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BOLONA – Verrà emessa in serata, comunque non prima delle 19.30, la sentenza d’appello del processo sull’omicidio di Saman Abbas, la 18enne pachistana uccisa a Novellara, nel reggiano, tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021.
La Corte d’Assise d’appello, presieduta dal giudice Domenico Stigliano, si è ritirata in camera di consiglio pochi minuti fa, al termine delle dichiarazioni spontanee rese dai cugini della ragazza Ikram Ijaz e Noman Hulaq (questo il nome corretto, come lo stesso imputato ha precisato).
Nel processo, oltre allo zio Danish Hasnain e ai cugini, sono imputati anche i genitori di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, e per tutti e cinque la Procura generale ha chiesto l’ergastolo. Nelle sue dichiarazioni spontanee, Danish ha detto di aver “indicato il punto dove era sepolta perché avevo questo peso addosso e me lo volevo togliere e poi anche per aiutare gli inquirenti”.
L’imputato ha anche affermato di “aver detto sempre la verità”, aggiungendo che “la mia innocenza è provata dall’autopsia e dalla relazione dei periti”.
“Credo che Saman possa essere ritenuta la figlia di tutti noi. Mi sono chiesta se accettare questa difesa, e quando ho avuto il primo colloquio con Shabbar, lui mi ha detto: ‘Un padre e una madre, con la P e la M maiuscola, non ammazzano le figlie. Lei era la mia luce'”.
Questo è uno dei passaggi dell’arringa tenuta questa mattina in Corte d’Assise d’appello a Bologna dall’avvocata Sheila Foti, che difende il padre di Saman Abbas, Shabbar.
I genitori di Saman sono stati condannati in primo grado all’ergastolo. Lo zio Danish Hasnain in primo grado è stato condannato a 14 anni, i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, assolti in primo grado.
Nel corso della sua arringa, Foti si è anche soffermata sulla figura del fratello di Saman, sostenendo che “come testimone oculare non è assolutamente credibile”, e ricostruendo quello che accadde la sera del delitto, ha affermato che quel giorno Saman “disse che quella sera sarebbe andata a prenderla un’amica”.
In seguito, ha aggiunto la legale, “sono state trovate tracce biologiche di una donna sui semi di zucca nel luogo dove è stata uccisa Saman.
E se avesse avuto appuntamento con qualcuno, e questo qualcuno fosse stata una donna?”. Infine, concludendo la sua arringa dopo due ore e un quarto, Foti ha dichiarato che “i genitori non sapevano nulla” di quanto accaduto, “certamente non Shabbar”, e si è detta convinta che “il ricordo di Saman debba andare oltre la ricostruzione del delitto d’onore: se vogliamo darle giustizia dobbiamo ricostruire quello che è veramente successo”. L’udienza sta proseguendo con l’arringa di Luigi Scarcella, difensore di Nomanulhaq Nomanulhaq.
“Non ho avuto nessun ruolo in questa vicenda, come pure Nomanulhaq. Non vogliamo andare di nuovo in carcere, chiediamo giustizia”. A dirlo, rendendo dichiarazioni spontanee in Corte d’Assise d’appello a Bologna, è Ikram Ijaz. “Mi dispiace moltissimo per quello che è successo, su questo non posso riferire altro”, ha detto Ikram rivolgendosi ai giudici. Prima di lui, anche Nomanulhaq ha reso dichiarazioni spontanee, affermando che “il nostro unico errore è stato scappare, se non lo avessimo fatto non saremmo in questa situazione. Infatti quando sono tornato ho sentito diverse tesi non corrispondenti alla verità. Io- ha detto- non appartengo a questa famiglia, lavoro qui per mantenere la mia famiglia che sta in Pakistan”.
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