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Kazakistan dal cirillico al latino: Russia addio

I linguisti kazaki hanno tempo fino a dicembre per definire le regole del nuovo alfabeto

Pubblicato:19-04-2017 14:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:08

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ROMA – Cirillico addio, vuoi mettere il latino: una notizia, se a deciderlo è Nursultan Nazarbayev, padre-padrone del Kazakistan, l’ex repubblica sovietica dell’Asia centrale dove i rapporti con Vladimir Putin sono più stretti e la minoranza russa più consistente. “La scelta di un alfabeto ha anche una valenza politica” premette alla DIRE Gianpiero Rosati, latinista doc, preside della Classe di Scienze umane della Scuola Normale. Ma cosa succede, allora, in Kazakistan? Nazarbayev, ex dirigente del Pcus con presa ferrea sui giacimenti di gas, petrolio e uranio, ha dato tempo ai linguisti fino a dicembre per definire le regole del nuovo alfabeto nazionale. Il kazako, idioma turcofono nato nelle steppe dell’Asia centrale ben prima dell’arrivo dei colonizzatori russi, non si scriverà più in caratteri cirillici ma in quelli latini. A breve, nella nuova capitale Astana, tra giardini e palazzi dorati, cominceranno gli incontri tra esperti; poi verranno le regole e infine i libri e l’insegnamento a scuola.

L’obiettivo è cancellare la decisione con la quale, nel 1940, Josif Stalin impose il passaggio dal latino al cirillico. Spiega Rosati: “Se alla vigilia della Seconda guerra mondiale la proposta o l’imposizione del cirillico intendeva probabilmente segnare una distanza con il mondo europeo con il quale ci si incontrava e scontrava, oggi i dirigenti kazaki sembrano voler dire: ‘Guardiamo a Occidente, anche per recuperare una storia soppressa o accantonata’”. L’assunto, ragiona il latinista, è che “l’alfabeto dice molto della storia di un Paese” e “ciò che appare un dettaglio è invece un messaggio di impatto notevole sul piano dell’immaginario collettivo e della politica”. La politica, appunto. Nazarbayev, 76 anni, è considerato un alleato chiave di Putin in Asia centrale. Dal Pcus in poi, ha tutelato la minoranza russa come non è accaduto altrove, anche garantendo status ufficiale alla lingua di Pushkin e utilizzandola di frequente nei suoi discorsi. E adesso? “E’ come se ai russi ricordasse che sono minoranza” risponde Rosati. Convinto che in Kazakistan, “Paese a cavallo di mondi e civiltà”, le scelte linguistiche siano prese di posizione marcata e investano nel profondo l’identità. Grandi decisioni, allora, come quelle di Kemal Ataturk nella Turchia che cento anni fa disse addio all’arabo. Ma anche, subito, cambiamenti concreti. Dai contrafforti del Pamir fino ad Astana, prossima sede dell’Expo, lo testimoniano tante insegne dei negozi con la lettera “Q”. Un segno che in cirillico non esiste ma destinato ad avere un futuro, annota l’agenzia di stampa russa ‘Interfax’: non in Kazakistan, ma in “Qazaqistan”.

di Vincenzo Giardina, giornalista professionista


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