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Centrafrica, padre Gazzera: “Contro le miniere cinesi la lotta continua”

Dopo alcuni mesi, con il rapporto della commissione d'inchiesta del parlamento appena pubblicato, è cresciuta la speranza

Pubblicato:18-07-2019 10:39
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:32

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ROMA – “La cosa bella è la battaglia di tanti giovani che non accettano più che le autorità centrali si arricchiscano sulla loro pelle, distruggendo il futuro”: così all’agenzia Dire padre Aurelio Gazzera, in prima fila nel denunciare abusi e reati ambientali da parte di aziende cinesi che sfruttano le miniere d’oro nell’area di Bozoum.

Un impegno, questo, all’origine ad aprile di un breve arresto del missionario italiano. Secondo padre Gazzera, “l’intervento della popolazione di Bozoum per liberarmi, con una specie di sommossa, è stato un segnale”.

Dopo alcuni mesi, con il rapporto della commissione d’inchiesta del parlamento appena pubblicato, è cresciuta la speranza. “Il documento ha suscitato molte reazioni, grazie a Dio” dice il missionario. “Adesso bisognerà vedere se le raccomandazioni saranno prese in considerazione oppure no”.


L’assunto è che “ci sono in ballo troppi milioni di euro” e che “la corruzione è altissima“. E rispetto ai contratti di sfruttamento firmati con le aziende cinesi, Tian Xian, Tian Run, Meng e Mao, padre Gazzera sottolinea: “Nei bilanci pubblici, non c’è stato nessun aumento delle entrate, al contrario; quindi i soldi ottenuti con l’estrazione dell’oro vanno, oltre che alle compagnie cinesi, in tasca al presidente della Repubblica, al capo del governo e ad alcuni ministri”.

Nel rapporto pubblicato dalla commissione d’inchiesta, anche a partire dalle denunce del missionario, si riferisce di “un disastro ecologico“. L’estrazione dell’oro, in assenza di tutele, avrebbe finito per avvelenare il fiume Ouham e per mettere “a rischio” la salute delle comunità locali.

Nelle conclusioni dell’indagine si raccomanda “uno stop immediato” alle attività minerarie e si evidenziano incongruenze contabili. “Una produzione media mensile per ciascun sito compresa fra 400 grammi e un chilo – si denuncia nel rapporto – è incompatibile con i costi giornalieri dichiarati”.

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