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Sette strade intitolate alle donne ogni 100 per gli uomini: più della metà a madonne e sante

Ne parliamo con Maria Pia Ercolini, insegnante di Geografia in pensione e presidente dell'associazione Toponomastica femminile (Tf).

Pubblicato:19-06-2020 14:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:31

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ROMA – In Italia ogni 100 vie e piazze dedicate a uomini poco più di sette sono intitolate a protagoniste femminili, di cui il 50-60% è rappresentato da “madonne, statuasante e martiri”. È un gap di genere impietoso e “impensabile” da colmare quello che si gioca per le strade del Belpaese, una lotta per la parità odonomastica che se non può aspirare a un riequilibrio sostanziale dei generi, può puntare però al raggiungimento della “consapevolezza del gap”. La pensa così Maria Pia Ercolini, insegnante di Geografia in pensione e presidente dell’associazione Toponomastica femminile (Tf), che dal primo censimento toponomastico condotto da un gruppo di ricerca nato nel 2012 su Facebook (poi costituito in associazione dal 2014), porta avanti iniziative rivolte alle scuole e ai Comuni per sensibilizzare sui temi della parità e ridurre il divario di genere che grava sulle targhe delle nostre città, anche attraverso iniziative specifiche, volte a valorizzare un tema.

LA QUERELLE MONTANELLI

Nei giorni in cui in Italia si infiamma il dibattito su nomi, simboli e memorie, con la querelle sulla rimozione della statua di Indro Montanelli dai giardini di Porta Venezia a Milano nata sull’onda della lotta ai simboli coloniali del movimento Black Lives Matter, la studiosa dice la sua in un’intervista all’agenzia di stampa Dire. “Non sono molto d’accordo sulla rimozione della statua, pur non piacendomi affatto Montanelli– dichiara- Credo che il percorso sia quello della compensazione. Anziché rimuoverla dovremmo proporre di intitolare i giardini alle vittime del madamato, non alla singola bambina, nel caso di Montanelli Destà, perché non lascerebbe molto il segno”. Intitolare quegli spazi a “tutte le bambine che hanno subito lo stesso trattamento”, per Ercolini, “potrebbe compattare molto di più e costringerebbe a “interrogarsi sul fenomeno, ritirando fuori il discorso” del fascismo e del colonialismo, con cui “l’Italia non ha fatto i conti”.


Se “Montanelli fosse stata una donna non ci sarebbe stato questo schieramento in suo sostegno- osserva Ercolini- Per esempio, io sono favorevole all’intitolazione delle strade a Oriana Fallaci, ma quando lo dico vengo molto attaccata, perché negli ultimi anni ha avuto un pensiero politico che non piace a molte persone e che non piace neanche a me. Io, però, le riconosco il merito di essere stata una grande giornalista e anche un modello di emancipazione femminile per la mia generazione”.

Per l’insegnante, la chiave di volta può essere solo “una profonda onestà intellettuale”, che possa riuscire a liberare il pensiero “dalle catene che ci collegano alla politica” o “alla filosofia”.

IL ‘CASO PIVANO’ A GENOVA

La stessa onestà intellettuale che per la presidente di Toponomastica femminile “manca” al Comune di Genova, che per la seconda volta ha rifiutato l’intitolazione di una strada del centro storico della città portuale ligure alla scrittrice, giornalista e traduttrice Fernanda Pivano.

“Fabrizio De Andrè e Don Gallo hanno uno spazio dedicato nel centro storico, Fernanda Pivano è molto legata a entrambi i personaggi quindi vorremmo che fosse inserita in uno spazio analogo, che abbiamo cercato a partire dal regolamento. Quello che avevamo trovato rispondeva a tutti i criteri- racconta Ercolini- ma l’amministrazione ci ha risposto che non era adatto. Ne abbiamo trovato un altro, ma ci hanno negato anche questo dicendo che sul territorio del centro-est di Genova vogliono solo personaggi che in quello spazio hanno operato. Allora cancelliamo la targa di Sandro Pertini perché sta in quello spazio ma non ha operato là! Ci hanno proposto di optare per una strada in periferia: assolutamente no, continueremo a battagliare su questo, perché l’obiettivo non è tanto avere la strada quanto portare alla ribalta questi problemi, far discutere l’opinione pubblica di queste cose”.

“IL POTERE DELLA TOPONOMASTICA? CREARE MODELLI” 

Il potere più grande della toponomastica, per Ercolini, è infatti “creare modelli, rimandare a immaginari”, oltre a rappresentare “una volontà, perché attraverso le scelte fatte dalle amministrazioni si vede quale memoria vogliono conservare, a quale vogliono dare valore. Bisogna formare gli insegnanti, entrare nelle scuole. Fin dal primo anno noi abbiamo istituito il concorso nazionale ‘Sulle vie della parità’, che mira a far prendere coscienza del problema le scuole e a sollecitare le amministrazioni attraverso ragazze e ragazzi, bambine e bambini, che chiedendo a un Comune di intitolare una strada entrano in un rapporto di cittadinanza attiva”.

Il tema, chiarisce la presidente di Tf, è “quello della visibilità delle donne nello spazio pubblico”, che si allarga al “discorso del linguaggio. Ci nascondiamo spesso, soprattutto su professioni prestigiose, dietro abiti maschili- sostiene Ercolini- Ma se esiste ‘cameriera’, per la stessa ragione deve esistere ‘ingegnera’”. Un limite, quello del “nascondersi” dietro la professione declinata al maschile, che secondo la prof. è fintamente grammaticale, perché “è la cultura che lo introduce”. Mentre è proprio la grammatica a soffrirne. “Ad esempio, con Wikipedia veniva fuori ‘un’architetto italiana’, perché la nazionalità era riconosciuta con il doppio genere mentre la professione no. E volendo portare Wikipedia nelle scuole abbiamo chiesto che questi orrori venissero cancellati”.

Proprio con la famosa enciclopedia libera del web, infatti, l’associazione ha “fatto dei corsi di formazione affinché si possano inserire nuove voci enciclopediche femminili. Siamo riuscite anche a far modificare il template per le professioni, soprattutto quelle di alto livello, che prevedevano il maschile”, sottolinea Ercolini, oltre a “far aggiungere il nome delle mogli nelle biografie degli uomini, perché su quelle delle donne c’è sempre il nome del marito”.

donneL’obiettivo finale è “che ragazzi e ragazze cambino il loro immaginario femminile, che le ragazze trovino modelli da seguire”. Per questo servirebbero “più scienziate, categoria che manca quasi completamente” e su cui “andrebbe fatto forzatamente un lavoro di intitolazione”, per spingere simbolicamente le donne a colmare il gap di presenze femminile nel mondo delle Stem. “Noi riteniamo che la memoria sulle strade debba essere quella delle donne che hanno agito non quelle che hanno subito, perché continuiamo a riproporre un’immagine di donne vittime, martiri, e non è questo l’obiettivo che abbiamo in testa”.

I SEGNALI POSITIVI

Ogni anno Toponomastica femminile, per monitorare la situazione, chiede ai Comuni un aggiornamento dello stradario, “ma la risposta è molto bassa”, avverte Ercolini, o “perché le amministrazioni non hanno lo stradario aggiornato” o perché c’è “una difficoltà a censire” dovuta ai nomi puntati, per cui “se tu ti trovi A. Rossi non sai se sia ‘Ada’ o ‘Aldo’”. A Roma, dove l’associazione è a rotazione nella Commissione Toponomastica, “su oltre 16mila strade siamo passati dal 7,7% del 2012 all’8,6% di oggi, che sembra poco, ma in realtà su un numero così elevato di vie è una crescita significativa”.

A Napoli “è stato fatto un lavoro molto interessante perché il sindaco nella premessa del regolamento per le intitolazioni rivolto alla Commissione Toponomastica, ha espresso la volontà che ogni incontro per le delibere si concluda con almeno una delibera femminile in più rispetto a quelle maschili, per ridurre il gap. Anche Palermo si è mostrata molto sensibile”. Non è “una battaglia che le donne devono fare contro gli uomini- conclude la presidente dell’associazione- È una battaglia di democrazia che dobbiamo fare insieme, contro le resistenze alla democrazia”.

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