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Emilia-Romagna, emergenza espatri: quasi 9.000 in fuga per cercare lavoro

La denuncia dell'Ugl: emergenza espatri continuativa e senza precedenti

Pubblicato:18-10-2017 15:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:48

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BOLOGNA – L’anno scorso ben 8.826 persone residenti in Emilia-Romagna sono state costrette ad espatriare all’estero per motivi di lavoro. Una cifra in aumento rispetto a quella di un anno prima. Nel 2015, infatti, erano emigrati dalla regione verso Paesi stranieri in 7.600.

Un aumento progressivo e inarrestabile dai tempi della crisi economica -il 2008- ad oggi, periodo in cui il tasso di disoccupazione nazionale è passato dal 6,7% all’11,9%. A fornire i dati con un comunicato è Tullia Bevilacqua, segretario Ugl dell’Emilia-Romagna, che cita l’ultimo Rapporto Migrantes, che si basa sui dati delle iscrizioni all’Aire, il registro degli italiani residenti all’estero.

Da questi numeri emerge che l’Emilia-Romagna è fra le prime regioni d’Italia -la sesta in particolare, per la seconda volta di fila- per emigrazione dopo Lombardia, Veneto, Sicilia, Lazio e Piemonte. Complessivamente gli “abitanti” dell’Emilia-Romagna iscritti all’Aire sono quasi 184.000, sebbene la cifra comprenda anche gli italiani nati all’estero da genitori costretti ad espatriare.


“Numeri spaventosi: provate ad immaginare la popolazione di una media città della nostra regione che è letteralmente scomparsa, svuotata di giovani soprattutto, ma anche di over quarantenni e cinquantenni che tentano la fortuna all’estero perché in Italia non ci sono più sbocchi lavorativi o perché la vita, fra pressione fiscale e disagio sociale, è diventata insostenibile. Questo è lo scenario di una sconfitta demografica ma anche dell’incapacità dei governi che si sono susseguiti in questi anni di controllare flussi migratori in entrata e in uscita, a tutto discapito di chi in Italia vanta i natali”, commenta ancora Bevilacqua.

Le statistiche confermano che l’emigrazione verso l’estero si sostanzia di personale qualificato, studiosi, ricercatori, giovani di livello alto che vanno all’estero. Persone che possono competere su mercati del lavoro internazionali ad alta specializzazione. Ma nel computo figurano anche giovani che, senza particolari professionalità, si adattano a svolgere qualsiasi tipo di impiego sopportando spesso elevatissimi sacrifici in termini economici e di relazioni sociali, visto che il costo della vita in alcune metropoli europee è davvero altissimo.

“Le statistiche ci ricordano anche che un italiano al mese, in media, si suicida a Londra, fra le mete estere preferite dai nostri connazionali. Cito soltanto il caso di un giovane 23enne  riminese morto l’estate scorso nella capitale del regno unito. E’ questo il lato oscuro di un fenomeno sociale che la nostra classe politica non è stata e, ad oggi, non è in grado di governare”, aggiunge Bevilacqua.

La fuga dei ‘cervelli’ all’estero, secondo l’ultima stima di Confindustria, farebbe perdere all’Italia in termini capitale umano circa 14 miliardi all’anno, pari a 1 punto percentuale di Pil.

“Un fenomeno economico-sociale altissimo- continua Bevilacqua- tutti i Paesi sia a economia avanzata che emergente cercano di attirare in ogni modo figure professionali qualificate dall’estero”. C’è una competizione sfrenata per “accaparrarsi i cervelli” migliori.

In Italia accade il contrario: “Formiamo i giovani e poi facciamo di tutto perché questi se ne vadano oltre frontiera. E’ necessario invertire la tendenza e reintrodurre questa tematica nell’agenda del Governo e dei partiti forse ancora troppo intenti a condurre quella campagna elettorale permanente che ha gettato il nostro Paese nella realtà di cui stiamo discutendo adesso”, conclude il segretario Ugl dell’Emilia-Romagna.

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