Delitto Senago, Impagnatiello premeditò l’omicidio di Giulia Tramontano per quasi sei mesi

Nelle motivazioni della sentenza dello scorso 25 novembre con cui il 31enne è stato condannato all'ergastolo si sottolinea anche l'aggravante della crudeltà: "Fu una sofferenza ulteriore per Giulia sapere che il suo bimbo moriva con lei"

Pubblicato:18-02-2025 12:37
Ultimo aggiornamento:18-02-2025 12:38

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ROMA – Alessandro Impagnatiello avrebbe premeditato l’omicidio della compagna Giulia Tramontano per quasi sei mesi. A scriverlo è la Corte d’Assise di Milano nelle motivazioni a sostegno della condanna all’ergastolo del 31enne arrivata lo scorso 25 novembre.

Sono state riconosciute anche le aggravanti del vincolo sentimentale e della crudeltà. Antonella Bertoja e Sofia Fioretta, giudice e giudice a latere, hanno inoltre condannato Impagnatiello per il procurato aborto – la ragazza era incinta di 7 mesi del piccolo Thiago al momento della morte – e per l’occultamento del cadavere. Risalirebbero al dicembre 2022 le prime ricerche online sul “veleno per topi stelfor” da somministrare alla compagna.

“L’IMPUTATO NON HA PIÙ ABBANDONATO QUEL PROPOSITO CRIMINOSO”

“Nell’intervallo temporale di quasi sei mesi, decorsi da quel 12 dicembre (in cui per la prima volta ha abbozzato l’idea di uccidere la compagna) al successivo 27 maggio (in cui l’ha effettivamente uccisa), l’imputato non ha più abbandonato quel proposito criminoso, anzi lo ha fatto crescere e maturare dentro di sé, mentre in via parallela e speculare si intensificava e si consolidava la relazione segreta con A.”. E la svolta sarebbe arrivata nel momento in cui Impagnatiello avrebbe saputo di un incontro tra la donna, una collega, e Giulia.

Le due si erano “rivelate reciprocamente tutte le menzogne attraverso le quali egli le aveva controllate, manipolate e tenute in scacco come ‘pedine’ sulla fantomatica ‘scacchiera’ narrata con vanto ai periti”. Inoltre, Impagnatiello era venuto a conoscenza di “essere diventato a sua insaputa lo ‘zimbello’ di tutti i colleghi dell’Armani Cafè”, il bar in cui lavorava e dove tutti sapevano “già da una settimana” quanto era accaduto e le bugie raccontate. Si era provocata “in lui una ferita narcisistica che aveva scosso le sue certezze dalle fondamenta: che A. era perduta per sempre e che Giulia stava per lasciarlo, insieme con il bambino che portava in grembo“.

LA RIMODULAZIONE DEL “PROGRAMMA CRIMINOSO” CON “MODALITÀ NUOVE ED EFFERATE”

Così, quel pomeriggio del 27 maggio sarebbe stato colto da una “rabbia fredda e da una lucida risolutezza che lo ha portato, poche ore dopo, a riaffermarsi e vendicarsi di quel ‘torto’ subito”. L’ex barman avrebbe deciso di “rimodulare il programma criminoso da mesi portato avanti in modo poco efficace” con il veleno, uccidendo Giulia con “modalità nuove ed efferate”.

Trentasette le coltellate fatali, prima del tentativo di disfarsi del corpo dandole fuoco nella vasca da bagno. Ben 11 quando la vittima era ancora viva: “Nel momento in cui è stata attinta dai primi fendenti, mentre si trovava ancora in vita e comprendeva che il compagno la stava uccidendo, Giulia ha senz’altro realizzato, sebbene per una manciata di secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo“. Una “consapevolezza” che ha “senz’altro provocato nella donna una sofferenza ulteriore“.

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