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Alluvioni, parla l’esperto di progettazione: “Folle pensare di espellere la natura dalle città”

Parla Maurzio Carta, docente universitario esperto in progettazione del territorio: "Piuttosto che tentare in maniera vana di irrigimentare l'acqua, dobbiamo tornare a far sì che le città siano porose"

Pubblicato:19-05-2023 19:29
Ultimo aggiornamento:21-05-2023 12:15

MAURIZIO CARTA ALLUVIONI città intervista
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ROMA – “L’umanità, soprattutto quella urbana, ha pensato di potersi liberare dalle dinamiche della natura convincendosi che la nostra ingegneria, la nostra potenza, le nostre risorse potessero espellere la sua natura dalle città facendo diventare le città degli organismi totalmente artificiale”. Così Maurizio Carta, professore dell’Università di Palermo e Assessore all’Urbanistica e mobilità del capoluogo siciliano, nella videointervista alla Dire.

Il professor Carta, esperto di Progettazione e pianificazione territoriale, parla dell’alluvione in Emilia-Romagna, ultima emergenza e tragedia dopo le altre vissute nel recente passato. “Per troppo tempo- ha detto Carta- abbiamo pensato di poterci liberare dalle dinamiche della natura ripetendo a gran voce che la nostra ingegneria, la nostra potenza, le nostre risorse potessero espellere la natura dalle città facendole diventare degli organismi totalmente artificiali. Dimenticando soprattutto in Italia dove abbiamo inventato il modello diverso, quel rapporto tra naturale e artificiale, permeabile e impermeabile, ha fatto delle nostre città dei meravigliosi sistemi in simbiosi con la natura. Ad un certo punto la natura abbiamo tentato di espellerla per diversi motivi una sorta di bulimia del costruire. Oggi la questione soprattutto nei confronti dell’acqua, a parte ovviamente la riduzione delle cause del cambiamento climatico ma non è una soluzione che richiede poco tempo, il problema è come gestire, come adattarci al cambiamento climatico e far sì che in qualche modo le città non vivano più queste situazioni drammatiche come quelle che oggi vediamo in Emilia Romagna o in altre parti dell’Italia”.

“RENDERE DI NUOVO LE CITTÀ POROSE E VIA L’ASFALTO”

“A questo riguardo il mio pensiero -prosegue Carta- confortato da studi e da processi che stiamo immaginando a Palermo, è che piuttosto che tentare in maniera vana di irrigimentare l’acqua, che inevitabilmente diventa certe volte anche una amplificazione dei danni prodotti, noi dobbiamo tornare a far sì che le città siano porose, come stanno facendo moltissime città nel mondo. Significa che dobbiamo togliere l’asfalto ovunque sia possibile, per esempio dove pedonalizziamo un’area lì l’asfalto va tolto, in questo modo quell’area comincerà ad aiutare l’assorbimento dell’acqua, fare la stessa cosa lungo le coste, lungo gli argini fluviali. Dobbiamo anche cambiare il modello di progettazione delle grandi infrastrutture stradali, ferroviarie o metropolitane, far sì che mentre si realizzano queste opere a fianco ci siano anche vasche di laminazione, noi abbiamo bisogno che l’acqua torni a fluire dentro le città non tentare di arginarla. Dobbiamo riscoprire il nostro modello tradizionale di città, una città che ha sempre dialogato con le acque”.


LE CITTÀ DEL FUTURO

Ma in che modo vanno costruite o rinnovate le città del futuro? Maurizio Carta, assessore all’Urbanistica del Comune di Palermo, nel suo libro ‘Città aumentate: dieci gesti barriera per il futuro‘ (Il Margine editore) fornisce preziosi consigli operativi perché le nostre piccole e grandi città possano rispondere e adattarsi meglio ai cambiamenti, essere più sostenibili, collaborative, creative e digitali. “Sono gesti necessari, prendo a prestito questa locuzione di Latour, che possiamo fare come amministratori, come cittadini, come progettisti per contrastare le crisi, noi viviamo ormai in una situazione di crisi ricorrenti, la pandemica, bellica e poi energetica… e così via e altre ce ne saranno, questi gesti barriera servono a far sì che le stesse città diventino la soluzione ai problemi che le città stesse producono”.

LE CITTÀ E I GESTI BARRIERA

L’assessore Carta continua a credere “alla città come la nostra migliore forma di insediamento, ma servono cambiamenti: la città deve essere capace di percepire i problemi in tempo reale, e oggi questo la tecnologia lo permette, siamo circondati da dati e da sensori che noi stessi portiamo col cellulare; che diventi più collaborativa, serve una collaborazione aperta tra tutti i soggetti che interagiscono; più intelligente, che sappia utilizzare i dati per poter avere in anticipo una simulazione digitale degli effetti e impatti; tornare alla città produttiva, non mera erogatrice di servizi, va espulsa quella produzione industriale che non ha senso tenere dentro la città ma tutta quella produzione manifatturiera, artigianale e nuove manifatture digitali sono fondamentali”.

Altro gesto barriera è “la creatività, grande risorsa urbana, oggi le città creative nel mondo dimostrano quanto sia importante come fattore per la competitività; la resilienza, la necessità di adattarsi al cambiamento anche imparando dalle crisi, perché dalle crisi bisogna imparare e non subire soltanto gli effetti; il policentrismo, la necessità che le città tornino ad essere policentriche con quartieri differenziati anche col modello della città dei 15 minuti; il gesto della fluidità; il gesto della strategia, essere strategici che non significa soltanto avere una visione significa sapere come perseguire quella visione, con chi negoziare e fare accordi”. Tutti questi gesti barriera, ha concluso Carta, “sono le note di una stessa e grande sinfonia da modulare città per città”.

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