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Periti tecnici subito al lavoro. “Ma alle medie consigliano l’Itis solo a ceti bassi”

Il 64% dei ragazzi usciti dagli Itis tre anni fa oggi lavora (e quasi due su tre lo ha trovato in tre mesi). Il 25% invece è iscritto all'Università

Pubblicato:18-11-2016 11:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:19

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BOLOGNA – Se l’istituto tecnico sconta ancora i pregiudizi delle famiglie è anche perchè “l’orientamento alle medie non funziona“. Si sfoga così la preside dell’Itis Belluzzi di Bologna, Roberta Fantinato, che ieri mattina è intervenuta in commissione Istruzione del Comune. A Palazzo D’Accursio sono stati presentati i numeri di una ricerca condotta dal Comune insieme alla Fondazione Aldini, che conferma i dati già diffusi lunedì da Unindustria: il 60% dei diplomati al tecnico industriale trova lavoro entro i primi tre mesi dal titolo di studio. Fantinato, dal canto suo, aggiunge i dati di Alma Diploma. E sottolinea come il settore meccanico sia quello che dà maggiori sbocchi. “Il 70% dei diplomati lavora già entro tre mesi dal diploma”, spiega la preside. Ma non mancano i problemi. “C’è un tasso di dispersione molto alto, soprattutto al biennio- avverte Fantinato- l’orientamento alle medie non funziona: è difficile sconfiggere i pregiudizi verso gli istituti tecnici e professionali”. Ancora oggi, sostiene la dirigente del Belluzzi, in genere “chi è di ceto medio-alto viene inviato ai licei, chi è di ceto medio-basso alle altre scuole. Nell’orientare i ragazzi alla scuola superiore non si guarda alle passioni ma solo ai voti– critica Fantinato- che però non sono una fotografia adeguata della situazione, perchè a quell’età i ragazzi cambiano di anno in anno”. E così, “molti vanno al tecnico pensando che sia una passeggiata e invece si trovano davanti una scuola complessa con materie difficili, mentre molti dei ragazzi che vanno al liceo vorrebbero fare altro“.

Per Edoardo Soverini dell’Ufficio scolastico regionale, invece, “non dobbiamo concentrarci solo sui docenti orientatori”. L’Usr ammette che “ci sono alcune pecche di metodo che dobbiamo correggere”, ma “spesso anche la percezione delle famiglie è svincolata dal contesto”. La preside del Belluzzi condivide poco anche le graduatorie delle scuole, fatte ad esempio dalla Fondazione Agnelli. “Gli studenti del Galvani saranno sempre più bravi- afferma Fantinato- perchè il contesto socio-culturale influisce molto”. Nelle graduatorie, dunque, “si dovrebbe lavorare invece sul valore aggiunto: il successo non è diplomare una classe di studenti bravissimi, ma portare alla fine l’80% di una classe con ragazzi che hanno difficoltà“. Insomma, lamenta Fantinato, “come istituti tecnici siamo un po’ abbandonati. I nostri ragazzi sono desiderabili, ma pochi vanno all’Università e quindi siamo statisticamente non rilevanti”. Eppure, negli ultimi tempi, “anche i diplomati degli istituti professionali, che finora sono stati visti come un presidio sociale, stanno diventando più desiderabili”, afferma Fantinato, e gli accordi con Ducati e Lamborghini per il progetto Desi servono proprio a “dare respiro a una scuola troppo sottovalutata”. La preside del Belluzzi apre poi un secondo fronte. Al tecnico i ragazzi chiedono molta attività di laboratorio– sottolinea- ma le scuole vanno sostenute, se davvero lo scopo è rilanciare la cultura tecnica, perchè mantenere le attrezzature a norma è molto costoso”. Fantinato fa qualche esempio. Per le cappe di chimica servono 20.000 euro, rifare il laboratorio del tornio costa 15.000 euro”. I fondi però non arrivano dalle istituzioni pubbliche, bacchetta Fantinato, ma vengono recuperati grazie “ai progetti europei e al contributo volontario delle famiglie”. Il pregiudizio verso i tecnici è confermato anche da Marilena Pillati, assessore comunale alla Scuola. “Se verso la formazione tecnica, che è stato il motore dello sviluppo del nostro territorio, c’è ancora questa diffidenza da parte delle famiglie- afferma- dobbiamo continuare a lavorare per scalfire una convinzione molto radicata”.

PERITI SUBITO AL LAVORO, MA SPUNTANO VOUCHER

A un anno dal diploma di perito industriale, quasi tutti gli studenti usciti dai due istituti tecnici di Bologna hanno un lavoro. Ma, per la prima volta, compaiono i voucher tra i giovani diplomati anche nel settore della manifattura. E’ la fotografia scattata dalla ricerca condotta dal Comune di Bologna insieme alla Fondazione Aldini-Valeriani, sui 263 diplomati nell’anno 2011-2012 a tre anni dal titolo di studio. Sono 237 le interviste raccolte, dalle quali emerge che il 64% dei ragazzi usciti dall’Itis tre anni fa oggi lavora, il 25% è iscritto all’Università, il 7% è in cerca di un’occupazione e il 2% studia e lavora insieme. Ma questa quota di chi “fa i miracoli” si è assottigliata: era il 5% l’anno precedente. Inoltre, l’1% non lavora e non studia: i cosiddetti Neet. Tra chi ha trovato un’occupazione, il 60% ha trovato lavoro entro tre mesi, a cui si aggiunge un altro 34% che ha avuto un contratto nel primo anno del diploma. Al 28% si tratta di un posto di lavoro a tempo indeterminato, per la prima volta in aumento del 5% rispetto all’anno primo (i diplomati della coorte 2010-2011) ma lontano dai livelli pre-crisi, e al 19% di contratti a tempo determinato (+4%). La quota più rilevante rimane quella dell’apprendistato (38%), stabile negli anni. Raddoppiano invece i tirocini di inserimento (4%), pure a tre anni di distanza dal diploma, e per la prima volta compaiono i voucher anche nel settore della manifattura. In ogni caso, il livello di coerenza del lavoro col percorso di studi arriva al 69% e, sempre a tre anni dal titolo di studio, il 68% dei giovani ha uno stipendio superiore ai 1.100 euro mensili.


Il settore del manifatturiero fa da traino, assorbendo il 75% dei giovani periti con contratto a tempo indeterminato, il 57% degli apprendistati e il 63% dei contratti a tempo determinato. In particolare, la metà dei diplomati lavora nel settore del packaging e il 43% è occupato in grandi aziende. Chi dagli Itis decide invece di intraprendere la strada universitaria, lo fa iscrivendosi per lo più a ingegneria (38%), a corsi di ambito scientifico (24%) o di area economica (14%). Un terzo di loro, però, alla fine decide di abbandonare gli studi, soprattutto perchè perde la motivazione o l’interesse a studiare. L’80% però trova subito da lavorare. I dati sono stati presentati ieri mattina in commissione Istruzione del Comune di Bologna. Il dem Marco Lombardo sottolinea che “il pregiudizio verso gli istituti tecnici viene smentito dai fatti” e invita ad “aiutare chi lavora anche a non rinunciare al percorso universitario”. La leghista Paola Francesca Scarano cita invece l’allarme di Unindustria (“Mancano mille periti all’anno da assumere”) e commenta: “Bisogna capire come colmare questo gap nel lungo periodo”. E poi c’è il grillino Marco Piazza che, come ha fatto nei giorni scorsi l’ad di Ducati Motor Claudio Domenicali, racconta la sua storia per confermare il valore degli istituti tecnici. “Trent’anni fa era come oggi- sostiene- io non andavo bene alle medie e mi dissero di iscrivermi al professionale”. Piazza invece scelse le Aldini, “che non è una scuola facile- sottolinea- ma fu la scelta giusta”. Ai diplomati le aziende “facevano la corte, ma io andai all’Università rifiutando anche proposte di eccellenza che oggi sarebbero un sogno“. Ma proprio “grazie alla formazione tecnica- afferma Piazza- mi laureai in Ingegneria in cinque anni”, contro la media che allora era di sette anni.

di Andrea Sangermano, giornalista professionista

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