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Dottore, quanto mi resta? “Mi scusi, potrebbe pagare ora?”. I soldi ci sono o non ci sono? Ci sono, e Fca vuole 6,3 miliardi

L'editoriale di Nico Perrone per DireOggi

Pubblicato:18-05-2020 14:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:20

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ROMA – Barzelletta un pochino macabra, certo. Ma fotografa la situazione in cui versa il nostro Paese, con gli italiani ancora semichiusi e comunque divisi dalle regole delle 20 Regioni gelose della rispettiva autonomia. Da sempre, nelle situazioni di estrema difficoltà, è la ‘grana’, i tanti miliardi promessi dal Governo e dalle istituzioni europee, che attira tutte le attenzioni e tutte le polemiche. Anche qui diverse letture: se uno ascolta le cronache sulle tv nazionali prevale l’angoscia dei tantissimi che hanno chiesto aiuti economici e che ancora aspettano di vedere qualcosa. Con la nostra burocrazia è normale, dirà qualcuno; ma va pure detto e fatto capire ai signori delle scrivanie che autorizzano che non viviamo un tempo normale e che devono fare presto. Comunque la preoccupazione è generale, e si associa agli attacchi del centrodestra che mettono in dubbio la reale consistenza di questi aiuti. Poi arriva Fca, quella che era la nostra Fiat per capirci. Con leggero tocco ha bussato alla cassa dello Stato per chiedere 6,3 miliardi di prestito da restituire in 3 anni. Serviranno a pagare gli stipendi dei 60mila che ancora lavorano nelle fabbriche italiane e tutte le decine e decine di migliaia che vivono nell’indotto. «È chiaro che giocano la carta del ricatto, anche se velato – sottolinea un Dem dei piani alti- ma per noi il problema non è dove Fca ha la sede fiscale e legale, ma la garanzia che i soldi chiesti in prestito verranno utilizzati per investimenti in Italia e non per spartirsi allegri dividendi». Preoccupati per gli stipendi dei dipendenti, i sindacati si sono subito schierati per il sì. Come assolutamente favorevoli i due Matteo, Renzi e Salvini. Carlo Calenda, leader di Azione ed ex ministro dello Sviluppo economico, con Renzi non è stato tenero: «Te lo spiego in parole semplici: FCA non ha mai rispettato il piano degli investimenti previsto per l’Italia; avrebbe la liquidità per sostenere il gruppo ma la tiene nella capogruppo per distribuire un maxi dividendo pre fusione PSA; quel maxi dividendo non verrà tassato; nessuna casa automobilistica UE tranne Nissan/Renault ha sede fuori dal proprio paese; il programma Sace ha rilasciato 6 garanzie per 40 milioni. Ci sono migliaia di imprese con sede in Italia che aspettano…». E siamo ancora agli inizi; che cosa accadrà tra un mese se, Dio non voglia, anche dall’Europa invece di risorse arriveranno rinvii?  Ci aspettano giornate di fuoco, anche perché mercoledì al Senato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, rischia la poltrona. Quel giorno si voteranno le due mozioni di sfiducia presentate contro di lui dalla Lega e da Emma Bonino di +Europa. Al Senato la maggioranza ha pochi voti di scarto e anche qui Renzi tiene tutti sulla graticola facendo sapere che ancora non ha deciso. Stando agli interpellati «il Governo alla fine ce la farà, e Renzi in queste ore sta trattando per avere qualcosa in cambio». Come si dice: piuttosto che niente è meglio piuttosto.

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