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Morte Raffaele Cutolo, Maresca: “Preferisco onorare le sue vittime”

"Mi piace ricordare a tutti noi che la nostra legislazione antimafia è stata scritta col sangue di queste persone", dichiara il sostituto procuratore di Napoli

Pubblicato:18-02-2021 13:18
Ultimo aggiornamento:18-02-2021 15:09

catello maresca
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NAPOLI – “Da cristiano mi auguro che sia riuscito ad ottenere il perdono di tutti i familiari delle vittime cadute per le sue drammatiche decisioni criminali, a partire dal barbaro assassinio di Giuseppe Salvia, il vicedirettore del carcere di Poggioreale. Il dottor Salvia è un simbolo, un esempio, per quanti in questo Paese servono lo Stato tenendo sempre la schiena dritta. Salvia si scontrò direttamente con Raffaele Cutolo, perché pretese al rientro da un’udienza in un processo, che il boss di Ottaviano fosse perquisito, come prescritto dal regolamento. Anzi Salvia perquisì personalmente Cutolo. Decisione che pagò con la vita in un agguato, ordinato da Cutolo, sulla tangenziale di Napoli. Anche oggi nel commentare la morte di un camorrista che ha sporcato l’immagine di Napoli e di Ottaviano, preferisco ricordare ed onorare le vittime innocenti delle mafie”.
Così Catello Maresca, sostituto procuratore generale presso la Corte di Napoli.

“Lo Stato con Cutolo – ricorda il magistrato – ha mostrato, dopo pagine opache ed inquietanti anche di presunti accordi, di essere diventato autorevole mettendolo in carcere al 41 bis e riducendone al lumicino la sua potenzialità criminale. Ecco, con la morte di Cutolo, oltre ad onorare le vittime innocenti di mafia, mi piace ricordare a tutti noi che la nostra legislazione antimafia è stata scritta col sangue di queste persone. Onorarle – ancora Maresca – significa mantenere in vita in maniera seria norme come il 41 bis e altre che consentono alla magistratura e alle forze di polizia giudiziaria di eradicare il fenomeno mafioso. Perché la mafia non si deve contrastare ma recidere come si fa con un cancro. È questione di volontà politica. Come è questione di volontà politica la certezza e la dignità della pena che deve tendere alla rieducazione del detenuto ed assicurare – conclude – condizioni dignitose di espiazione a tutti”.


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