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Scuola Torino, a Borgo Vittoria una domenica a (s)parlare di Dad

Il dibattito pubblico in piazza Vittoria ha portato al tavolo del confronto presidi, studenti, insegnanti e genitori

Pubblicato:19-04-2021 19:24
Ultimo aggiornamento:19-04-2021 19:24

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TORINO – In Borgo Vittoria si parla di Dad in piazza. Il quartiere periferico nella zona di Torino nordovest, ben separato dal centro, ieri ha visto l’incontro “Come va la DaD? Parliamone in periferia”, un evento nato spontaneo da tre ragazzi di neanche vent’anni, che hanno portato in piazza insegnanti, genitori e presidi per parlare della famigerata didattica a distanza e di come l’insegnamento da remoto abbia cambiato quest’ultimo anno scolastico.

Dario Muccilli, 18 anni, è il liceale che modera l’evento e come scopo, lo chiarisce subito, si è prefissato quello di dare vita a un débat public, l’abitudine francese di interrogarsi sui grandi temi in piazza. In questo caso è stata scelta Piazza della Vittoria, l’area del mercato nel cuore di Borgo Vittoria: “Il 26 torneremo a scuola, forse è il momento di fare un bilancio”.

Gli interventi vanno al cuore dei problemi. Come fa il professore d’inglese Marco Celeghin, che parla della Dad dal punto di vista dei professori. I problemi non sono solo tecnici: “I ragazzi spesso spengono la webcam, mentre a noi professori è richiesto di essere visibili il più possibile. Ci mettiamo in gioco, mentre i ragazzi non possiamo obbligarli ad accenderla”.


Mettersi in gioco vuol dire anche rischiare: “Molti ragazzi hanno usato registrazioni o screen delle nostre lezioni per postarli e dileggiarci, sono stati necessari anche provvedimenti disciplinari”. Ma poi ci sono tutti gli altri problemi: “Mentre insegnavo sentivo mia moglie, insegnante come me, che faceva lezione nell’altra stanza”. Problemi di tutti i giorni, in cui molti si sono identificati, come quando “hanno fatto lavori di ristrutturazione sotto casa mia e ho dovuto sospendere la lezione. Non sentivo niente”.

C’è poi il punto di vista dei genitori. Per loro parla Lara Tamagnone, genitore e membro del comitato genitori delle scuole “G.Allievo”. “Morante”, “Franchetti”, tre scuole primarie della zona: “Per me la Dad è il telelavoro dei bambini, ma non è facile iniziare di punto in bianco”. Tamagnone parla della sua esperienza e dello sgomento di molti genitori che non avevano idea di come aiutare i propri figli, che “senza sapere neanche cosa fosse un link si sono trovati ‘buttati in mezzo’ alla Dad”.

Tra gli organizzatori anche Alessandro Morsaniga, diciottenne dell’oratorio Sant’Antonio Abate, che ha letto pubblicamente la lettera ricevuta da un bambino di dieci anni quest’estate, quando l’oratorio era chiuso e le attività per i più piccoli erano sospese: “Mi mancano la tranquillità e la gioia dell’oratorio, che in casa non riesco a trovare. Da grande voglio diventare animatore come te”. Ha concluso, visibilmente emozionato: “La felicità di questo ragazzo quando abbiamo riaperto l’oratorio, dopo sette mesi, l’ho toccata con mano. Chiamatemi egocentrico, ma è così”.

Da Lorenzo Varaldo, preside del Sibilla-Aleramo e nelle scuole del quartiere dal 1990, istituto comprensivo del quartiere, arriva la protesta più politica. “Voglio parlare di obbligo scolastico. Lo Stato dovrebbe dare i mezzi per andare a scuola, e io credo che in questa fase lo Stato non abbia fatto la sua parte, a partire dai problemi di connessione in tutto il paese”. La Dad è la scuola delle disuguaglianze, “e quando si arriva in seconda-terza media i ragazzi bravi ce la fanno, gli altri tendono ad allontanarsi sempre di più”. Ma i problemi più grossi sono nelle classi inferiori: “Il primo anno di scuola gli insegnanti lo passano piegati sui banchi per insegnare agli alunni a scrivere. Ma è difficile imparare a scrivere in corsivo da casa, e “i problemi si riversano su tutto il percorso di studi futuro dei ragazzi”.

“La Dad non è adeguata per un paese che vuole un’uguaglianza di base”, prova a sintetizzare Antonella Bianco, insegnante di scuola primaria. Parlano pure i ragazzi, come il rappresentante d’istituto Fabio Virzì, diciottenne dell’Istituto tecnico industriale ‘Peano’, sempre di Porta Vittoria. “I prof affrontano la corsa al programma in vista della maturità, mentre la Dad ci ha tolto il rapporto con loro”, un rapporto ‘verticale’, “così come quello ‘circolare’ con gli altri studenti”.

Il contributo per l’acquisto di tablet o altri dispositivi per la Dad ha posto un altro problema, spiega il giovane, un’opinione confermata anche dal preside Varaldo: “I contributi si rivolgono solo a persone che hanno fasce Isee troppo basse. Sono moltissimi quelli che ne avrebbero bisogno, ma non riescono ad accedervi, senza comunque potersi permettere di acquistare PC o tablet“. Come Muccilli, anche il rappresentante d’istituto ricorda che “spesso la periferia non fa sentire la propria voce”.

Non è più così, perché domenica grazie all’impegno dal basso di tanti neomaggiorenni, il dibattito pubblico in piazza Vittoria ha portato al tavolo del confronto presidi, studenti, insegnanti e genitori. La didattica a distanza ha sconvolto otto milioni di studenti italiani, le loro famiglie, scuole e corpo docente. Muccilli rivendica: “Spesso nel centro si fanno battaglie contro o a favore di qualcosa. Noi, come periferia, mostriamoci in grado di confrontarci“. Ieri è successo in modo spontaneo.

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