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Ci vorranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi bruciati dagli incendi

Le fiamme provocano un costo per la collettività stimabile in circa diecimila euro all’ettaro

Pubblicato:18-07-2017 08:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:32

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ROMA – Ci vorranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi andati a fuoco con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento alla devastante ondata di incendi favorita dall’azione dei piromani che provoca un costo per la collettività stimabile in circa diecimila euro all’ettaro percorso dalle fiamme.

Oltre alla drammatica perdita di vite umane, gli incendi – sostiene la Coldiretti – hanno pesanti effetti dal punto di vista ambientale dovuti alla perdita di biodiversità (distrutte piante e uccisi animali) e alla distruzione di ampie aree di bosco che sono i polmoni verdi del Paese e concorrono ad assorbire l’anidride carbonica responsabile dei cambiamenti climatici.

Per ogni ettaro di macchia mediterranea andato in fumo – continua la Coldiretti – sono morti in media 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili. Ma sono migliaia le varietà vegetali danneggiate dagli incendi come i boschi di querce, di faggio, di castagno, di cerro, ma anche i funghi e le erbe aromatiche.


Nelle foreste andate a fuoco – sostiene la Coldiretti – saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono a settembre decine di migliaia di appassionati.

Insieme alle disdette provocate in molti agriturismi sono gravi anche i danni diretti registrati alle coltivazioni agricole, le perdite di animali con la distruzione di numerosi fabbricati rurali. Anche specialità alimentari tradizionali – precisa la Coldiretti – sono andate perse come vigneti, oliveti e pascoli.

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Un costo drammatico che l’Italia è costretta ad affrontare perché – sostiene la Coldiretti – è mancata l’opera di prevenzione con 12 miliardi di alberi dei boschi italiani che, a causa dell’incuria e dell’abbandono, sono diventati infatti vere giungle ingovernabili in preda ai piromani. Siamo di fronte – spiega la Coldiretti – all’inarrestabile avanzata della foresta che senza alcun controllo si è impossessata dei terreni incolti e domina ormai più di 1/3 della superficie nazionale con una densità che la rende del tutto impenetrabile ai necessari interventi di manutenzione, difesa e sorveglianza.

E’ praticamente raddoppiata rispetto all’Unità d’Italia la superficie coperta da boschi che oggi interessa 10,9 milioni di ettari, ma sono alla mercé dei piromani – sottolinea la Coldiretti – la maggioranza dei boschi italiani che, per effetto della chiusura delle aziende agricole, si trovano ora senza la presenza di un agricoltore che possa gestirle. “Per difendere il bosco italiano occorre creare le condizioni affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che occorre cogliere le opportunità offerte dalla legge di orientamento che invita le pubbliche amministrazioni a stipulare convenzioni con gli agricoltori per lo svolgimento di attività funzionali “alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale”.

I danni degli incendi:

1)    Costo degli interventi per emergenza

2)    Perdita di biodiversità per danni alla fauna e alla flora con boschi di querce, di faggio, di castagno, di cerro ma anche funghi ed erbe aromatiche.

3)    Impedite nelle aree a fuoco tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono a settembre decine di migliaia di appassionati.

4)    Difficoltà per turismo e agriturismo per calo delle presenze nelle aree coinvolte

5)    Danni diretti alle coltivazioni, perdite di animali, distruzione di numerosi fabbricati rurali con perdita anche di specialità alimentari tradizionali come vigneti, oliveti e pascoli.

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