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Rivoluzione settimana corta, l’esperto: “Servono nuovi modelli organizzativi”

L'avvocato Luca Failla è tra i protagonisti dell'appuntamento che si tiene oggi su DireTv e dire.it

Pubblicato:19-05-2023 13:15
Ultimo aggiornamento:23-05-2023 09:12
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ROMA – Una rivoluzione chiamata settimana corta. Il mondo del lavoro si prepara e ne discute. L’avvocato Luca Failla, giuslavorista che da giugno ha aperto il suo studio Failla e Partners, esperto di diritto del lavoro, è tra i protagonisti dell’appuntamento ‘Dalla settimana corta alla ‘giornata corta’. La rivoluzione del contratto di lavoro‘ che si terrà lunedì 22 maggio alle ore 12 su DireTv e dire.it.

“Il lavoro da remoto ci ha abituato un po’ tutti a pensare più alla nostra attività come un’attività che funziona sul rendimento, sull’obiettivo e non tanto sul tempo in cui io ci metto per raggiungere un obiettivo- ha spiegato subito Failla- E invece la vecchia cultura del lavoro si basa su quello, ti pago per le 8 ore che tu stai al computer o altro, e il rendimento a volte è una variabile che c’è e non c’è. Perché non immaginare un modello organizzativo che prescinda dalle ore effettivamente dedicate e piuttosto invece concentrato sull’obiettivo che da quelle ore l’azienda si aspetta di ricevere. E’ un cambio di approccio, di organizzazione mentale, anche per le aziende. Bisogna immaginare un modello organizzativo dove io posso migliorare la mia attività, e se un dipendente lavora quattro o cinque giorni non è l’aspetto più importante“.

Lunedì il dibattito entrerà proprio anche nel vivo di un modello organizzativo che riguarderà le imprese, quindi, ma non solo, perché una parte fondamentale la giocheranno anche i sindacati. Secondo lei c’è una cultura all’altezza di questa sfida? “E’ una questione delicata- ha risposto l’avvocato- perché in Italia l’idea di non avere il dipendente davanti agli occhi, quindi il non pensare di poterlo ‘controllare’, è già superare un tabù. Le organizzazioni sindacali, dal canto loro, sono poi cambiate molto, perché i primi tentativi di lavoro da remoto sono stati da loro osteggiati, c’era il timore di disarticolare il sistema, di perdere anche loro il contatto con i propri associati. Oggi invece le aziende che ritornano a lavorare in presenza si trovano a fronteggiare la richiesta del mondo sindacale di mantenere il lavoro da remoto. C’è quindi un gradimento e una richiesta da parte dei lavoratori. Ma, per fare un esempio, nei mesi scorsi un grosso gruppo bancario ha siglato un accordo sulla settimana corta, ma alla fine i sindacati non lo hanno firmato, quindi l’azienda lo ha implementato ugualmente in via autonoma perché i lavoratori lo chiedevano. Questo dimostra come il tema sia delicato”.


LUCA FAILLA STUDIO LEGALE FAILLA ROTONDI & PARNERS

È una sfida che però abbiamo davanti e che va affrontata, perché soprattutto le nuove generazioni non non rientrano più nello schema classico del posto fisso. Vogliono aziende che si misurino anche con un’offerta su quanto tempo lasceranno loro a disposizione. “La prima domanda che fanno i giovani non è quanto guadagneranno, la vera domanda che fanno è ‘Ma io dovrò venire a lavorare qui in ufficio, in presenza, o posso lavorare anche da remoto?’ E se la risposta non è in linea con le aspettative, la persona rifiuta anche una assunzione” ha concluso Failla.

Appuntamento lunedì alle ore 12 su dire.it e su DireTv.

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