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Dalle ricostruzioni in 3D ai satelliti, il Cnr si impegna per ricostruire Palmira

La sua recente riconquista, dopo il danneggiamento nel corso del conflitto siriano, sta richiamando l’interesse e la responsabilità dei ricercatori

Pubblicato:19-04-2016 13:41
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:35

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palmira

ROMA  – Dall’aerofotografia archeologica al telerilevamento satellitare, dalle ricostruzioni 3D alla classificazione dei materiali lapidei e all’identificazione delle cave di provenienza. Anche il Cnr dà il suo impegno per Palmira, l’antica città siriana colpita dalla furia dell’Isis.

La sua recente riconquista, danneggiata nel corso del conflitto siriano, sta richiamando l’interesse e la responsabilità dei ricercatori, spiega una nota del Consiglio nazionale delle ricerche, affinché si possano recuperare siti distrutti o compromessi in contesti di guerra. All’appello non mancano alcuni istituti del Cnr che hanno maturato una forte specializzazione nel settore. Tra questi, l’Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam-Cnr) che già da tempo opera in contesti mediorientali (Turchia, Iraq e Siria) e fornirà un ‘supporto’ ai Caschi Blu per la cultura, la task force Unit4Heritage, istituita a seguito dell’accordo siglato tra il Governo italiano e l’Unesco. Tra le metodologie che saranno applicate dall’Ibam-Cnr, si legge ancora nel comunicato, l’aerofotografia archeologica e il telerilevamento da satellite per la ricostruzione storico-archeologica del sito e per il monitoraggio multitemporale delle evidenze antiche, allo scopo di valutare l’entità dei danni che queste hanno subito nel corso del conflitto. L’esame della cartografia storica e della documentazione fotografica precedente gli eventi fornirà una documentazione unica dello stato del sito e dei monumenti prima della loro distruzione. Nell’ultimo decennio i Paesi del Vicino Oriente sono stati oggetto di indagine da parte di archeologi, topografi e informatici dell’Ibam nell’ambito di missioni archeologiche internazionali.


Le attività di ricerca si sono focalizzate sul recupero, lo studio e l’interpretazione di un ricco dataset di dati telerilevati da piattaforma aerea e satellitare, che comprendono le fotografie aeree scattate negli anni Venti e Trenta del secolo scorso dai ‘pionieri’ dell’archeologia aerea Antoine Poidebard e Marc Aurel Stein (recuperate presso archivi storici), le fotografie cosmiche scattate dai satelliti spia Usa negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso (recuperate dagli archivi Nasa) e, infine, le immagini satellitari ottiche ad alta risoluzione acquisite dai recenti satelliti per uso civile (in particolare Ikonos-2, QuickBird-2, GeoEye- 1, WorldView-2, WorldView-3). Il risultato di queste ricerche, abbinato alle competenze nel rilievo 3D da laser scanner e nel telerilevamento da drone, permetterà di realizzare la necessaria base documentaria per le attività di restauro e per proporre così uno studio ricostruttivo 3D dei monumenti utile a ricomporre l’aspetto originario della città. “La quasi ventennale esperienza maturata dall’Ibam Cnr- dice nella nota Daniele Malfitana, direttore dell’Istituto- nel campo delle ricerche multidisciplinari applicate al patrimonio culturale soggetto a rischi, potrà così essere messa a disposizione della comunità scientifica internazionale”. La classificazione dei materiali lapidei impiegati nell’architettura palmirena e l’identificazione delle cave di provenienza di tali materiali è invece il campo di indagine dell’Istituto per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali (Icvbc-Cnr) che ha partecipato al ‘Progetto Palmira’ dell’Università di Milano, in collaborazione con le competenti autorità siriane, prima che l’occupazione e la guerra civile, iniziata nel marzo 2011, interrompessero gli studi sull’area.

Spiega il direttore Maria Perla Colombini: “Le indagini hanno evidenziato l’impiego di due rocce carbonatiche: un calcare nodulare e una dolomia massiccia. Il primo è stato adoperato come pietra da taglio per elementi monolitici (fusti di colonne fino a 6,8 metri di lunghezza) e decorativi finemente lavorati (capitelli, trabeazioni), ma anche per conci di muratura e per pavimentazioni. La dolomia massiccia è stata invece utilizzata in grandi blocchi squadrati per le fondazioni degli edifici e per la costruzione delle altissime tombe a torre, caratteristica peculiare dell’architettura della città. I diversi sopralluoghi e le indagini petrografiche effettuate hanno confermato la provenienza dei calcari nodulari da alcune cave a nord-est della città romana, mentre la dolomia massiccia proviene da numerosi piccoli affioramenti a occidente della città, in prossimità della Valle delle Tombe”. Il ‘Progetto Palmira’ si propone di effettuare scavi nel settore occidentale della città romana, in cui affiorano solo pochi resti.

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