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A Bologna il 50% delle domande per le case popolari è irregolare

Le difformità comportano una retrocessione o addirittura la fuoriuscita dalla graduatoria

Pubblicato:19-10-2015 13:54
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:39

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BOLOGNA – In un caso su due, le nuove domande per l’assegnazione di un alloggio Erp a Bologna riportano un Isee diverso da quello che emerge dai controlli a tappeto effettuati da Comune e Acer: difformità che comportano una retrocessione o addirittura la fuoriuscita dalla graduatoria. A segnalare il dato è l’assessore alle Politiche abitative di Palazzo D’Accursio, Riccardo Malagoli, che ha presentato in commissione il nuovo regolamento per l’accesso all’Erp.

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La verifica sulla “congruità” della domanda entra per l’appunto nelle nuove norme, ma in realtà i controlli a tappeto (e non più a campione) sono già attivi da tempo, grazie all’incrocio con i dati forniti dall’Agenzia delle entrate e altre realtà. Il risultato è che circa il 50% delle nuove domande risulta non conforme: “Un dato molto alto”, avverte l’assessore, “ma non significa che sono tutti casi in cui si prova a fare i furbi”. Basta, ad esempio, che tra quando una persona calcola l’Isee e fa la domanda, la stessa persona trovi o cambi lavoro migliorando il proprio reddito: l’Isee (regolarmente) presentato per la richiesta risulterà più basso di quello rilevato al momento dei successivi controlli. A seconda delle specifiche situazioni, in casi di questo tipo si perdono punti o si finisce fuori dalla graduatoria.


Per quanto riguarda il nuovo regolamento, si introducono alcune novità rispetto a quello sperimentale approvato nel 2013 e si recepisce la nuova legge recentemente approvata dalla Regione Emilia-Romagna. Ad esempio, come ha ricordato qualche giorno fa anche il sindaco Virginio Merola, si dà agli assegnatari la possibilità di effettuare lavori di ripristino dell’alloggio scontando le spese dal canone. Giro di vite, poi, per chi occupa una casa Acer: in applicazione della nuova legge regionale, scatta uno stop di dieci anni sulla possibilità di fare domanda per l’Erp. Inoltre, scatta “l’obbligo di saldare eventuali danni per chi era in situazione di occupazione abusiva”, spiega Malagoli. Viene recepito anche il criterio dei tre anni di residenza e si conferma la decisione di velocizzare le assegnazioni: niente più visite, i potenziali assegnatari dovranno scegliere sulla base di planimetrie e foto (ad esclusione dei portatori di handicap, per i quali resta la possibilità di sopralluogo). Un passaggio, questo, “non del tutto condiviso dai sindacati- afferma Malagoli- ma che intendiamo introdurre ugualmente”. Tra le altre novità, nei casi di decadenza per superamento del limite di reddito non si applicherà più la maggiorazione del 20% ma scatterà il canone concordato.

Si introduce anche la mobilità d’ufficio per le situazioni di “sottoutilizzo”, che ad esempio si verificano quando una famiglia si trova in un appartamento più grande rispetto alle proprie effettive esigenze: se per due volte si rifiuta il trasferimento, si decade. Chi invece chiede di cambiare alloggio e poi rifiuta la soluzione proposta, per due anni non potrà fare altre domande di mobilità. Infine, la Giunta ha deciso di accogliere una proposta arrivata dal quartiere San Donato sugli assegnatari che vivono da soli un alloggio Acer e finiscono in carcere: si propone un solo anno di sospensione della decadenza invece degli attuali tre. La Giunta ha recepito il giro di vite, ma Malagoli propone una soluzione intermedia abbassando la sospensione a due anni. “Se uno ha la disgrazia di andare in carcere per 14 mesi e quando esce si trova anche senza casa- ragiona l’assessore- non lo aiutiamo a reinserirsi in società”. Del resto, fa notare sempre Malagoli, in un quartiere i casi di questo tipo si contano sulle dita di una mano. Deciderà il Consiglio comunale, che discuterà la delibera nella seduta di oggi. Dal Pd, intanto, si puntella la richiesta del San Donato. “Tre anni sono tanti”, rileva il capogruppo Claudio Mazzanti, aggiungendo che la proposta deriva “dall’esperienza che quel Quartiere ha fatto negli anni”. In “moltissimi casi”, continua il capogruppo dem, quando l’assegnatario andava in carcere “altri fruivano dell’immobile, le chiavi giravano e questo ha creato problemi pesantissimi sia di convivenza che di ordine pubblico”. Anche per Valentina Castaldini (Ncd) la proposta è “assolutamente ragionevole”: visto come va la giustizia italiana, “chi sta più di un anno in galera vuol dire che ha dovuto scontare una pena grave”.

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