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VIDEO | Ambiente, Thiaw (Onu): “Una grande muraglia verde salverà l’Africa”

In settimana si sono tenute le celebrazioni per la Giornata mondiale contro la desertificazione. E si torna a parlare del progetto della grande muraglia verde lanciato nel 2017

Pubblicato:19-06-2019 11:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:25

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ANKARA – “Mio padre fu portato via di notte” racconta Ibrahim Thiaw, sulla cinquantina, distinto in caftano azzurro: “A Niakwar, lungo il fiume Senegal, nel tratto della Mauritania che segna il confine, i militari arrivarono a bordo dei pick-up”. Thiaw è l’uomo sul quale le Nazioni Unite, a partire da un trattato che mette insieme 196 Paesi, hanno deciso di puntare per fermare l’avanzata del deserto. I ricordi personali, nel colloquio con l’agenzia ‘Dire’, aiutano a capire come e perché adesso serva un impegno nuovo. “Era il 1989” riprende Thiaw: “Dopo gli scontri tra le comunità fulani e wolof innescati dalla siccità il regime mauritano decise di deportare in Mali e in Senegal 60mila persone, sostenendo che per loro non ci fosse più posto”.

Il padre di Thiaw era tra quelle: morì in un campo profughi. E ancora oggi nei tribunali mauritani continuano ad arrivare, da parte di chi spera di tornare, richieste di risarcimento e petizioni per l’assegnazione di terreni lungo il fiume. Una storia come tante nel Sahel, sottolinea il signore in caftano, da alcuni mesi segretario esecutivo della Convenzione Onu contro la desertificazione (Unccd).

“Crescita demografica, riduzione delle piogge e competizione per terre, pascoli e fonti d’acqua – sottolinea Thiaw – stanno moltiplicando i fronti di conflitto dalla Nigeria al Mali e fino al Burkina Faso”. Allevatori contro contadini, pastori contro agricoltori, in competizione tra loro per sopravvivere. “I conflitti per la terra uccidono più di Boko Haram” dice il segretario della Convenzione introducendo il tema dei gruppi armati, di matrice islamista o meno, e chiarendo che il fattore etnico-religioso ha un rilievo marginale. “Fanno adepti solo perché tanti giovani non hanno speranza e allora, per cento o 200 dollari, una somma enorme per loro, possono essere disposti a uccidere“.


Non tutto, però, sarebbe perduto. A sottolinearlo gli esperti che ad Ankara, insieme con Thiaw, hanno animato in settimana le celebrazioni della Giornata mondiale contro la desertificazione. In primo piano le opportunità di una nuova agricoltura fondata sullo sfruttamento dell’energia solare e l’irrigazione dei campi tramite il pompaggio dalle falde sotterranee. “Serve un mix di soluzioni a basso e ad alto contenuto tecnologico, che tengano dentro eolico, ‘mobile banking’ e intelligenza artificiale” dice Thiaw. Sul piano finanziario la sua ricetta è il “blending”, gli investimenti pubblico-privati, presentati come nuova frontiera della cooperazione internazionale. Il riferimento che torna è poi la Grande muraglia verde, l’iniziativa lanciata nel 2007 dall’Unione Africana per il ripristino della fertilità dei suoli nel Sahara e nel Sahel. “Vogliamo creare una barriera lunga 8mila chilometri, dall’Oceano Atlantico al Mar Rosso” dice Thiaw.

L’obiettivo sarebbe riabilitare oltre cento milioni di ettari entro il 2030, creando una fascia di protezione estesa per 15 chilometri. Previsti interventi anche nell’area del Lago Ciad, un bacino che dava sostentamento a 30 milioni di persone ma che a causa di cambiamenti climatici e siccità ricorrenti si è ridotto a un decimo della superficie originaria. Per la Grande muraglia verde, a oggi, anche da finanziatori come Banca mondiale e Francia, sono stati messi a disposizione circa otto miliardi di dollari. Ne serviranno altri, per questo e altri progetti sotto il segno del sole e del vento. Thiaw menziona Desert to Power, una iniziativa della Banca africana di sviluppo che promette elettricità a 250 milioni di persone. Infine un appunto, che sa di paradosso e di speranza: “Oggi in Africa si perde il 40 per cento delle produzioni alimentari, dal latte alla frutta, perché senza energia conservare è impossibile”.

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