ROMA – “Benvenuti in cielo”. Occhi cerchiati di nero, viso impallidito dal trucco, finte escoriazioni sulle guance. In un video postato su Tik Tok con l’hashtag #nineeleven, Tanner finge di essere una vittima dell’attentato alle Torri Gemelle. “Era l’11 settembre 2001. Ero nella prima torre. Al 96esimo piano- racconta il ragazzo americano ai suoi quasi 400mila follower- ho visto un aereo che si avvicinava sempre di più, poi ad un certo punto è diventato tutto buio e mi sono ritrovato qui, in cielo”.
E’ la nuova moda sbarcata sul social network preferito dagli adolescenti: caricare video di pochi secondi in cui, truccati in modo da rendere visibili i segni di una (finta) sofferenza, si interpretano vittime di grandi tragedie storiche.
Qualche settimana fa era già successo con la challenge sull’Olocausto, una sfida in cui i ragazzi che partecipavano dovevano impersonare i sopravvissuti del genocidio nazista. Con indosso indumenti a righe e il volto truccato come fosse segnato dalla malnutrizione, gli adolescenti raccontavano di essere morti nelle camere a gas, sterminati nei lager.
Un tentativo di sensibilizzare il ‘pubblico’? Di tenere alta la memoria su tragedie che hanno segnato la nostra storia contemporanea? Un tentativo di certo discutibile e che ha generato molte critiche e malumori, tanto è vero che i moderatori di Tik Tok hanno disattivato l’hashtag #HolocaustChallenge disperdendone i contenuti collegati.
“E’importante avere un dialogo costante con i ragazzi ed educarli all’uso dei social network, perché stare in Rete può esporre a rischi come quello di assumere comportamenti denigratori e inadeguati“, commenta Elena Bozzola, segretario nazionale della Società italiana di pediatria (Sip).
“Ogni atteggiamento può essere amplificato proprio grazie, o a causa, della risonanza che la Rete ha- sottolinea la pediatra- quindi si deve insegnare ai ragazzi a utilizzarla in modo consapevole prima che vengano vissuti atteggiamenti nocivi o si instaurino dinamiche pericolose“. La Sip è impegnata in prima linea a “diffondere un uso consapevole e responsabile della tecnologia- evidenzia Bozzola- anche perché, secondo dati diffusi dal ministero dell’Istruzione, ben il 70% degli under 14 è presente sui social“. E questo vuol dire anche una potenziale esposizione a fenomeni di bullismo e cyberbullismo.
La Società italiana di pediatria, che sul tema ha pubblicato vari approfondimenti, ricorda sempre come sia “fondamentale il ruolo degli adulti- conclude- perché ogni adulto che si rapporta con gli adolescenti rappresenta un educatore, ruolo a cui non può sottrarsi”.
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