Getting your Trinity Audio player ready...
|
ROMA – “La possibilità libera e non discriminata di avere varie opportunità di realizzazione personale e professionale, è un obiettivo fondamentale di chi crede nei valori della dignità di ogni persona. E per perseguirlo abbiamo di fronte due strade: una è concreta e ispirata ai valori costituzionali, l’altra è la cultura ideologica. In genere i percorsi ideologici non mirano mai a risolvere i problemi, ma ad affermare una personale visione del mondo. E la visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, in un videomessaggio inviato in occasione della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin alla Camera dei deputati. Secondo il ministro, “Massimo Cacciari ovviamente esagera quando dice che il patriarcato è morto duecento anni fa, ma come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla eguaglianza”. Ma, ha sottolineato Valditara, “nel nostro Paese ci sono ancora residui di maschilismo, di machismo, che vanno combattuti e che portano a considerare la donna come un oggetto”. Il maschilismo, ha continuato il ministro, “si manifesta in tanti modi, con la discriminazione sul posto di lavoro, con il cosiddetto catcalling, con la violenza. Poi c’è il tema del femminicidio, che allarma sempre di più: se una volta era frutto di una concezione proprietaria della donna, della famiglia, della moglie, oggi sembra più il frutto di un’autorità narcisistica del maschio che non sa sopportare le donne”.
Per Valditara “è dunque una battaglia culturale e parte innanzitutto dalla scuola, coinvolgendo le famiglie e coltivando relazioni improntate al rispetto verso il ruolo e il lavoro della donna, perché la nostra Costituzione non ammettere discriminazioni fondate sul sesso”. “Deve essere chiara a ogni nuovo venuto, a tutti coloro che vogliono vivere con noi, la portata della nostra Costituzione, che non ammette discriminazioni fondate sul sesso. Occorre non far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”. “Dobbiamo proteggere i deboli contro la prevaricazione dei violenti e dei prepotenti. È per questo che abbiamo deciso di puntare innanzitutto sull’educazione civica”, dice ancora il ministro. “E così abbiamo pensato di insegnare il contrasto alla violenza contro le donne nell’ambito della educazione al rispetto verso ogni persona, perché è proprio questo il luogo. Chi non riconosce che è dal rispetto e nel rispetto di ogni persona, qualunque essa sia, che si combatte la violenza contro le donne, non ha capito che sono questi i fondamentali di una società civile, di una società armonica, di una società senza discriminazione e senza violenza”. Qualcuno dice che l’educazione civica consta soltanto di 33 ore. Sbaglia, perché queste 33 ore sono quelle dedicate all’educazione, all’educazione finanziaria, all’educazione stradale, all’educazione ambientale, alimentare. Invece- ha sottolineato Valditara- le linee guida sull’educazione civica pongono come obiettivi di apprendimento e come competenze che devono essere acquisite, proprio il rispetto, la cultura del rispetto verso la donna, verso qualunque essere umano e in particolare verso la donna”.
Queste linee guida “e questi obiettivi di apprendimento- ha proseguito il ministro- devono innervare tutti i curricula, devono innervare e caratterizzare tutti i programmi scolastici, cioè devono essere degli obiettivi che tutti gli studenti nel loro percorso scolastico dovranno perseguire e raggiungere”. Tra essi “comprendere e conoscere il principio di uguaglianza nel godimento di obiettivi individuali e nell’adempimento dei doveri inderogabili, nel quale rientrano il principio di pari opportunità e non discriminazione ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione”. Particolare attenzione poi, ha spiegato Valditara, “andrà riservata al contrasto alla violenza contro le donne, per educare a relazioni corrette e rispettose, al fine altresì di promuovere la umanità fra uomo e donna e di far conoscere l’importanza della conciliazione fra vita e lavoro, dell’occupabilità e dell’imprenditorialità femminile. E poi analizzare mediante opportuni strumenti critici desunti dalle discipline di studio i livelli di uguaglianza fra uomo e donna nel nostro Paese e nella nostra cultura, confrontandoli con le norme nazionali ed internazionali, individuare ed illustrare i diritti fondamentali delle donne, analizzare il proprio ambiente di vita e stabilire una connessione con gli attori che operano per correre fine alla discriminazione e alla violenza contro le donne, sviluppare una cultura di rispetto verso ogni persona, contrastare le norme di violenza, bullismo e discriminazione verso qualsiasi essere umano e favorire il superamento di ogni pregiudizio. Tutto questo non c’era in passato, tutto questo, come ho detto, deve innervare i curricula e tutti i programmi scolastici”. In questo contesto, “le scuole possono sviluppare discussioni che rendano protagonisti gli studenti nelle forme della testimonianza, dello scambio di esperienza. Dovremmo poi verificare gli esiti di questi insegnamenti, di questa acquisizione di competenze. L’obiettivo è la dignità, il rispetto e la parità di trattamento per sradicare la violenza dalla nostra società, per sradicare la violenza contro le donne dal nostro vivere civile”, ha concluso il ministro dell’Istruzione.
Gino Cecchettin, al termine della presentazione, ha commentato diplomaticamente le parole del ministro: “Diciamo che ci sono dei valori condivisi, altri sui quali dovremmo confrontarci”. “L’odio non porta a nulla, anzi: annichilisce noi stessi. Quindi ho provato a girarla e a cercare di vedere il buono in una vicenda che per me è stata dolorosissima”, ha aggiunto. “Creare qualcosa di positivo nell’immagine di Giulia per me è stato lenitivo, da un certo punto di vista, e spero veramente di creare valore come solo sapeva fare lei”.
“La morte ti dà coscienza della fine e ti fa comprendere che la vita è un soffio, appena una brezza leggera, che non può essere sprecata perché non c’è nessun tempo di recupero. E ho imparato a mie spese il valore del tempo. Ne abbiamo così poco e lo usiamo per litigi sterili, per battaglie di potere, per un’eterna rincorsa a ciò che ci distoglie da noi stessi”, ha spiegato il papà di Giulia.”Viviamo in un’epoca contraddistinta dalla fretta e dalla superficialità tutto scorre e si consuma troppo in fretta. Non è mai accaduto, nella storia dell’umanità, che ci si trovasse ad essere così ‘connessi’, sempre e ovunque; eppure, paradossalmente, avvertiamo di essere tra noi distanti, chiusi in noi stessi, e sempre più ‘scollegati’ da ciò che conta davvero. La velocità con cui consumiamo le nostre relazioni, le scelte, i progetti, ci allontana da ciò che davvero conta”. Per questo non basta “essere veloci o agire d’impulso. Serve una visione, serve perseveranza. Con pazienza pobbiamo costruire progetti concreti capaci di trasformare nel tempo una cultura spesso intrisa di indifferenza e superficialità. Con determinazione possiamo combattere l’uso di linguaggi e comportamenti che mancano di rispetto, perché la violenza spesso inizia dalle parole, prima di arrivare ai gesti“, ha concluso Gino Cecchettin.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it