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In Niger i rifugiati al lavoro per prevenire il Covid: fabbricano saponette

In Niger non ci sono ancora casi confermati di Covid-19, ma ci si prepara rafforzando le pratiche igienico sanitarie

Pubblicato:18-03-2020 16:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:10

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ROMA – In Niger, una terra di passaggio che accoglie richiedenti asilo e rifugiati trasferiti dai centri detentivi in Libia, ci si prepara all’emergenza coronavirus. In un piccolo laboratorio improvvisato nel campo di Agadez, un gruppo di rifugiati ha avviato la produzione di saponette da distribuire ai residenti, rafforzando così le pratiche igienico-sanitarie per scongiurare la diffusione del contagio. A sostenerli, una ong locale che porta avanti progetti in campo psico-sociale.

A raccontare la loro storia all’agenzia Dire è Alessandra Morelli, rappresentante in Niger dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr). “In Niger non ci sono ancora casi confermati di Covid-19, tuttavia non si può escludere che dei casi sfuggano al sistema sanitario, molto fragile in queste aree” spiega Morelli. “Ma noi ci stiamo già preparando”.

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Nei campi profughi del Niger, le persone aspettano di ottenere lo status di rifugiato per ricostruirsi una vita nel Paese oppure di ottenere un posto su uno dei voli che li porteranno in altri Paesi, nell’ambito dei programmi di reinsediamento organizzati dalle agenzie Onu: l’Unhcr e l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. A causa della pandemia, però, adesso è tutto sospeso.

“Le persone reagiscono con pazienza, sanno che ci troviamo tutti ‘sulla stessa barca’” dice Morelli, secondo cui è importante ricordare che in Paesi del Sahel come il Niger “virus o no, le guerre continuano” e “i gruppi armati continuano ad agire”. Anche il Niger, come Mali, Algeria, Libia, Tunisia, Marocco e altri Paesi dell’area, ha blindato le frontiere limitando i traffici ai soli voli militari o delle Nazioni Unite: “Se arrivasse il coronavirus potrebbe causare un’ecatombe – dice la responsabile dell’Unhcr – anche se per fortuna le tante epidemie patite dall’Africa perlomeno hanno creato resilienza”.

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Morelli sottolinea che le agenzie Onu hanno già attivato una Task force in collaborazione col ministero dell’Interno, “che sta dimostrando un approccio molto pragmatico” e “ha ordinato la chiusura di scuole, ristoranti e negozi“. Unhcr e le altre realtà delle Nazioni Unite stanno collaborando con le autorità. “Anche noi adottiamo lo smart working e azioni per mitigare l’impatto di una possibile epidemia nei siti dove vivono i rifugiati” dice Morelli. “Nei campi profughi le misure igienico-sanitarie vengono osservate di norma, ma ora le rafforzeremo”.

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