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Migranti, Msf: “Confine Messico-Usa non cambia, nel 2021 un milione di deportati”

"Nel 2021 le autorità di frontiera degli Usa hanno registrato 1,8 milioni di 'contatti' con migranti che cercavano di varcare in modo non regolare il confine, circa il doppio del 2020"

Pubblicato:18-01-2022 18:21
Ultimo aggiornamento:18-01-2022 18:21
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ROMA – Per i migranti la situazione al confine tra Messico e Stati Uniti non è cambiata, nonostante la presidenza di Joe Biden e le speranze che questa portava con sè, e nuove disposizioni stanno rendendo ancora più difficile l’accesso al diritto di asilo. Circa un milione di persone sono state deportate dalla frontiera nel 2021 e in centinaia di migliaia restano alla mercè di trafficanti e criminalità nei pressi del Rio Grande e in tutto il territorio dell’America Centrale. E’ l’istantanea fornita ai giornalisti da Silvia Dallatomasina, medico chirurgo responsabile delle operazioni di Medici senza frontiere (Msf) in Messico e in tutta la regione. L’occasione è stata una videconferenza con la stampa organizzata da Città del Messico.

Dallatomasina, che ha ricordato che la rotta che dal Sud e dal Centro America porta agli Stati Uniti è “la più trafficata a livello mondiale”, ha denunciato l’impatto negativo di due politiche introdotte dall’amministrazione dell’ex presidente Donald Trump ma reintrodotte, nonostante le iniziale critiche e denunce, anche dal governo a guida Biden. Si tratta del Migrant Protection Protocols (Mpp) e del Titolo 42.

Il primo provvedimento implica che i richiedenti asilo che arrivano negli Usa vengano trasferiti in Messico per aspettare lì l’esito della loro richiesta di protezione mentre il secondo, come ha sottolineato Dallatomasina, comporta “l’espulsione diretta dei migranti senza la possibilità di presentare domanda di asilo sulla base di rischi per la salute pubblica conessi alla pandemia di Covid-19″. Una legge quindi, ha denunciato la responsabile della ong, “che viola appunto il diritto all’asilo e che è anche senza fondamento dal punto di vista sanitario”.


Le dottoressa ha fornito anche alcuni numeri del fenomeno. “Nel 2021 le autorità di frontiera degli Usa hanno registrato 1,8 milioni di ‘contatti’, come loro li definiscono, con migranti che cercavano di varcare in modo non regolare il confine, circa il doppio del 2020, e hanno deportato un milione di persone”, ha detto Dallatomasina. L’anno scorso inoltre, l’United States Immigration and Customs Enforcement (Ice) ha anche effettuato “il 5% in più di voli di rimpatrio, con 19 diversi Paesi di destinazione”, ha aggiunto la rappresentante di Msf.

Dallatomasina ha anche evidenziato che le situazioni di complessità “non si verificano solo alla frontiera nord del Messico ma anche in quella meridionale, che è stata pesantemente militarizzata, e lungo tutto il percorso che porta al confine con gli Usa“. Al punto, ha proseguito, che la ong “ha aperto dei progetti anche in Honduras, Guatemala e Panama”. Proprio al confine tra quest’ultimo Paese e la Colombia, all’altezza della foresta di Darièn, “si sta verificando un’altra crisi, acuita dalla crescita del flusso migratorio che è seguito alla riapertura delle frontiere che ha segnato la prima fase della pandemia anche in Sudamerica”.

In quell’area i migranti “sono solo all’inizio del viaggio e già si trovano ad affrontare una selva pericolosa, alla mercè di estorsioni, violenze e stupri sia della criminalità comune che di quella organizzata”. Scenari, questi, che si ripetono lungo tutta la rotta e che rendono necessario l’intervento di Msf. “Nel 2021 abbiamo effettuato 16mila consulti di tipo medico e 8mila per quanto riguarda la salute mentale, oltre a occuparci di tutta una serie di questioni sociali legate all’identificazione dei migranti che presentano particolari vulnerabilità”, riferisce Dallatomasina.

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