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FOTO | Via Amba Aradam diventa via George Floyd, protesta Minneapolis arriva a Roma

Al Pincio imbrattato il busto di Antonio Baldissera, il generale che guidò le truppe italiane in Eritrea. L'azione è stata messa a segno dalla rete 'Restiamo uniti'

Pubblicato:19-06-2020 10:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:31

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ROMA – I nomi di George Floyd e Bilal Ben Messaud sono stati affissi nella notte sulle targhe toponomastiche di via dell’Amba Aradam, a Roma. Sempre nella notte è stato imbrattato, con della vernice, il busto di Antonio Baldissera, il generale a capo delle truppe italiane in Eritrea, che si trova al Pincio. Le azioni sono state rivendicate dalla rete ‘Restiamo umani’ con l’intento di portare anche a Roma la voce del ‘Black lives matter’, ovvero l’ondata di proteste mondiali seguite alla morte dell’americano Floyd per mano della Polizia.

Nell’azione romana si fa riferimento anche a Messaud, il migrante morto a Porto Empedocle, il 20 maggio scorso, mentre cercava di raggiungere terra. A spiegare i motivi del gesto uno striscione affisso sui bandoni sul cantiere della meteo C di San Giovanni: “Nessuna stazione abbia il nome dell’oppressione”. Sul posto sono intervenuti il Decoro urbano per la rimozione di cartelli e striscioni e la Polizia di Stato.









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AUTORI RAID NOTTURNO: SMANTELLARE SIMBOLI COLONIALISMO NELLA CAPITALE

‘Black Lives Matter: dagli Stati Uniti alle sponde del Mediterraneo non si fermerà la protesta. In fermo sostegno alle e ai manifestanti che a partire da Minneapolis hanno riempito le piazze di decine di città del mondo per manifestare contro il razzismo strutturale e hanno deposto simboli di un passato coloniale sempre rimosso, iniziamo ora a smantellare i simboli del colonialismo nella Capitale”. Inizia così la ‘rivendicazione’ della rete Restiamo umani, il gruppo che la scorsa notte ha imbrattato al Pincio la statua del generale che guidava le truppe italiane in Eritrea e cambiato con dei cartelli alcune targhe toponomastiche nella zona di San Giovanni, intitolando le strade a George Floyd.

“Appare evidente la necessità di riportare una narrazione storicamente veritiera del colonialismo italiano– scrivono gli attivisti- delle brutalità compiute da uomini che ancora oggi le nostre istituzioni continuano a celebrare come grandi personaggi che hanno plasmato la cultura di questo paese, rimuovendo la verità sulle violenze e gli stermini compiuti dagli italiani in Africa. Nessuna ‘contestualizzazione storica’ dell’operato di questi uomini, assassini e violentatori, deve distrarre e far venir meno il rifiuto convinto per quegli avvenimenti che hanno inquinato la nostra società, perché è su di essi che è stato costruito un mondo iniquo e violento in cui il valore della vita si misura in base al colore della pelle”.

Il post entra poi nel vivo delle azioni compiute nella notte a Roma: “Alcune nostre strade richiamano stragi vergognose compiute dai soldati italiani in Etiopia, come via dell’Amba Aradam, alcuni monumenti conferiscono invece gloria eterna a uomini colpevoli delle peggiori atrocità verso il genere umano; ciò va rafforzare una narrazione che continua a negare la violenza che ha caratterizzato l’espansione coloniale dei paesi europei, Italia compresa, e va a celebrare e giustificare la supremazia bianca. Tra gli ‘illustri’ della storia italiana al Pincio possiamo trovare un busto di Antonio Baldissera, generale a capo delle truppe italiane in Eritrea e successivamente governatore della colonia italiana di Eritrea alla fine del XIX secolo, quasi che il passato coloniale italiano fosse un lustro invece che un crimine che come tale va ricordato. È quindi fondamentale- sottolineano gli attivisti- che il ruolo che queste figure e questi fatti hanno ricoperto nella storia venga smascherato e rinarrato senza nessuna celebrazione ‘monumentale’, ponendo fine al racconto colonialista ad opera degli oppressori. Le violenza da parte delle forze dell’ordine negli Usa- aggiungono- deve darci la consapevolezza che ciò non accade solo oltre oceano: sono quotidiane anche in Italia le azioni di sopruso da parte delle forze dell’ordine ai danni delle minoranze e delle persone in stato di vulnerabilità. Per queste ragioni- concludono rivendicando le azioni romane- oggi cambiamo nome a via dell’Amba Aradam e a largo dell’Amba Aradam e li intitoliamo a George Floyd e a Bilal Ben Messaud, morto a Porto Empedocle il 20 maggio 2020 mentre cercava di raggiungere terra, fuggendo dal confinamento forzato in nave. Dedichiamo la via a queste due figure per unire le lotte contro il razzismo di entrambe le sponde dell’Atlantico, e per ricordare che la frontiera uccide quanto la polizia violenta, e sono il prodotto dello stesso razzismo istituzionale. Per queste ragioni abbiamo imbrattato il busto di Antonio Baldissera di vernice, a ricordare la violenza razzista e coloniale da lui perpetrata ai danni delle popolazioni africane. Esigiamo che la nuova stazione della metro C non sia dedicata alla battaglia dell’Amba Aradam, ma ricordi al contrario le vittime del razzismo, come George e Bilal”.

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