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VIDEO | Vegetti Finzi: “Necessaria una nuova bioetica per il corpo con protesi e trapianti”

La psicologa a margine del Festival della Filosofia 2020 di Modena parla dell'impatto della tecnologia nella vita umana

Pubblicato:19-09-2020 11:12
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:54
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MODENA – Le protesi, meccaniche o biologiche, stanno ridefinendo nuovi confini dell’umano: “tra la vita e la morte, tra me e me. Non sono piu’ solo meccaniche. Anche gli organi espiantati e trapiantati, un fegato, un cuore, un midollo, vengono utilizzati come ‘protesi, cose'”. Cosa diventa l’identita’ in tutto questo? E’ il tema scelto dalla psicologa Silvia Vegetti Finzi per parlare dell’impatto della tecnologia nella vita umana e ai giornalisti, in sala stampa a Modena, anticipando la sua lezione di domenica alle 21 sulle ‘dissolvenze dell’identita” con cui dara’ l’addio al Festival, ha parlato del caso Bebe Vio che in una recente intervista si e’ definita ‘fatta di tecnologia’.

Eppure “quest’antinomia corpo-protesi non sempre va cosi– ha detto la psicologa- ne nasce un soggetto tutto nuovo e per questo c’e’ bisogno di una nuova bioetica. Da vetero femminista- ha aggiunto- credo che le donne in tutto questo debbano avere un posto in prima fila per la loro eccezionalita’ biologica: sono gli unici esseri viventi che accolgono un diverso nel loro corpo senza reazioni avverse” come accade nel rigetto comune ad organi o impianti esterni. Ridefinire l’identita’ e’ la sfida portata da questa tecnologia che tocca i corpi, partendo sempre dal monito freudiano per cui ‘la potenza incontrollata diventa impotenza’ e per questo l’accademica si e’ detta cauta e “non favorevole ad un’accettazione incontrollata del progresso tecnologico che puo’ travolgerci”. E’ quindi necessario un lavoro di pensiero sull’impiego di protesi nel corpo e di organi impiantati e questo riguarda tutte le parti del corpo, “a maggior ragione per la faccia- ha detto rispondendo all’agenzia Dire sul primo trapianto di volto eseguito in Italia da Fabio Santanelli di Pompei e Benedetto Longo al S. Andrea di Roma- perche’ la faccia e’ la nostra persona e ‘persona’ in latino significa maschera: quindi la nostra maschera e’ la nostra faccia ed e’ la sintesi dell’io identitario. Terribile per questa donna- che ha avuto un rigetto- rimanere senza faccia: e’ una condizione tragica di perdita dell’identita’ e in questo caso la paziente che attende un nuovo trapianto- ha concluso Vegetti Finzi- immagino indossera’ una maschera, questa volta in senso ‘teatrale’ pero’ e non nell’accezione latina”. 


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