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Ex Ilva, Tar Lecce rigetta ricorso di ArcelorMittal

La multinazionale dovrà rispettare "il termine dei 60 giorni per il completamento delle operazioni di spegnimento dell'area a caldo", come indicato nell'ordinanza impugnata

Pubblicato:19-02-2021 16:14
Ultimo aggiornamento:19-02-2021 16:16
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BARI – Il Consiglio di Stato ha rigetto il ricorso presentato da ArcelorMittal con cui chiedeva la sospensione della sentenza del Tar Puglia fissando all’11 marzo prossimo l’esame della richiesta cautelare e al 13 maggio l’udienza di merito. I giudici amministrativi pugliesi, sezione di Lecce, hanno respinto il ricorso presentato da ArcelorMittal contro l’ordinanza firmata dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci il 27 febbraio dell’anno scorso che predisponeva la chiusura dell’area a caldo se, nei trenta giorni successivi al provvedimento, non fossero stati individuate e rimosse le fonti inquinanti.

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I giudici, si legge nella sentenza, ritengono “che i fenomeni emissivi indicati nell’impugnata ordinanza sono stati determinati da malfunzionamento tecnico, difettosa attività di monitoraggio e di pronto intervento, nonché criticità nella gestione del rischio e nel sistema delle procedure di approvvigionamento di forniture e di negligente predisposizione di scorte di magazzino” e ritengono infondati “tutti i motivi dedotti a sostegno dei ricorsi” presentati da ArcelorMittal e dispongono che venga rispettato “il termine assegnato nella misura di giorni 60 per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo, nei termini e nei modi esattamente indicati nella stessa ordinanza sindacale impugnata”. Il Consiglio di stato motiva il rigetto spiegando che “non risulta e non è stata comprovata la circostanza che, in assenza di immediate misure cautelari, per l’appellante si produrrebbe uno specifico pregiudizio irreparabile, prima della data dell’11 marzo 2021, anche perché prima di questa data non sarà decorso il primo termine di trenta giorni”, prevista dall’ordinanza firmata lo scorso anno dal sindaco Melucci “con la conseguente insussistenza – prosegue il decreto del Consiglio di Stato. – dell’obbligo di avviare le operazioni di fermata dell’area a caldo e degli impianti connessi”.


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