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Cosa ci ha insegnato il Covid-19, la voce degli infermieri

Durante la pandemia quello che prima era un posto rassicurante è stato percepito come un luogo di pericolo, e la casa, la famiglia si sono riscoperti come possibili luoghi di cura

Pubblicato:18-08-2020 13:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:46

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ROMA – La pandemia da Covid-19 che stiamo affrontando ci ha posto di fronte alla necessità di ricercare nuovi modelli assistenziali per rispondere ai bisogni di salute dei nostri piccoli pazienti. Spesso i nuovi modelli possono basarsi su strategie ormai consolidate, che se implementate, possono convergere sinergicamente nel dare risposte appropriate ai nostri piccoli pazienti ed alle loro famiglie. Nella fase più acuta della pandemia ogni risorsa è stata dirottata verso un nuovo pericolo da scongiurare, ma le patologie che affliggevano i nostri bambini, specie quelle croniche, rimanevano e rimangono lì in attesa di avere le medesime cure di un tempo, senza le quali alcuni bambini potrebbero anche non sopravvivere. Durante l’emergenza sanitaria il ruolo paternalistico e sicuro del luogo di cura è venuto a mancare. Quello che prima era un posto rassicurante è stato percepito come un luogo di pericolo, e la casa, la famiglia si sono riscoperti come possibili luoghi di cura. Ora è tempo per l’infermieristica pediatrica di promuovere un principio cardine che la compone, quello della Family Centered Care (FCC), con la quale, anche in considerazione della gestione futura dell’epidemia, potremmo aiutare la famiglia a gestire il bambino in maniera appropriata, diventando luogo di cura e di armonia tra assistenza e protezione del bambino malato.

Gli infermieri dei bambini nello svolgimento della propria professione non possono fare a meno di tenere in considerazione la famiglia nel suo insieme. È un approccio che viene da lontano. A partire dagli anni ’50, si sviluppa un movimento filosofico che, abbandonando un’infermieristica di tipo nightingheliano, rimette al centro della cura del bambino l’importanza della famiglia. John Bowlby, la teoria dell’attaccamento e il Rapporto Platt del 1959 sono solo alcuni iniziali modelli che definiscono l’inizio di un processo, che terrà conto della sfera psicologica e della famiglia per un’adeguata assistenza dei bambini. A partire da quel momento furono molte le esperienze che cercarono di mettere al centro della cura il sistema famiglia e non solo la malattia del bambino. Per una definizione meno vaga di FCC bisogna aspettare Mikkelsen e Frederiksen che, nel 2011, definiscono la FCC come “il supporto professionale fornito al bambino e alla famiglia, attraverso un processo di coinvolgimento e partecipazione, sostenuto da empowerment e negoziazione. La FCC è caratterizzata dalla relazione tra operatori sanitari e famiglia, all’interno della quale, entrambe le parti si impegnano a condividere la responsabilità per la cura del paziente”.

La FCC è quindi una filosofia assistenziale, che riconosce la centralità della famiglia e il suo coinvolgimento nel percorso diagnostico-terapeutico per ottenere un precoce recupero della salute e dell’autonomia, in modo da aumentare le competenze per rendere, in questo modo, più facile la gestione di terapie lunghe e complesse. L’infermiere, quindi, deve conoscerne i principi, in modo da erogare un’assistenza competente ed appropriata, fornendo alla famiglia gli strumenti per prendersi cura del bambino, sia nell’ambiente ospedaliero che, dopo la dimissione, in ambiente domestico e comunitario in genere. L’utilizzo di strategie di empowerment, anche attraverso sistemi di comunicazione a distanza e strumenti di telemedicina, potranno accrescere la competenza di cura della famiglia, aumentando l’autonomia delle cure, la qualità di vita familiare, la sicurezza del paziente, e potranno alleggerire il lavoro delle strutture di riferimento, che saranno presenti, per le situazioni più difficili. Sempre tenendo presente l’importanza della “negoziazione” con il coinvolgimento della famiglia o del bambino nel proprio piano di cura, basandosi sulla comprensione delle reciproche necessità .


La FCC può essere uno strumento di supporto per il miglioramento della qualità delle cure, anche in questa fase della pandemia e nelle fasi successive per favorire la gestione domiciliare dei casi in sinergia con il pediatra del territorio. Per far sì che la strategia della FCC possa avere successo, è necessario che tutta l’equipe professionale sia a conoscenza delle regole che la determinano e degli strumenti per agevolarne l’utilizzo. La FCC dovrebbe quindi anche tenere ben presenti collegamenti e collaborazioni col territorio specie in momenti storici come quello odierno, dove l’invito è di restare a casa e recarsi in ospedale solo per effettiva necessità. Tuttavia, non tutte le realtà pediatriche, specie quelle più piccole, possono permettersi il tempo, gli ambienti, le attrezzature, le tecnologie e la formazione specifica, che ne permettano una facile applicazione. Con questo editoriale gli infermieri dei bambini si propongono di mettere l’accento sulla filosofia FCC, come strumento di aiuto alla famiglia, al professionista e all’organizzazione, in modo da implementarne la diffusione in ambito pediatrico, utilizzando la lezione del Covid-19 come impulso di cambiamento per un’assistenza migliore e più “a misura” di bambino.

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