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ROMA – Le migrazioni hanno cambiato il volto dell’Italia, in meglio: più nascite, studenti e lavoratori – anche se le donne straniere disoccupate superano le italiane – ma l’Italia ha perso appeal: calano le richieste di visto per ragioni professionali e di studio, a fronte di un sostenuto aumento dei ricongiungimenti familiari, indice del fatto che la popolazione straniera si stabilizza, con oltre 200mila cittadinanze italiane accordate nel 2023. È la fotografia scattata dalla Fondazione Ismu Ets nel suo Rapporto sulle migrazioni 2024.
‘Trent’anni fa si contavano 700mila presenze straniere, di cui circa il 40% residenti irregolari. Oggi arriviamo a cinque milioni e 755mila, di cui solo il 5/6% irregolari‘ premette il presidente di Fondazione Ismu, Gian Carlo Blangiardo, aprendo una giornata di lavori a Milano per presentare il report. I migranti, continua, sono una ‘realtà fondamentale’ anche sul piano demografico, ‘garantendo quella continuità sul fronte della natalità che altrimenti gli italiani, da soli, non sarebbero riusciti a mantenere’.
Inoltre, tra il 2011 e il 2023 sono stati complessivamente un milione e 700mila gli stranieri residenti diventati cittadini italiani, ‘214mila solo l’anno’ dice Blangiardo, ex presidente dell’Istat, è oggi sindaco di Meina in provincia di Novara: ‘Come primo cittadino di un piccolo comune- evidenzia- tocco questo cambiamento con mano, dal momento che celebro più acquisizioni di cittadinanza che nascite, non solo di adulti ma automaticamente dei minori a carico’. Perciò, conclude, ‘tale realtà va valorizzata adeguatamente’.
Ne è convinto anche Giovanni Azzone, presidente della Fondazione Cariplo: ‘Le migrazioni in Italia sono una dinamica a cui assistiamo da più di 30 anni, perciò non possiamo definirle più come un fenomeno emergenziale. Ma il cambiamento che più emerge a mio avviso dallo studio di questi ultimi 12 mesi riguarda il un numero crescente di attori che hanno capito che, se ben gestita, la migrazione è una forte opportunità di allargare una società che rischia di invecchiare in modo preoccupante e difficilmente reversibile nel breve periodo, come dimostrano i dati’. Ma il fenomeno va governato: ‘C’è bisogno di una politica pubblica che metta a valore esperienze già consolidate come i corridoi umanitari, oppure la creazione di attività formative fuori dal nostro territorio, prima che la persona emigri, in modo da facilitare l’integrazione’. In questo senso, il responsabile si dice convinto che il Piano Mattei per l’Africa elaborato dall’attuale esecutivo ‘può aiutare’.
Lo studio mette in luce una pluralità di dati e dinamiche, a partire dal fatto che gli stranieri sul territorio italiano ammontano a 5 milioni e 755mila, in leggero calo però rispetto al 2023 con 20mila presenze in meno (-0,3%). I residenti invece sono in aumento: 5 milioni e 254mila rispetto ai 5 milioni 141mila dell’anno precedente (+113mila). Circa il 70% dei residenti è costituito da cittadini non comunitari. Continuano a scendere gli irregolari: 321mila unità nel 2024 (5,6%) rispetto ai 458mila dell’anno precedente. Nel 2023 restano stazionari i ‘regolari non residenti’, passati da 176mila a 180mila unità. Ma uno dei fattori che gli studiosi vogliono mettere in un luce, in un paese che affronta l’inverno demografico, è che le nascite contribuiscono, insieme alle migrazioni, al ‘consistente e continuo aumento’ della popolazione straniera residente: 50mila nati del 2023.
L’Italia è invece diventata un Paese poco attrattivo sul piano del lavoro e per motivi di studio. Le richieste di permesso di studio sono state 27mila nel 2023 (l’8,3% del totale). Al primo posto figurano gli iraniani (4.209), seguiti da cinesi (3.779), turchi (2.074), indiani (1.785), russi (1.241) e statunitensi (1.091). Ismu evidenzia che si tratta di Paesi che, esclusa la Cina, non sono tra i più interessati dall’immigrazione verso l’Italia.
Il Paese ha dimostrato una maggiore capacità di richiamo sia sul fronte dei ricongiungimenti familiari, per effetto di processi di stabilizzazione di migrazioni pregresse, sia su quello della ricerca di protezione. Al 1° gennaio 2024, inoltre, i cittadini non comunitari con un permesso di soggiorno di lungo periodo – titolo concesso a chi soggiorna regolarmente nel Paese da oltre 5 anni – sono 2 milioni e 139mila, pari al 59,3% di coloro che a quella stessa data hanno un documento di soggiorno valido. Tra i lungo soggiornanti, prosegue Ismu, troviamo in testa i moldavi con l’86%, seguiti da ecuadoriani (78,8%), serbi (78,1%), macedoni (76,4%) e bosniaci (75,9%).
Infine, calano le richieste d’asilo presentate in Italia, sia perché meno persone arrivano nel nostro Paese attraverso le vie irregolari, sia perché solo una parte decide di fare domanda l’asilo qui: se nel 2023 le domande erano state circa 130mila (di cui l’84% da parte di uomini), nei primi nove mesi del 2024 sono state 116mila. Crescono le richieste dei cittadini del Bangladesh (+59% rispetto al 2023). Nei primi nove mesi del 2024 sono aumentate anche le domande da Cina (+882%), Sri Lanka (+335%), Marocco (+115%), India (+137%) e Perù (+119%).
Per quanto riguarda la scuola, nell’anno scolastico 2022/23 è ripreso a crescere il numero degli alunni con cittadinanza non italiana (Cni), nati all’estero e nati in Italia, toccando le 914.860 presenze, pari all’11,2% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane (8.158.138). Si tratta per il 44% di europei, mentre più del 25% è di origine africana, attorno al 20% asiatica e quasi l’8% dell’America Latina. La cittadinanza più numerosa è rappresentata dalla Romania, con quasi 149mila studenti. Seguono: Albania (118mila presenze) e Marocco (114mila).
Permane il problema del ritardo scolastico, soprattutto nelle secondarie di secondo grado, dove quasi la metà degli studenti di origine immigrata è in ritardo di uno o più anni (48,0%). Preoccupano anche la lontananza dal sistema di istruzione, formazione e lavoro e l’abbandono scolastico precoce. I Neet (Not in Education, Employment or Training, cioè giovani che non studiano né lavorano) tra i 15 e i 29 anni sono il 29% del totale, circa il doppio degli italiani (17,9%).
Il Report Ismu avverte poi come la disparità nei tassi di scolarizzazione di stranieri e italiani siano particolarmente evidenti tra i minori stranieri non accompagnati (Msna), tra cui solo uno su cinque va in una scuola, mentre la maggioranza (55%) frequenta un corso di alfabetizzazione in lingua italiana presso il centro di accoglienza in cui vive o in un Cpia, e il 6% è fuori da qualsiasi tipo di programma di apprendimento.
Ismu si concentra poi sul capitolo ‘lavoro’. All’inizio degli anni Novanta, gli occupati stranieri di età compresa tra i 15 e i 64 anni erano circa 160mila, a fronte dei 2 milioni e 317mila del 2023 (dati Eurostat). Stranieri in attività e occupati risultano in leggera riduzione, ma la Fondazione avverte che il peso effettivo dei lavoratori con background migratorio è sottostimato a causa del numero di residenti stranieri che ogni anno acquistano la cittadinanza italiana, ‘scomparendo’ così dalle statistiche sull’occupazione. Allarmante però la disoccupazione tra le donne, il cui divario rispetto alle italiane è passato da 5,5 a 5,9 punti percentuali.
Ma chi è occupato, lo è perlopiù nel ‘lavoro povero’: è straniero il 30,4% degli occupati nei servizi personali e collettivi e il 18% degli occupati in agricoltura; il 17,4% nel comparto ristorazione e turismo e il 16,4% nelle costruzioni.
Inoltre, quasi 9 lavoratori stranieri su 10 (86,7%) sono occupati come dipendenti, rispetto al 77,7% degli italiani. Le imprese gestite da stranieri sono 392.489, pari al 13% del totale, ma nel 75% dei casi si tratta di ditte individuali. C’è poi il fenomeno dell’overqualification: solo poco più del 20% dei nati all’estero con una laurea acquisita all’estero svolge un lavoro ad alta qualificazione rispetto al 70% dei nati in Italia. Tra i più svantaggiati, i giovani e, di nuovo, le donne.
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