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Uranio, Commissione d’inchiesta: “Forze armate esposte per decenni, ancora oggi rischi”

Uranio, presentati in conferenza stampa i risultati dell'attività della Commissione d'inchiesta

Pubblicato:19-07-2017 10:36
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:32

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ROMA – Il mondo delle Forze Armate è “apparso chiuso alle istanze di rinnovamento in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro“, tanto che “oggi, come ieri, i siti militari sono insidiati da molteplici rischi lavorativi e ambientali”. Lo dice la Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, in una propria attività ispettiva in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale nelle Forze armate e sulle gravi criticità rilevate. L’attivita’ in un anno e mezzo ha portato a 191 audizioni, di cui 71 esami testimoniali e 8 missioni con visite a 3 basi navali, 9 poligoni, una base aeroportuale e il centro radar del MUOS.

Nel testo presentato alla stampa in una conferenza tenuta alla Camera, si apprende di “documenti sollecitati e acquisiti dalla Commissione, che mettono in luce rischi di esposizione ad agenti chimici e cancerogeni connessi a sostanze impiegate nelle diverse attività“.


E ancora: “per decenni le Forze Armate italiane hanno esposto personale militare e civile a elevatissime concentrazioni di gas radon, un gas radioattivo noto per la sua cancerogenità”. Il mondo delle Forze Armate appare dunque “senza tutte le necessarie competenze tecniche e mediche, senza sorveglianza epidemiologica e senza tutela assicurativa”.

Il quadro dipinto da Gian Piero Scanu, presidente della Commissione, e’ molto cupo. “Nelle Forze Armate la sicurezza dei lavoratori e’ clamorosamente sottovalutata, così come il riconoscimento dei malati e dei morti. La prevenzione e’ pressoché inesistente e l’attività ispettiva sconosciuta”.

Il problema di fondo e’ che nel mondo delle Forze Armate, denuncia Scanu, “pare quasi che il rischio sia considerata una componente ineliminabile, si e’ soliti dire ‘lo sapeva’ o ‘se l’e’ cercata’”. La Commissione lamenta anche che i controlli sulla salubrità nelle zone militari siano avvenuti non in teatri di guerra come Afghanistan e Kosovo, ma nelle ambasciate di Vienna, Varsavia, Londra, Madrid, Parigi e Berlino. “Un Paese democratico non può farsi prendere in giro così- aggiunge Scanu- stiamo parlando di una cosa maledettamente seria“.

Per queste ragioni la Commissione continua a spingere per una proposta di legge “ferma da più di un anno perché ritenuta pericolosa dalla Difesa”, precisa Scanu, per far passare la competenza su malattie e morti militari da esposizione a uranio impoverito all’Inail e non più al ministero della Difesa.

E’ una proposta di legge che vuole mettere i lavoratori in divisa nelle stesse condizioni degli altri lavoratori– conclude Scanu- ma questo determinerebbe laicità in un mondo autoreferenziale, dunque si preferisce attendere fine legislatura per far tramontare le aspettative della Commissione”.

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