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A Padova la biblioteca di Santa Giustina custodisce i tesori della storia ecclesiastica

Per la sua storia recente e passata, cuore della biblioteca padovana sono le scienze religiose, con pochi eguali nel suo genere.

Pubblicato:18-11-2021 18:49
Ultimo aggiornamento:19-11-2021 12:45

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PADOVA – “Custodire volumi così antichi è una sensazione esaltante e mi appaga enormemente, sono più che contento di seguire e mettere a disposizione questo patrimonio”. Così padre Francesco Trolese apre, a Padova, le porte della Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Santa Giustina, di cui è direttore. Guida spirituale della comunità costituita da circa quindici monaci benedettini fino al 2015, quando il vescovo Antonio Mattiazzo gli ha fatto succedere come nuovo abate Giulio Pagnoni, padre Trolese è la memoria storica della ‘Biblioteca di Santa Giustina’. Dal 1972 formalizzata come istituto periferico del ministero dei Beni culturali, la biblioteca era rinata ben prima, in piena Seconda Guerra Mondiale, nel 1943, come biblioteca esclusivamente al servizio della comunità monastica benedettina di Santa Giustina, ma non da oggi la struttura è aperta per la consultazione a ogni cittadino italiano e dell’Ue, che potrà avere a disposizione fino a 160mila volumi e 1.350 periodici, di cui quasi 200 correnti.

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Per la sua storia recente e passata, cuore della biblioteca padovana sono le scienze religiose, con pochi eguali nel suo genere. Per questo serve una guida più che specializzata. “Mi sono formato all’abbazia di Praglia, a un seminario a Padova, all’Università lateranense di Roma, alla Biblioteca Apostolica vaticana e all’Archivio segreto vaticano- racconta padre Trolese- Mi sono perfezionato, poi, per un titolo valido di Paleografia e Archivistica e agli Archivi di Stato di Venezia. Dirigere qui a Santa Giustina è la mia vita: a parte i momenti di sonno e preghiera- assicura l’esperto direttore, ai vertici anche del Centro storico benedettino italiano- passo il tempo in biblioteca tutto il giorno. È una carica che mi è stata affidata dall’abate padre Innocenzo Negrato, scomparso nel gennaio di quest’anno, il primo febbraio 1973 e che tuttora ricopro, nella veste anche di conservatore del monumento nazionale dal 2009”.

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Anche soltanto rievocare le origini della struttura bibliotecaria, appoggiata alla basilica di Sant’Antonio, dimostra la sua particolare storia: “L’origine della biblioteca- prosegue il direttore- coincide con la presenza di monaci benedettini nel complesso della chiesa di Santa Giustina, che il vescovo Gauslino Transalgardo nel 970 affida loro perché pregassero per lui, per l’imperatore e per il popolo cristiano della città di Padova. Per mantenersi, dà ai monaci disponibilità economiche, chiese, cappelle, edifici e proprietà terriere”. Tra alterne vicende, il monastero è cresciuto presto e “nel Duecento, ai tempi di San Francesco e Sant’Antonio di Padova, conta una ventina di monaci”. E già qualche storia da raccontare: “L’abate Arnaldo da Limena- ripercorre tra gli aneddoti padre Trolese- era antagonista pur essendo di fede ghibellina, del vicario dell’imperatore, Ezzelino III da Romano. Durante il suo governo, 1209 al 1257, ha avuto l’onore di ospitare Federico II in abbazia nel 1229, nel suo palazzo, tanto che l’imperatore ha anche firmato diversi documenti”.

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La biblioteca vera e propria, mentre prima i libri venivano conservati in sacrestia, viene istituita nel 1453, e presto arrivano tante e varie donazioni. Additata come luogo di studiosi ed esperti di sacre scritture, di patristica, a Santa Giustina cominciano a giungere in tanti e, tra gli altri, un monaco al suo interno traduce dal greco al latino ben 80 sermoni attribuiti a San Giovanni Crisostomo, che vengono inseriti nell’opera omnia di Erasmo da Rotterdam. Altra tappa cruciale, ma diversi secoli dopo, è quella del 1806, l’anno in cui, esautorati i monaci, tutto il complesso monastico viene incamerato dal Regno d’Italia: proprio in quei mesi 15 casse di patrimonio finiscono alla Biblioteca Nazionale Braidense, dove tuttora risiedono.

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È però nel Novecento che torna al centro la vocazione originaria di Santa Giustina: “La crescita vera- precisa padre Trolese- arriva dialogando con l’Università, che col ministero ci ha chiesto di specializzarci in scienze religiose. E, dal 1966 a oggi, il rapporto stretto con l’Istituto universitario di liturgia pastorale ci ha indotto a specializzarci ancora più in patristica, in storia monastica ed ecclesiastica e in liturgia, che tutte insieme rappresentano il filone attuale del nostro patrimonio”.

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Per salvaguardarlo, da qualche decennio si è spinto sull’informatizzazione, mentre invece sulla digitalizzazione bisogna ancora decollare: “Nel 2000- continua il direttore- abbiamo sottoscritto una convenzione ad hoc con l’Università, ma l’informatizzazione era iniziata negli anni Ottanta, con l’acquisto delle prime macchine di videoscrittura, passando poi ai floppy disk e al sistema Ibm, per velocizzare il prestito. Entrati quindi nel sistema delle biblioteche dell’Università, è arrivata l’informatizzazione completa”.

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Realizzato con l’agenzia di stampa DIRE, il progetto ‘Biblioteche d’Italia’ è un viaggio alla scoperta dei 46 Istituti statali italiani, scrigni di bellezza e custodi di un patrimonio documentario che ammonta a circa 40 milioni di esemplari: https://cultura.gov.it/bibliotecheditalia.
Il documentario sulla Biblioteca Statale di Santa Giustina da Padova è disponibile sul nuovo profilo Instagram @bibliotecheditalia: https://www.instagram.com/p/CWaYeVON43x/. Il prossimo appuntamento con una nuova Biblioteca da scoprire è giovedì 25 novembre.

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