La cultura dell’incontro è la specificità del genio femminile. La donna favorisce il dialogo, crea ponti, è attenta ai bisogni primari delle persone. Per questo è seme di pace anche nei contesti più difficili del pianeta, attraversati da violenza e conflitto. Di questo si è parlato a Roma ad una tavola rotonda promossa dal Pisai, il Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, e dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, dal titolo “Donne di fede per la pace”. Hanno preso la parola e hanno raccontato la loro storia alcune donne che fanno parte del network internazionale “Women of Faith for Peace”. Sono ebree, musulmane, cristiane. “La donna trasmette la vita per la vita e non per dare morte”, ha esordito Lia Beltrami, portavoce del gruppo. Ciascuna delle donne presenti all’incontro è promotrice di iniziative che sostengono percorsi di incontro e dialogo. “Non possiamo cambiare i nostri governi, né i nostri politici”, dice Adina Bar Shalom, ebrea, israeliana, “ma possiamo cambiare il nostro cuore e possiamo cambiare il nostro futuro attraverso i nostri figli, educandoli a non uccidere ma a rispettare sempre la vita, a scegliere la via della pace e non quella dell’odio”. Le fa eco Nuha Farran (Israele, cristiana). “I cristiani non giudicano. Vogliamo cambiare il mondo? Cominciamo a cambiare noi stessi”. Avvocato, Nuha si occupa di diritti umani. Per il suo lavoro ha ricevuto minacce che l’hanno costretta a lasciare Gerusalemme per andare a vivere ad Haifa. La sua storia – sottolinea Beltrami – è la dimostrazione del fatto che “queste donne pagano a un prezzo anche molto alto la loro scelta e il loro impegno per il dialogo e la pace”.

Ad ascoltare queste storie, in prima fila è seduto Adnane Mokrani, teologo musulmano, professore di studi islamici e di relazioni islamo-cristiane presso il Pisai e la Pontificia Università Gregoriana a Roma.

Quale ruolo intravede oggi per le donne?


Penso che il femminile nell’essere umano, nelle religioni e nelle culture rappresenti un potenziale di pace, di accoglienza, di Misericordia. Purtroppo gli uomini nelle religioni, in tutte le religioni e lungo la storia, hanno dominato la scena È forse giunto il tempo che le donne siano più presenti e attive e riescano a contribuire affinché diminuisca “il maschilismo” religioso che ha segnato in modo negativo il comportamento religioso. La loro presenza nel mondo è un seme di speranza, altrimenti non c’è futuro per l’umanità

Qui al Pisai abbiamo ascoltato storie di donne che hanno scelto di promuovere inziative di pace nei contesti, spesso difficili, in cui vivono. D’altronde, dietro un uomo che muore, sia esso palestinese o israeliano, ebrei, musulmano o cristiano, c’è sempre una donna e una madre che piange. Che impressione ha avuto?

Mi viene in mente la figura di Maria come madre sofferente. La madre che vive ed è presente alla morte del figlio, fa una esperienza durissima. È doloroso e tremendo anche per il padre ma forse la madre ha una forza nascosta che si manifesta nei momenti più difficili.

Oggi stiamo vivendo tempi difficili. È il momento delle donne?

È la speranza delle donne.

In che senso?

Oggi vediamo dei segni. Stanno aumentando le teologhe donne e si sta diffondendo anche un tipo di femminismo religioso. È in atto un processo per liberare la religione dal peso della storia e dal patriarcalismo. È un processo benefico che sta rendendo la religione più umana, più aperta, più dialogante. Vorrei però sottolineare che anche gli uomini hanno nel loro cuore una dimensione femminile. Il femminile non si trova solo nelle donne. È presente anche negli uomini quando e se riescono ad essere teneri, misericordiosi e aperti.

Perché allora l’uomo religioso fa così fatica ad aprire le porte alle donne? È una fatica che si avverte in tutte le tradizioni religiose.

Forse teme di perdere l’autorità e il potere, il monopolio dell’interpretazione. Si, è vero. C’è questa tendenza al conservatorismo maschilista che tende ad escludere le donne.

Che cosa perde una religione se lascia da parte le donne?

Perde la parte più bella di Dio. Nei nomi divini che l’Islam dà a Dio, ci sono i nomi della maestà e della bellezza. I nomi della bellezza sono i nomi femminili di Dio. E sono i più importanti e precedono i nomi della maestà perchè la Misericordia di Dio è più grande. La Misericordia è mite. Non cerca di alzare la voce ma è presente, attiva, lavora, spesso in silenzio. Proprio come quando le donne agiscono, non fanno rumore.