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Gli Uffizi acquistano l’Enigma di Omero, dipinto da secoli ritenuto perduto

Il quadro del maestro bolognese Bartolomeo Passerotti fu realizzato nel Cinquecento e poi smarrito per un centinaio di anni. Oggi è stato rintracciato e posizionato nelle Gallerie fiorentine

Pubblicato:18-02-2021 13:52
Ultimo aggiornamento:18-02-2021 13:52

Bartolomeo Passerotti, L'enigma di Omero
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ROMA – Le Gallerie degli Uffizi hanno ritrovato e acquistato un dipinto del Cinquecento, da secoli ritenuto perduto. Si tratta dell’Enigma di Omero, del maestro bolognese Bartolomeo Passerotti (1529-1592). Presto l’opera verrà esposta nelle nuove sale dedicate alla pittura del XVI secolo, di prossima apertura. L’enigma di Omero, scomparso dai radar degli studiosi e degli storici dell’arte, era noto esclusivamente attraverso le descrizioni di alcune fonti storiche e alcuni disegni preparatori.

Il primo biografo del Passerotti è Raffaello Borghini, secondo il quale il quadro si trovava nel palazzo del letterato fiorentino Giovanni Battista Deti (1539-1607), collezionista e dilettante d’arte, nonché membro fondatore dell’Accademia della Crusca col soprannome di Sollo e autore, fra gli altri, del primo Vocabolario della Crusca. Nel 1677 Giovanni Cinelli ricorda il dipinto nel palazzo di famiglia del senatore fiorentino Carlo Torrigiani (1616-1684) in via Porta Rossa in casa, senza tuttavia riconoscervi la descrizione del Borghini e addirittura confondendo il soggetto rappresentato: un quadro “entrovi un Orfeo, che con la lira in mano trae alla riva dal mare una nave con cinque figure dentro, rapite dalla dolcezza ed armonia di quel suono, opera molto vaga”. Quindi dell’opera si smarriscono le tracce: negli studi moderni sul Passerotti, L’enigma di Omero era segnalato come perduto. Almeno fino a oggi, quando il quadro è stato rintracciato proprio presso la famiglia dei discendenti di Carlo Torrigiani.

IL SOGGETTO DELL’ENIGMA

La scelta del tema rientra nella fortuna del mito omerico nella seconda metà del Cinquecento, testimoniata da grandi cicli di affreschi come quello di Giorgio Vasari e Giovanni Stradano in Palazzo Vecchio a Firenze, o ancora dalla decorazione di Pellegrino Tibaldi in Palazzo Poggi a Bologna. L’episodio dell’enigma di Omero, più raro rispetto alle scene tratte dall’Iliade e dall’Odissea, è riportato nelle edizioni in greco della Vita Homeri dello Pseudo-Plutarco, più volte stampate nel corso del Cinquecento. Vi si narra che Omero, mentre si trovava sull’isola di Ios, sedendo su una roccia in riva al mare vide arrivare una nave di pescatori, cui chiese se avessero fatto buona pesca. Gli uomini, che non avevano pescato nulla ed erano intenti a spidocchiarsi, risposero con questo enigma: “Quel che abbiamo preso, lo abbiamo lasciato, quel che non abbiamo preso, lo abbiamo tenuto”. La risposta all’indovinello era: i pidocchi, alludendo da una parte a quelli che erano riusciti a eliminare e gettare in mare, dall’altra a quelli che non erano riusciti a togliere e portavano ancora addosso. Secondo il racconto dello Pseudo-Plutarco, Omero si arrovellò a tal punto sull’indovinello, senza venirne a capo, che ne morì.


UN LIBRO DEDICATO ALL’OPERA

L’opera è stata presentata nell’Auditorium Vasari del museo, insieme a un libro monografico ad essa dedicato e pubblicato dagli Uffizi, da Eike Schmidt, direttore delle Gallerie, Daniele Benati, professore ordinario di Storia dell’arte moderna e Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Storici Artistici dell’ateneo bolognese, e dagli autori; all’iniziativa hanno preso parte anche il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e, in collegamento da Bologna, l’assessore regionale alla Cultura dell’Emilia Romagna Mauro Felicori. “Il ritrovamento di questo dipinto è di tale importanza che, nell’occasione della sua acquisizione da parte delle Gallerie- ha detto Schmidt- a esso è stato appositamente dedicato un libro, che presentiamo oggi insieme al dipinto. Se l’acquisto di un’opera ricordata nelle più antiche guide di Firenze è di per sé un intervento teso a proteggere il nostro patrimonio dalla dispersione, il volume è un’ulteriore prova dell’intensa attività di ricerca promossa dal museo”.

CULTURA PONTE TRA EMILIA-ROMAGNA E TOSCANA

“Ringrazio a nome della Regione la Galleria degli Uffizi per questa importante acquisizione– questa la dichiarazione del presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini– che dà lustro alla tradizione artistica dell’Emilia-Romagna. Inoltre, conferma il grande rapporto di collaborazione tra le nostre realtà, che culminerà quest’anno nelle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante. Un segnale concreto di fiducia e speranza in un periodo così drammatico per l’intero comparto della cultura, che vogliamo continuare a sostenere come ambito fondamentale delle nostre comunità”.

“È un momento molto importante perché è la testimonianza di una Galleria degli Uffizi che diventa sempre più fonte di novità e di prospettive. L’acquisizione delle opere è compito precipuo della Galleria e del prestigio mondiale che esprime. Per noi oggi la cultura è un ponte tra la Toscana e l’Emilia-Romagna” ha detto il presidente della Toscana Eugenio Giani. “Il rapporto stretto che attraverso gli Appennini vive tra Firenze e Bologna e la Toscana e l’Emilia-Romagna è anticipato dal direttore delle Gallerie, Eike Schmidt”, ha detto infine Giani. L’acquisizione del dipinto “è un altro piccolo passo dell’avvicinamento tra l’Emilia Romagna e la Toscana che deve esserci anche nel mondo della cultura- ha aggiunto l’assessore alla Cultura dell’Emilia-Romagna, Mauro Felicori-. Se sapremo lavorare insieme credo che tra queste due Regioni così importanti e stabili politicamente si possano fare piani anche di lungo periodo”.

Per il presidente delle Regione Toscana, Eugenio Giani, “l’acquisto di questo importantissimo dipinto di Bartolomeo Passerotti dà il senso di una Galleria degli Uffizi che si allarga sempre di più. Da un lato l’obiettivo è sviluppare il progetto degli Uffizi in Toscana con l’esposizione delle sue opere in immobili di grande pregio, che diffondono il senso di attrazione verso la collezione in tutta la regione; dall’altro, quello di sviluppare l’illustrazione di un panorama di artisti italiano di assoluto significato e grandissimo prestigio, come testimonia questa acquisizione del pittore bolognese”. ‘Il pittore, il poeta e i pidocchi. Bartolomeo Passerotti e l’Omero di Giovan Battista Deti’ è il titolo del volume monografico che contiene interventi di diversi studiosi ed è curato da Marzia Faietti.

BARTOLOMEO PASSEROTTI (BOLOGNA, 1529-1592)

Bartolomeo Passerotti si formò tra Bologna e Roma, dapprima al seguito di Iacopo Barozzi detto il Vignola, poi con il coetaneo Taddeo Zuccari. Nell’Urbe approfondì il disegno dall’antico e si perfezionò nelle incisioni ad acquaforte. Rientrato stabilmente a Bologna prima del 1560, si dedicò all’esecuzione di grandi pale d’altare in cui elementi della pittura nordica si univano a caratteri di stile tipici del Manierismo romano e, soprattutto, delle opere modenesi del Correggio. Particolarmente celebre fu la sua attività di ritrattista, che gli valse numerose commissioni da parte dei personaggi celebri e influenti. Gli interessi naturalistici del Passerotti e lo studio assiduo dal vero, stimolato dall’amicizia col celebre botanico e entomologo Ulisse Aldrovandi, fecero dell’artista una figura fondamentale per la formazione dei Carracci e per la nascita della grande pittura bolognese della fine del Cinquecento e dell’inizio del Seicento.

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