamma io mi vergogno a riferirti le parole con cui mi offendono, oscenità di tipo sessuale. E io allora gli dicevo: ma tu l’hai detto ai professori? E lui rispondeva: sì ma vanno avanti con la lezione come niente fosse. Il 9 ottobre era andato a parlare col prof di sostegno, ma quello gli aveva spiegato che la scuola è obbligatoria fino a 16 anni. E allora io insistevo: andiamo dai carabinieri, denunciamo quei tre ragazzi, ma Leo prendeva tempo, sperava che prima o poi l’inferno finisse“.
Straziante il racconto degli ultimi giorni: “Il 10 ottobre, tre giorni prima di spararsi in bocca con la pistola del padre, è tornato a casa e ha detto: mamma ho sistemato la cosa da me, ho fatto l’uomo, ho stretto la mano a uno di loro. Ma il giorno dopo, venerdì 11 ottobre, l’ho rivisto muto, angosciato. Di nuovo diceva che non voleva tornare più in quella scuola. La domenica sera s’è ucciso“.
Rivive quei momenti Viktoryia perché quanto accaduto “non dovrà capitare più, in nessuna scuola d’Italia, non bisogna chiudere gli occhi davanti al bullismo“. E ricorda: “Il sabato di Leo era passato tranquillo, la sera aveva visto One Piece, una serie tv che parla di pirati. Ho iniziato a preoccuparmi la domenica sera: io e suo padre Francesco siamo separati, ma i rapporti tra noi sono buonissimi. Leo era a cena da Francesco, a Montignano, c’erano pure la nuova compagna Francesca, la nonna Lina. Io aspettavo la sua telefonata come ogni sera verso le 20: buonanotte mamma, sogni d’oro, questo era il saluto. Ma la telefonata non arrivava...”.
A chiamare è stato il padre intorno alle 20.40: “Mi ha detto che Leo era sparito dopo aver preso dalla cassaforte la sua pistola. Aveva disattivato anche la telecamera che punta l’armadio. Aveva pensato a tutto, ormai aveva deciso. Nella bara gli ho messo gli AirPods, le cuffiette che si portava sempre dietro e l’orsacchiotto Teddy a fargli compagnia. Ma perché non mi ha telefonato quella sera? Forse sarei riuscita a fermarlo”.
E conclude: “Adesso io pretendo giustizia: che quei bulli vadano dritti in riformatorio. E chi ha sbagliato tra i prof se la veda coi giudici. È un dovere per i docenti tutelare i ragazzi, noi li affidiamo a loro”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it