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Israele, Ramy Balawi: “La nuova Knesset non faccia la guerra a Gaza”

L'attivista è nato a Gaza trent'anni fa, ora vive negli Stati Uniti: "La situazione è estremamente difficile"

Pubblicato:18-09-2019 09:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:42

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ROMA – “La gente di Gaza è molto preoccupata per l’esito delle elezioni in Israele: quasi tutti i partiti hanno promesso di ‘risolvere la crisi’ nella Striscia, a partire dalla sconfitta di Hamas, quindi si teme una nuova guerra”. Così alla ‘Dire’ lo scrittore e attivista per i diritti umani Ramy Balawi, nato a Gaza 30 anni fa, ora negli Stati Uniti. Oggi in Israele sono in corso elezioni legislative. Il favorito sarebbe il premier uscente Benjamin Netanyahu, ma questa circostanza non sembra interessare particolarmente gli abitanti di Gaza.

“La gente è disillusa, perché nessun partito ha manifestato la volontà di migliorare la situazione” dice Balawi. “E la situazione è estremamente difficile”. L’attivista ricorda gli effetti di 13 anni di blocco commerciale imposto da Israele: “La disoccupazione è altissima, la maggior parte dei giovani se potesse andrebbe via”. Ma partire è tutt’altro che semplice, sia per i costi, sia per le politiche adottate sia da Israele che dall’Egitto, l’altro Stato con cui Gaza confina. “Io ad esempio per venire negli Stati Uniti ho dovuto avviare le pratiche sei volte” racconta Balawi, che in America sta completando una specializzazione in Giornalismo.

A Gaza non c’è l’ambasciata, che si trova a Gerusalemme, ma ogni volta che chiedevo il permesso per andare, le autorità me lo negavano, perché Israele valuta le richieste anche in modo discrezionale”. Quanto all’Egitto, continua Balawi, “viene concesso un numero limitato di visti all’anno verso gli Usa”. Restrizioni che subiscono anche coloro che “vorrebbero partire per curarsi all’estero, o per studiare o semplicemente per fare visita ai familiari”. Un problema di cui Balawi ha discusso di recente anche con Ilhan Omar, la prima deputata di religione musulmana e origine somala eletta al Congresso americano. Anche lei il mese scorso si è vista negare il permesso di ingresso dalle autorità israeliane, poiché critica verso il governo di Tel Aviv. “Dopo aver ascoltato la mia storia, si è detta scioccata” ricorda Balawi.


In moltissimi non sanno cosa accade a Gaza e Cisgiordania. Persino i miei professori universitari, una volta letti gli articoli che scrivo su questo tema, lo ammettono. Per questo un giorno spero di poter intervenire al Congresso americano: il mondo si è dimenticato delle nostre sofferenze“.

Il presidente statunitense Donald Trump ha promesso di porre fine al conflitto israelo-palestinese proponendo un piano, definito “l’accordo del secolo”, ma “in pochi a Gaza ci credono” secondo lo studioso: “Israele non sembra volerlo, mentre l’Autorità nazionale palestinese non vuole neanche discuterlo. Io e i miei amici pensiamo che sia una mossa di Trump per ingraziarsi i propri elettori, dato che le presidenziali americane si avvicinano”. Ma a Gaza c’è anche chi pensa che il piano, indirettamente, sia stato già portato a termine nel momento in cui Netanyahu ha annunciato l’annessione delle Alture del Golan siriano e di parte della Cisgiordania. E poi c’è il taglio ai fondi americani all’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, pari a oltre mezzo miliardo di dollari. Ancora Balawi. “A Gaza subiamo anche lo scontro tra Hamas (che governa la Striscia, ndr.) e l’Autorità palestinese. La gente vuole andare via, come darle torto? In campagna elettorale Netanyahu ha discusso con vari Paesi la sua idea di incoraggiare gli abitanti di Gaza a lasciare la Striscia”. Un piano che però, secondo l’attivista, “nessun Paese europeo accetterà, dato che nessuno vuole i profughi. Sappiamo quello che accade in Europa ai migranti. Il futuro per noi palestinesi è sempre più preoccupante”. Balawi ha collaborato con varie testate italiane. Nel 2018 per Aut Aut edizioni ha pubblicato ‘Il Maestro di Gaza’ in collaborazione con Alessandra Ravizza.

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