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Coronavirus, lo psicologo: “La prima paura di medici e infermieri è infettare i propri cari”

A dirlo è lo psicologo Piero Gaspa, dell'azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma, specializzato in psicologia dell'emergenza e stress lavoro-correlato

Pubblicato:19-03-2020 13:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:10

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ROMA – “Tra medici e infermieri la paura delle paure e’ una sola: quella di essere veicolo di infezione una volta tornati a casa“. A dirlo all’agenzia Dire e’ lo psicologo Piero Gaspa, dell’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma, specializzato in psicologia dell’emergenza e stress lavoro-correlato. 

“Questo a livello psicologico pesa- prosegue- perche’ mentre in condizioni normali, quando finiscono il turno di lavoro tornano a casa e si ricaricano, in questi giorni di emergenza la loro tensione prosegue anche nell’ambiente familiare, dove spesso ad accoglierli ci sono figli minori e genitori anziani che vorrebbero proteggere, mentre temono di essere un pericolo per loro. È questo quello che mi riferiscono principalmente”.

La seconda paura, sempre tra medici, infermieri e tecnici, e’ quella di infettarsi anche loro. “Si tratta di una preoccupazione realistica perche’ il contatto fisico con il paziente c’e’- racconta Gaspa- I dispositivi di protezione individuale non sempre sono disponibili e ottimali, a volte non si riescono ad avere le mascherine nuove e si utilizzano quelle del giorno precedente, cosi’ come possono non essere sempre reperibili gli occhiali di protezione. Pero’ devo dire che da ieri, almeno dove lavoro, ho visto un grande miglioramento nella fornitura dei dispositivi”.


In linea generale, tiene pero’ a sottolineare Gaspa, non ci sono “crisi” in atto tra il personale sanitario che “anzi ‘tiene molto bene'”. Nonostante questo, soprattutto per “evitare che ci sia un effetto di accumulo delle tensioni”, che Gaspa chiama “di decompressione emotiva“, al San Giovanni di Roma e’ stato comunque avviato il progetto ‘Sosteniamo chi ci cura‘, un programma di intervento e valutazione rivolto al personale che opera nei reparti maggiormente impegnati nell’emergenza Coronavirus, tra cui pronto soccorso, radiologia d’urgenza e breve osservazione, perche’ e’ “qui che esiste maggiormente un contatto continuativo con persone potenzialmente infette- dice lo psicologo- Dalla prossima settimana estenderemo l’iniziativa anche alla rianimazione e alla medicina d’urgenza”. 

La tecnica utilizzata dall’esperto e’ quella della psicologia dell’emergenza, che si occupa degli interventi in caso di catastrofi, cataclismi e attentati.
“Dopo la guerra del Vietnam, per i disturbi post-traumatici- racconta Gaspa alla Dire- sono state fondamentalmente due le tecniche utilizzate dagli psicologi ed io ne adotto una, la piu’ semplice, che si chiama ‘Defusing‘. Dura mezz’ora e consiste in una riunione di circa 30 minuti che vede coinvolti un ristretto numero di operatori sanitari, medici e infermieri, che svolgono attivita’ direttamente connesse all’emergenza legata al Coronavirus”.

Un interessante trend di inversione, in questo periodo, si e’ registrato per quanto riguarda le aggressioni verbali o fisiche da parte di pazienti e familiari nei confronti di medici e infermieri. “Fino a prima del Coronavirus il personale era oggetto di minacce e ricatti- racconta lo psicologo alla Dire- adesso invece i cittadini hanno cambiato opinione e ormai riconoscono il servizio fondamentale che svolge. Mi sono occupato anche del problema delle aggressioni contro medici e infermieri ed ora c’e’ un’inversione di tendenza: le violenze non esistono piu’, non c’e’ piu’ nessuno che protesta, ma ci sono da parte dei cittadini solo tanti ‘grazie’ e gesti di affetto, come portare la pizza o i bigne’ agli operatori sanitari. Purtroppo c’e’ voluto il Coronavirus per evidenziare questo aspetto”.
Ma secondo lei rimarra’ questo trend? “La psicologia dell’individuo e’ come la psicologia sociale, solo in piccola scala- risponde Gaspa- quando a un individuo capita qualcosa di brutto, come una malattia, riposiziona le sue priorita’, quindi chi se ne importa della macchina nuova o delle liti col vicino, perche’ le cose importanti sono altre, prima fra tutte gli affetti. Mi auguro che questo trend allora prosegua anche dopo l’emergenza”.

Intanto la solidarieta’, come dice anche Gaspa, e’ “la medicina migliore a livello sociale”. Il personale sanitario riferisce che “quando non e’ in servizio e banalmente va a fare la spesa, riceve dai conoscenti molta gratitudine per il lavoro che sta svolgendo- prosegue ancora lo psicologo- e questo lo supporta anche a livello psicologico per continuare a svolgere la sua attivita’”. Tra colleghi, infine, piu’ che mai in questo periodo “c’e’ massima fratellanza, c’e’ un grande senso di ‘cameratismo’, un po’ come durante la guerra, quando diminuiscono i suicidi e aumentano i gesti di solidarieta’”, conclude Gaspa.

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