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VIDEO | Il pediatra: “Per il 75% dei bambini l’enuresi è sia diurna che notturna”

Studio su 130mila pazienti. Di solito il disturbo compare dopo i cinque anni d'età, nella maggior parte dei casi si risolve entro la pubertà

Pubblicato:18-09-2020 15:49
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:54

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ROMA – Il 75-77% dei bambini che si rivolge al pediatra per enuresi ha problemi sia notturni che diurni. Solo il 23-25%, quindi, ha la cosiddetta enuresi mono-sintomatica, cioè non trattiene la pipì solo di notte. È il dato più rilevante emerso da una vasta ricerca italiana effettuata su un campione di oltre 130mila bambini, pazienti di 270 pediatri distribuiti su tutto il territorio nazionale. Lo studio, recentemente pubblicato sull’Italian journal of pediatrics, ha preso in considerazione in particolare la fascia di età 5-14 anni, per un totale di oltre 7.000 bambini e ragazzi.

Il focus sulla fascia di età 5-14 anni, spiega alla Dire Pietro Ferrara, professore di Pediatria dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e presidente della sezione Lazio della Società italiana di pediatria (Sip), è dovuto al fatto che normalmente l’enuresi compare col compimento dei 5 anni, “perché si prevede che entro quell’età l’emuntorio (apparato che sovrintende l’eliminazione degli scarti organici, ndr) renale sia efficiente. Fino a 5 anni non si parla di enuresi, ma dal compimento del quinto anno un bambino che bagna ancora il letto la notte viene considerato enuretico. L’età massima non esiste, però il 99% delle enuresi si risolve entro l’età puberale. Rimane quell’1% dell’età adolescenziale e adulta che di solito ha altre cause che vanno indagate”. In generale, sottolinea l’esperto, “soffre di enuresi il 12/15% di bambini nella fascia 5-8 anni, una percentuale che arriva anche al 20% in alcuni altri Paesi. Col progredire dell’età ne soffrono sempre meno bambini: l’8/10% tra gli 8 e i 10 anni fino all’1% dai 14 anni in poi”.


Dalla ricerca è emerso che l’enuresi è un disturbo multi-fattoriale e spesso sottostimato. “I pediatri- avverte Ferrara- devono indagare se questi bambini hanno disordini minzionali di notte, ma anche di giorno. Inoltre- continua lo studioso- bisogna capire quale sia la qualità del sonno di questi bambini, perché oltre il 75% del campione aveva disordini del sonno. Occorre anche approfondire le abitudini alimentari perché- spiega il presidente della Sip Lazio- sempre dall’indagine è emerso che il 90% dei bambini aveva dei comportamenti alimentari scorretti“.

Non ultimo, continua il professore dell’Università Campus Bio-Medico, “dalla nostra analisi è emerso che un genitore su due aveva nei confronti dei bambini degli atteggiamenti di tipo punitivo. Il bambino va compreso perché non lo fa di proposito– sottolinea il pediatra- l’enuresi è un disturbo e quindi il paziente va inserito, se necessario, in un percorso diagnostico e terapeutico adeguato”.

Oltre alla familiarità e a fattori come il sonno e l’alimentazione, la sfera emotiva e psicologica possono incidere sulla comparsa dell’enuresi? “Quando ci sono dei disturbi diurni è certamente un fatto organico– chiarisce l’esperto- Il fattore psicologico può insorgere nelle enuresi secondarie, cioè quando il bambino è stato per sei mesi/un anno continente di notte e poi, improvvisamente, riprende a bagnare il letto ma solo di notte. In questo caso, probabilmente, c’è un disagio che il bambino esprime così. Nell’enuresi primaria, monosintomatica- prosegue Ferrara- si sa per certo che concorrono più cause: un sonno particolarmente profondo e agitato, la vescica un po’ più iperattiva e la carenza del picco notturno dell’ormone che fa trattenere le urine nella maggior parte dei bambini. Queste tre condizioni, associate a una familiarità che è emersa anche dal nostro studio, fa sì che l’enuresi possa presentarsi”. Il presidente della Sip Lazio tiene a chiarire che nell’affrontare la terapia dell’enuresi è molto importante curare non solo il disturbo, “ma il bambino con l’enuresi. Quindi l’approccio è sì farmacologico ma anche comportamentale ed educazionale“.

Famiglie e bambini devono imparare, ad esempio, a ridurre l’introduzione di liquidi la sera, a evitare le bevande gassate, a non mangiare alimenti salati, ad adottare abitudini di sonno regolari e a fare alcuni esercizi per controllare meglio la minzione. “Il supporto psicologico- aggiunge il pediatra- è sicuramente utile nei bambini un po’ più grandi o negli adolescenti che non hanno elaborato il fatto di essere ancora enuretici o nelle enuresi secondarie. Ma non bisogna medicalizzare perché- ribadisce in conclusione- si tratta di un disturbo che nel 99% dei casi si risolve entro l’età puberale”.

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