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GJADER (Albania) – “La decisione del tribunale di Roma dimostra che il protocollo Italia-Albania è naufragato“. Il commento alla Dire di Maso Notarianni di Tavolo Asilo fuori dai cancelli di Gjader richiama un verbo tristemente noto quando si parla di migrazioni, ma che forse in questo caso rappresenta una buona notizia per Arci e le associazioni del Tavolo Asilo, qui per una missione di monitoraggio. Da mesi avvertono che il protocollo siglato tra Roma e Tirana a novembre 2023 sarebbe stato lesivo delle norme vigenti. E così la batosta è arrivata stamani dai giudici della sezione specializzata in immigrazione del Tribunale civile di Roma: Egitto e Bangladesh non possono essere ritenuti paesi sicuri dove rimpatriare, a differenza di quanto ha sostenuto l’attuale governo che ha reinserito l’Egitto nella lista degli Stati sicuri. Questo sebbene Il Cairo tuttora si rifiuti di collaborare al processo sull’uccisione nel 2016 del ricercatore Giulio Regeni, e giungano denunce di decine di migliaia di persone incarcerate arbitrariamente o scomparse. La sentenza stabilisce invece il ritorno in Italia dei dodici arrivati mercoledì nel centro di Gjader dall’hotspot di Shenjgin. Già partita una nave da Brindisi che li riporterà domani a Bari. La destinazione finale è il Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Bari, dove le persone avranno 14 giorni per contestare la seconda sentenza della giornata: il diniego dell’asilo da parte delle commissioni territoriali.
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LEGGI ANCHE: Respinta la richiesta d’asilo per 12 migranti chiusi nel centro italiano in Albania: “Domani già in Italia con un traghetto”La decisione è arrivata prima di quella del tribunale di Roma: “Una rapidità da record mai vista e che forse non rivedremo più” commentava stamani Rachele Scarpa del Pd, ancora davanti al blocco di cemento armato e metallo di Gjader. Scarpa e Francesca Ghirra di Avs affermano ancora: “La fretta nella procedura accelerata sulle richieste d’asilo è sospetta, ci è giunta voce di pressioni del Viminale sulle commissioni territoriali. Ad ogni modo, non è compatibile con la sentenza della Corte di giustizia europea” che il 4 ottobre ha stabilito che i rimpatri vanno stabiliti caso per caso a prescindere dalle liste di paesi sicuri stilate dai governi. Inoltre “i migranti ci hanno segnalato che al momento di essere trasferiti sulla nave Libra hanno incontrato difficoltà d’accesso al diritto alla difesa e giusta informazione. Anche la selezione di chi mandare qui è chi portare in Italia per noi è stata sbrigativa e arbitraria. Chiederemo conto al governo”. Gli avvocati di Tavolo Asilo invece lavoreranno ai ricorsi, e ora con la certezza di incontrarli al Cara di Bari da domani.
Tra le 12 persone migranti quindi “c’è tantissima gioia. Fuggono tutti da torture e detenzioni di mesi in Libia” dice alla Dire Scarpa, uscendo dalla terza visita della giornata nel centro per parlare con loro. Solo poche ore fa i dodici uomini si erano rifiutati di mangiare per lo sconforto, come avevano riferito i mediatori, dopo la notizia del diniego dell’asilo.
“Il governo se la deve prendere con la Corte di Giustizia Europea e non con il tribunale di Roma e i nostri magistrati. La Corte di giustizia che è vincolante per i tribunali di tutta l’Ue e anche per i governi, e ricordo che i giudici della Corte sono 27. Uno per ogni Stato membro dell’Ue e sono nominati dai governi, quindi quello italiano è solo uno”. Commenta alla Dire Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci, che è parte del Tavolo asilo, dopo le polemiche nate per la decisione del Tribunale civile di Roma di non convalidare il trattenimento per nessuno dei dodici migranti.
“Se membri del governo e parlamentari di maggioranza vogliono prendersela con le toghe rosse- continua il responsabile immigrazione di Arci- se la prendano con quelle europee e non con quelle italiane. E comunque è un’accusa ridicola. Era prevedibile questa sentenza: ce n’erano già di precedenti. Ma non hanno rinunciato. Adesso, l’ennesimo attacco alla magistratura. Ma sono loro che hanno un impulso irrefrenabile verso atti illegittimi. Non riescono ad accettare che anche chi governa deve rispettare la legge”.
“Questa epopea finirà, ma finisce con una pessima figura del nostro governo che ha speso centinaia di milioni per una sceneggiata che evidentemente è contraria al diritto internazionale e anche al diritto nazionale” dice all’agenzia Dire Maso Notarianni, presidente di Arci Milano e rappresentante del Tavolo asilo e immigrazione. “Ora sarà interessante capire la posizione dell’Unione Europea che si è sperticata in lodi, attraverso la sua presidente Ursula von der Leyen, nei confronti del nostro governo che ha speso centinaia di milioni di euro per un’operazione poi andata a sbattere clamorosamente contro la giustizia“.
“I giudici oggi hanno praticamente decretato il fallimento della strategia del modello Albania del Protocollo Meloni-Rama: se non è possibile portare in Albania neanche quelle persone che erano state selezionate perché non vulnerabili, è finita. Non resta nessun altro da portare in quei centri” commenta alla Dire Matteo Villa, ricercatore di Ispi.
Per Villa è “Interessante osservare che parliamo di appena 80 persone fermate dopo i salvataggi in mare sulle oltre 2.300 sbarcare negli ultimi cinque giorni, e diventate 16 grazie al supporto dell’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), poi ridotte ancora a 12, e infine portate a zero”.
Villa fa poi un ragionamento sui costi-benefici: “Questa operazione non garantisce nessun tipo di dissuasione del fenomeno” perché “è difficilissimo rimpatriare dall’Albania”. Al di là delle valutazioni morali o legali, “è questione di numeri”. Il centro di Gjader può ospitare 800 persone. La sezione pensata come Centro per il rimpatrio (Cpr) ne contiene 350 e già questo “è un limite alla procedura”. Poi, le procedure di rimpatrio non avvengono nell’immediato, “in Italia il tempo medio di attesa è di due mesi. Come la mettiamo coi 1200 arrivi previsti al mese dal Protocollo, 39mila all’anno?” E poi serve il via libera delle autorità del paese da cui il migrante è partito: “I dati statistici ci dicono che dal Bangladesh arriva il 2% di via libere, dall’Egitto il 9%. Mali, Guinea e Niger non li riaccettano”. Quindi, “se tutto va bene, riceve il decreto di rimpatrio un migrante su dieci, e tra questi solo uno viene rimpatriato davvero” ossia già stando così le cose “possiamo dire che il meccanismo Albania funziona per 1 migrante su 100”.
Ma il progetto non costa poco: il Protocollo prevede una spesa 650 milioni per cinque anni, comprendendo anche le spese per costruire le strutture – in quella di Gjader i lavori ancora proseguono, con via vai di operai e betoniere – a cui si aggiungono i 288mila spesi per portare qui i sedici in Albania, poi diventati dodici: “per loro si sta spendendo 400 euro a testa. Alla faccia dei famosi 35 euro al giorno tanto contestati da una certa parte politica”. Soldi che i vari tagli all’accoglienza si erano già ridotti a 27. “Significa undici volte tanto rispetto ai 35 euro, che sale a 14 volte rispetto ai 27 effettivi” puntualizza il ricercatore. Cifre che presumibilmente non permetteranno un gran risparmio rispetto al miliardo e settecentomila euro che l’italiano spende all’anno stando al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
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