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VIDEO | Pma, Muzii (Umberto I): “Con lockdown liste d’attesa che avevamo azzerato”

Ora, con l'allentamento di alcuni divieti, le attività a sostegno di chi aspira a diventare mamma o papà riprendono con le dovute cautele

Pubblicato:19-05-2020 12:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:20

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ROMA – Il lockdown ha allontanato il sogno di molte coppie di diventare genitori. Negli ospedali, infatti, sono state effettuate solo le procedure per le donne già sotto stimolazione ovarica o con embriotransfert già programmati. Insomma i cicli indifferibili. Ma ora, con l’allentamento di alcuni divieti, le attività a sostegno di chi aspira a diventare mamma o papà riprendono seppur con le dovute cautele. Lo spiega all’agenzia Dire il professor Ludovico Muzii, responsabile di Fisiopatologia della riproduzione umana al Policlinico Umberto I di Roma.

– Quante procedure di Pma programmate non sono state effettuate a causa di questa emergenza sanitaria? Nel periodo del lockdown avete proceduto a qualche transfert embrionale perché indifferibile?


“Questo periodo di crisi sanitaria ha bloccato la nostra attività per tre mesi, come da indicazioni dello Stato e della Regione, dovremmo ripartire il 3 giugno prossimo. Ogni anno eseguiamo qui al policlinico Umberto I più di 300 cicli l’anno ecco che allora nel periodo del lockdown abbiamo perso più o meno 75 cicli in tre mesi e pari all’incirca a 15 gravidanze. A livello nazionale siamo sulle 80mila procedure di Fivet ed Icsi e quindi tre mesi di stop hanno fatto venir meno 20mila cicli. Durante il lockdown all’Umberto I abbiamo completato tutti i cicli di stimolazione ovarica in corso e abbiamo proceduto al pick- up ovocitario e all’embriotransfert. Speriamo di ripartire appunto al 3 giugno”. 

– Se una coppia vuole rivolgersi al centro Pma dell’Umberto I può prenotarsi o allo stato attuale non potete ripartire con l’agenda degli appuntamenti?

“Dalle indicazioni della Regione Lazio sicuramente ripartiremo con gli appuntamenti dal 3 giugno fatte salve novità. Questo vuol dire che se sono notizie positive apriamo prima se negative apriamo dopo. Nel frattempo chi ha chiamato nel periodo del lockdown è stato messo in una sorta di contenitore virtuale da parte del Cup di prenotazione regionale e le richieste poi verranno smaltite una volta che ogni singola azienda sanitaria riprende l’attività. E’ opportuno ricominciare a telefonare al Cup regionale dal 3 giugno e non prima”. 

– La Regione Lazio ha modificato il limite di età per le donne di sottoporsi alla Pma? 

“La Regione Lazio ha emanato un decreto che stabiliva che le pazienti che compivano i 43 anni nel lockdown potessero essere considerate per i cicli di Pma nel pubblico da Ssn fino al 31 dicembre. Quindi se una paziente ha compiuto 43 anni da marzo e sino al 3 giugno potrà aver diritto ai cicli di Pma fino al 31 dicembre. Esistono delle differenze tra regione e regione. Ad esempio nella regione Campania però l’età per effettuare la Pma nel pubblico sale a 46 anni. In ogni caso secondo me le differenze tra le regioni non sono un dato positivo”. 

– Diciamo che in ogni caso la ripartenza in tempi rapidi è fondamentale visto che la maggior parte delle donne italiane arriva a diventare mamma oltre i 40 anni. Quali sarebbero gli scenari per loro se la ripartenza dovesse essere tardiva o comunque lenta… penso alla riserva ovarica che non aspetta. Come mediare?

“Stiamo toccando dei punti molto importanti. La ripartenza avverrà in modo molto più lento e non ci saranno doppi turni che tengano. Le strutture sono quelle e gli spazi pure e dovendo mantenere il distanziamento sociale, non potremmo almeno nei primi mesi, gli stessi ritmi di prima del lockdown. Dovremmo lavorare con numeri più bassi almeno per i primi mesi ma questo lockdown ha formato delle liste d’attesa che nel nostro centro avevamo eliminato completamente. Il blocco per tre mesi ha creato qualche problema ma chiaramente la sicurezza è fondamentale. E’ vero che le paziente che si rivolgono al nostro centro sono over 40 e sono pari ad un terzo del totale. Le liste d’attesa per loro effettivamente sono un ulteriore danno perchè la riserva ovarica va diminuendo purtroppo non abbiamo molte alternative. Cercheremo di lavorare il più possibile in sicurezza e perciò chiediamo alle donne che si rivolgono a noi di avere un pò di pazienza. Ci sono poi tante altre situazioni delicate oltre la riserva ovarica come precedenti operazioni chirurgiche o patologie invalidanti come l’endometriosi che è molto frequente. Dobbiamo capire insomma quale saranno le pazienti che avranno un percorso favorito perchè il decreto regionale dice anche questo cioè che bisogna favorire le donne più in là con l’età o con ridotta riserva ovarica”. 

– Non si può prevedere insomma quanti mesi si dovrà aspettare visto che da voi prima dell’emergenza non c’erano liste d’attesa? 

“Purtroppo questi tre mesi di blocco delle attività , riprendiamo a giugno i cicli di donne che aspettavano a marzo. Per cui se una paziente si rivolge a noi adesso, per la prima volta, automaticamente viene rinviata a settembre per la stimolazione ormonale. La gestione degli spazi e dei numeri, mantenendo il distanziamento sociale non lo abbiamo ancora chiaro. Immaginiamo di dover lavorare ai due terzi della nostra potenzialità. Insomma stimo una lista d’attesa di tre o quattro mesi”. 

– Vuole aggiungere qualche altra riflessione? 

“Dieci giorni fa all’incirca sono stati diramati comunicati di società scientifiche, dell’Iss e del Centro Trapianti riprese da agenzie e giornali in cui si dichiarava che la Pma poteva ripartire. Questa notizia ha creato delle false aspettative nelle pazienti, molte si sono rivolte a noi direttamente o tramite Cup ma questo non era vero. Questi organismi tecnici facevano notare piuttosto come fossimo in condizioni di sicurezza per poter ripartire ma da qui a rendere la cosa esecutiva ce ne passa. Un altro elemento ripreso molto dai media è che la Pma si è fermata per tre mesi e porterà a 3500 gravidanze in meno per il 2021. Io temo che il numero sarà ben più importante, non solo per il blocco dell’attività della Pma in sè ma anche perchè l’emergenza ha creato nelle persone una preoccupazione non solo sanitaria ma anche economica. Ho paura che si registrerà un riduzione della natalità ben più importante al blocco delle procedure di fecondazione medicalmente assistita. Il problema della bassa natalità tra l’altro già molto importante in Italia”.

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