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Cartabellotta (Gimbe): “Sanità ferma al 2019 con l’aggravante della pandemia”

Oggi 11,2 miliardi a fondo sanitario nazionale ma quasi esclusivamente per Covid

Pubblicato:19-10-2022 16:08
Ultimo aggiornamento:12-10-2023 13:08

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ROMA –  “Di fatto la sanità pubblica oggi è in una condizione più o meno simile a quella del 2019, quando la definivamo un paziente con patologie multiple a causa del definanziamento pubblico, dell’eccesso di prestazioni inserite nei Lea, di sprechi e inefficienze, di una espansione inadeguata del secondo pilastro assicurativo finanziario, di una governance Stato-Regioni spesso influenzata da conflitti istituzionali, da aspettative eccessive dei cittadini e dei pazienti, con l’aggravante che oggi, di fatto, cominciamo a scontare gli effetti cronici della pandemia”. Lo ha detto alla Dire il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, a margine dell’evento ‘Il Pnrr permetterà di riformare il Ssn?’, svoltosi a Roma in occasione del 54° Congresso nazionale del Sumai Assoprof, dal titolo ‘Pnrr, Missione 6, specialista dove sei?’, che si chiude domani.

“Quindi non abbiamo soltanto le ondate periodiche ma purtroppo abbiamo un ritardo nelle prestazioni sanitarie, abbiamo l’emergenza di nuovi bisogni di salute, tra cui il long Covid e tutte le problematiche che riguardano la salute mentale. Il personale sanitario, inoltre, comincia ad avere una serie di fenomeni sia di tipo quantitativo, come i licenziamenti volontari o la fuga verso il privato, sia di tipo qualitativo, parlo di stress e burnout, che complessivamente ne indeboliscono il capitale umano”. “Rispetto al 2019, oggi sul piatto sono stati messi tanti fondi pubblici: secondo le nostre analisi, sono 11,2 miliardi i finanziamenti che sono andati al Fondo sanitario nazionale dal 2020 al 2022. Ma questo investimento non è stato conseguente alla volontà politica di rinforzare strutturalmente la sanità pubblica, ma è stata una reazione necessaria all’emergenza pandemica. È dunque denaro servito prevalentemente, se non quasi esclusivamente, per gestire la pandemia”, conclude.

 CARTABELLOTTA (GIMBE): PNNR BRICIOLA SUL FRONTE SPESA PUBBLICA

Le risorse, enfatizzate, messe sul piatto dal Pnrr sono circa 20 miliardi di euro, spalmati però in cinque anni, durante i quali, come spesa pubblica in sanità, spendiamo circa 650 miliardi. Dunque, in questa ottica, dal punto di vista quantitativo il Pnrr rappresenta una briciola”, ha spiegato Cartabellotta durante l’evento.


“Importante- ha proseguito- è capire come usare al meglio queste risorse ma partendo dallo stato di salute del Servizio sanitario nazionale, che paragono a un paziente. Nel 2013, erano i tempi dei tagli del governo tecnico Monti, lanciammo il nostro ‘salvagente’, perché siamo certi che il nostro Servizio sanitario nazionale, insieme alla scuola pubblica, sia un pilastro della nostra democrazia e che dobbiamo difendere con le unghie e con i denti. E non si tratta di una spesa pubblica ma un investimento per la salute del Paese”.

Partendo dal IV Rapporto Gimbe di giugno 2019, Cartabellotta scatta una fotografia dello stato di salute del SSn. “Credo che in questi due anni e mezzo di pandemia ci siamo dimenticati molte cose. Nella metafora clinica, paragono il Pnrr a un organo che deve essere trapiantato, perché dobbiamo capire le condizioni di salute e, soprattutto, che esame dobbiamo fare, altrimenti c’è il rischio che questo organo venga rigettato”.

Cosa è cambiato, in meglio e in peggio, rispetto a tre anni fa? Facendo un salto in avanti a ottobre 2022, il presidente della Fondazione Gimbe si chiede “in quale tipo di paziente dobbiamo andare a trapiantare questo Pnrr, questo organo così prezioso. Per quanto riguarda il definanziamento pubblico, dal 2010 al 2019 sono stati attuati circa 37 miliardi di tagli al Servizio sanitario nazionale, circa 25 di tagli lineari e 12 dallo spostamento di risorse da altri capitoli di spesa pubblica”.

Nel corso del proprio intervento, Nino Cartabellotta ha poi spiegato che “dal 2010 al 2019, complessivamente, il Fondo sanitario è aumentato di 8,2 miliardi, meno di un miliardo l’anno. In quel decennio l’inflazione media è stata circa l’1,09, l’1,1 l’anno e questo significa che questa crescita è stata inferiore e che per dieci anni la sanità pubblica ha lavorato in condizione di iso risorse, forse meno di quello che ha eroso l’inflazione”.

“Negli ultimi tre anni, quelli della pandemia- ha poi informato- il fabbisogno sanitario nazionale è cresciuto di 11,2 miliardi di euro, di cui 5,3 con Decreti Covid-19. Voglio essere provocatorio: nel momento in cui c’è una emergenza nazionale, 11 miliardi e duecento milioni si trovano, in tre anni, per metterli sulla sanità ma se sta crollando il Servizio sanitario nazionale, i soldi non si trovano. E credo che questo sia assurdo perché, di fatto, la sanità pubblica gestisce la salute di 60 milioni di persone”.

Cartabellotta ha poi incentrato il proprio discorso sul database dell’Ocse, spiegando che “l’Italia, rispetto agli altri Paesi, ha il 9,5%, è dunque in media Ocse, che è pari al 9,6. Se, però, andiamo a guardare la spesa sanitaria pro capite, noi siamo ben al di sotto della media Ocse, di circa 400 dollari l’anno pro capite, ovvero circa 24 miliardi di euro in meno rispetto alla media. Noi, oggi, siamo formalmente i primi tra i Paesi poveri per quanto riguarda la spesa sanitaria”.

Analizzando i dati della spesa pubblica, la situazione peggiora sensibilmente. “Il gap va intorno ai 450 dollari. Noi oggi sediamo al Tavolo del G7- ha concluso- ma abbiamo una delle spese pubbliche più basse d’Europa. Ripeto, siamo i primi tra i Paesi poveri”.

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