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Dalla Puglia a Londra, la passione ‘Azzurra’ di Roger Waters

La ballerina scelta dall'ex Pink Floyd per l'ultimo video The Last Refugee si racconta

Pubblicato:18-07-2017 14:12
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:32

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ROMA – Una vita, la paura, la speranza. Quattro minuti appena per raccontarne una, di una giovane donna, costretta a lasciare il suo mondo, la sua vita, sua figlia, sperando di ritrovarla in quel mare che oggi restituisce vittime o povere vite alla ricerca di un posto migliore. Quattro minuti appena, nei versi di un artista come Roger Waters, quattro minuti appena, nella danza elegante di Azzurra Caccetta, straordinaria nell’accompagnare nel video di ‘The Last Refugee’, terza traccia di ‘Is This The Life We Really Want’, l’ultimo album di inediti del fondatore dei Pink Floyd, una canzone che affronta un tema così importante e difficile come quello dell’immigrazione.

C’è una donna, una mamma, costretta a vivere di stenti, ‘rapita’ da una canzone, appunto ‘The Last Refugee’: è quando inizia a ballare che riesce a tornare indietro nel tempo, a quella casa che aveva, a quella vita che viveva. E poi ancora con la mente vola dalla figlia, su una spiaggia, quella dove sbarcano migranti, ‘accolti’ da vivi o da morti.


Azzurra nasce in provincia di Lecce, ma soprattutto nasce ballerina (‘Non ricordo un momento della mia vita in cui il mio corpo non abbia sentito la necessità di vibrare’) e dopo un breve periodo romano, ha coronato il suo sogno, quello di trasferirsi a Londra. E poi ancora, contattata dall’agenzia Dire, ha raccontato il casting per partecipare al video, la passione per la danza classica e Brexit e immigrazione dal suo punto di vista.

LA MUSICA, PIÙ CHE UN AMORE A PRIMA VISTA

‘Non ricordo un momento della mia vita in cui il mio corpo non abbia sentito la necessità di vibrare a suon di musica. Sin da bambina la musica ha esercitato su di me un potentissimo potere -la cito- ipnotico. Il mio viscerale desiderio di fondermi con essa faceva si che io seguissi il suo richiamo ovunque mi trovassi, per cui il mio papà che da bambino sognava di fare il ballerino, non ha esitato ad iscrivermi a danza ancor prima che io compissi 4 anni. Più che amore a prima vista io direi che si trattasse di un atavico bisogno di perdere il controllo per dare libero sfogo agli istinti. Senza dubbio, 10 anni di danza classica hanno in seguito contribuito a mettermi in riga…’.

IL CASTING, LA SCELTA, IL SÌ DI ROGER WATERS

‘Quando la mia agente mi ha telefonato per comunicarmi che ero stata scelta per il ruolo della Rifugiata, il mio cuore ha iniziato a battere all’impazzata. Ero così emozionata che dopo aver udito le sue parole ‘Azzurra, you made it!’, le ho chiesto conferma di ciò a cui si stesse riferendo perché quasi non riuscivo a crederci… Sono stata invitata al casting per il corto a cui la mia agente un paio di settimane prima mi aveva proposto, e richiamata per un call back la mattina seguente. Entrambi i provini sono consistiti in due prove di improvvisazione, una di recitazione ed una di danza. Non ho avuto il piacere di incontrare Roger Waters di persona, ma ho avuto l’onore di sapere che ero stata la sua first choice sin dal primo provino ed ovviamente il grandissimo privilegio, con la partecipazione al corto, di essere stata messa al servizio della sua arte e del suo messaggio umanitario. Sean Evans era sul set, e lavorare con lui è stata un’esperienza straordinaria. La sua ricerca di perfezione ha del sovrumano. Il risultato finale, pura poesia’.

LE PERCUSSIONI, I RITMI AFRO, I PINK FLOYD E IL MIO SENSO CRITICO

‘Ascolto soprattutto musica classica ma ho un debole per i ritmi afro, le percussioni, i tamburi, la batteria. I Pink Floyd sono particolarmente legati alla mia infanzia. Una delle mie care cugine li ascoltava, coinvolgendo me e sua sorella nella creazione di scatenate coreografie. Another Brick in the wall part 2 ha contribuito nel corso della mia esistenza ad alimentare il mio senso critico nei confronti delle istituzioni’.

DA LECCE A LONDRA, PASSANDO PER ROMA. E SULLA BREXIT DICO CHE….

‘Prima di trasferirmi a Londra, ho vissuto a Roma per circa sette anni, nonostante il primo tentativo di raggiungere la capitale inglese l’avessi fatto a 13 anni. Sognavo di diventare una danzatrice classica all’epoca, e la Royal Ballet School rappresentava per me il castello incantato in cui sarei stata disposta a trascorrere la mia esistenza. Con l’aiuto di una mia carissima zia e della sua eccellente conoscenza della lingua inglese, ho provato per cui ad entrare in contatto con la scuola. Purtroppo i costi troppo dispendiosi hanno rappresentato un ostacolo insormontabile… Dopo il liceo ho optato per Roma, dove per un po’ ho trovato la mia dimensione artistica scoprendo ed appassionandomi ad altri generi di danza e soprattutto alla recitazione. A 28 anni però mi sono resa conto che il mio sogno adolescenziale d’Oltremanica non si era spento, soltanto un po’ sbiadito. Una mattina, dopo aver trascorso la sera precedente a conversare con i miei amici di un tempo, chiedendoci cosa avremmo voluto fare delle nostre vite, mi sono improvvisamente resa conto che la risposta era lì dove l’avevo sempre custodita, nel mio cuore: Londra. Non più perché sede della Royal Ballet School, ma perché città multiculturale dove rigore, senso civico e meritocrazia fanno da contorno ad una società poliedrica, eccentrica, stravagante, folle. Ovviamente avevo già visitato più volte la città per cui quella mattina, semplicemente non vedevo l’ora di partire. Gli inizi sono stati molto difficili soprattutto da un punto di vista emotivo. Ero completamente sola in un luogo che comunque presenta anche dei lati duri ed oscuri. Dopo 5 anni posso dire che questa città non ha deluso le mie aspettative. Mi ha tremendamente aiutato a crescere ed ad evolvermi. Mi ha spinto verso l’ignoto e verso il superamento di alcuni miei limiti caratteriali e culturali. Mi concede di fare il mio lavoro in condizioni di massima dignità e professionalità. Confido che le vicissitudini riguardanti la Brexit non ne muteranno l’essenza. Dopotutto qui a Londra quasi nessuno, compresi tutti i miei colleghi, amici e conoscenti Britannici, avrebbe voluto che accadesse’.

 IO, CITTADINA DEL MONDO SULL’IMMIGRAZIONE DICO CHE…

‘Di recente mi è capitato di leggere un articolo a proposito dell’immigrazione in Italia. Nello specifico l’autore di quest’articolo forniva dei dati riguardanti il numero degli Italiani che nell’ultimo anno hanno lasciato il proprio Paese di nascita nettamente superiore a quello degli stranieri sbarcati sulle coste italiane… Noi italiani residenti all’estero veniamo accolti con dignità e rispetto. Ci vengono offerte opportunità di lavoro (che senza dubbio dobbiamo dimostrare di meritare) ed in cambio ci viene chiesto di rispettare rigorosamente le leggi locali. Credo che lo stesso atteggiamento di apertura ed accoglienza debba essere rivolto a coloro i quali giungono sulle coste italiane. Inoltre, credo che la necessità di emigrare rappresenti una costante inevitabile del genere umano. L’uomo sente sin dagli albori della civiltà il bisogno di partire alla ricerca di un luogo che possa soddisfare meglio le proprie aspettative. Questo è ciò che ho fatto io, ciò che 285mila italiani hanno fatto nel 2016 (secondo i dati forniti nell’articolo menzionato in precedenza) e ciò che altrettanti mila stranieri fanno giungendo in Italia. Non ho mai provato un forte senso di appartenenza al mio Paese natale (non perché io non creda che l’Italia sia un Paese incantevole…), e più in generale, il concetto di appartenenza ad una nazione, nella mia mente non è mai stato poi così radicato. Credo che siamo tutti abitanti di un medesimo pianeta, un pianeta che presenta molteplici diversità ma che fondamentalmente condividiamo tutti in equa misura. Ciò che mi sta più a cuore è la difesa di questo pianeta e di tutte le sue creature, del suo clima e delle sue bellezze naturali. Noi esseri umani dovremmo semplicemente conviverci pacificamente. L’identificarsi troppo con la propria nazione, la propria religione, le proprie tradizioni a volte contribuisce a farci percepire gli ‘altri’ come diversi da noi, alimentando paure e pregiudizi, e spesso ci fa perdere di vista ciò che siamo veramente nel profondo del nostro cuore’.

di Adriano Gasperetti, giornalista professionista

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