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Femminicidio? “Basta invocare la separazione per scagionare”

Pubblichiamo la lettera di Jakub Stanislaw Golebiewski, presidente dell'associazione 'Padri in movimento'

Pubblicato:18-07-2020 13:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:39
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ROMA – “Ennesima tragedia a poche settimane da quella avvenuta nel lecchese dove un uomo ha ucciso i figli e poi si è suicidato. Ancora l’ennesimo femminicidio/suicidio in famiglia avvenuto nella notte tra mercolediì 15 e giovedì 16 a Borgotaro in provincia di Parma. Un 39enne metalmeccanico e cacciatore, ha ucciso la moglie 35enne che lavorava come infermiera all’Ospedale di Borgotaro con un fucile da caccia e si è poi tolto la vita con la stessa arma. Erano sposati da molti anni ma il legame si era deteriorato ed avevano iniziato il percorso per la separazione anche se continuavano ad abitare assieme. Secondo quanto emerso, tra i due negli ultimi tempi litigi e discussioni erano frequenti. Il figlio 14enne della coppia non era in casa al momento della tragedia, visto che aveva deciso di passare la notte nell’abitazione dei nonni. Un fenomeno in crescita, ma con modalità nuove“. Inizia così la lettera di commento, inviata alla redazione DireDonne, da Jakub Stanislaw Golebiewski, presidente dell’associazione ‘Padri in movimento’.

Si tratta di “uomini- continua Golebiewski- che uccidono le loro (ex) mogli, (ex) fidanzate, talvolta i loro figli, e che alla fine uccidono anche se stessi. Un fenomeno che di fatto identifica un cambiamento di azione tutto da comprendere, ma nell’immediato passano dei messaggi pericolosi. E’ assurdo e inaccettabile che stampa, televisione e social media invochino la separazione per scagionare postumo un uomo dalla grave responsabilità di aver commesso una strage. La percezione che tanti uomini possono avere da un messaggio così subdolo è a rischio di normalizzazione: usare la violenza e uccidere è più facile che sopportare il dolore di essere lasciati. Altro rischio è quello di percepire la separazione- continua il presidente di PiM- come alibi per ottenere la licenza di uccidere una donna”.

Continua l’articolo di Golebiewski: “Se prestiamo attenzione a queste tragiche notizie di cronaca, notiamo che mai l’uomo viene colto di sorpresa dalla decisione di separarsi da parte della donna, e la percepisce – il che denota meccanismi pericolosi- come colei che detiene il monopolio sulla vita sentimentale all’interno della famiglia, il che coincide anche con il delegarle totalmente il lavoro di cura”. Questa è la percezione che il presidente di PiM prova a tratteggiare a partire dalla disamina della cronaca e dai profili di questi personaggi. “Con una decisione definitiva di separazione, possono nascere- a fronte di quella percezione- in questi uomini panico, frustrazione e infine rabbia che può sfociare in violenza incontrollata. Ma un uomo ‘sano’, un uomo che non sia un criminale, è in grado di accettare il tema doloroso della solitudine con consapevolezza e strazio, accettandone l’ineluttabilità e sentendosi capace di uscirne con il tempo e l’accettazione di ciò che è accaduto. Ma alcuni, incapaci di questa matura accettazione della perdita, eludono queste emozioni tristi dando la colpa all’altra, alla sua crudeltà, alla sua ingiusta tendenza alla fuga e al tradimento. Una scelta sempre più facile: di fronte ad un abbandono l’uomo ne attribuisce la colpa all’altra/o piuttosto che a se stesso”.
“Cosa possiamo fare noi uomini per contrastare questa ondata di violenza?” si domanda Jakub Golebiewski.


“Dal punto di vista sociale e politico occorre rendere il femminicidio un problema di tutti, trasversale a qualsiasi livello sociale, di cui non si può fare a meno di parlarne correttamente. Dobbiamo sensibilizzare gli uomini e renderli consapevoli e partecipi attraverso campagne di informazione e se necessario seminari o percorsi collettivi di supporto alla separazione e genitorialità. Gli uomini vanno ascoltati e rieducati al riconoscimento della violenza. E’necessario soprattutto un profondo cambiamento socio-culturale- conclude Golebiewski- in cui si riesca a dare più importanza all’educazione emotiva e sessuale, al dialogo e al rispetto, nonché sono necessari incentivi al coraggio civile di chiunque nel condannare e segnalare la violenza in famiglia contro donne e bambini”.

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