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Processo Condor, Chomsky: “Sentenza sorprendente”. La delusione del Pm Capaldo e del vicepres. Sendic

ROMA - "Simpatizzo facilmente con la reazione dei

Pubblicato:18-01-2017 17:38
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:48

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ROMA – “Simpatizzo facilmente con la reazione dei familiari delle vittime, secondo cui ‘non è stata fatta giustizia’, e sul fatto che questa sentenza, “seppur incredibilmente tardiva rispetto all’epoca dei fatti”, non sia una risposta “sufficiente rispetto all’enormità dei reati commessi”. A parlare è Noam Chomsky, linguista, storico e politico statunitense, contattato dall’agenzia DIRE all’indomani della sentenza del processo italiano che ha messo alla sbarra 33 responsabili dei desaparecidos sudamericani.

La sentenza ha stabilito 8 ergastoli e 19 assoluzioni piene – 5 imputati sono nel frattempo deceduti. Chomsky negli anni Settanta collaborò con il Tribunale Russel II sulla repressione in America latina. Fondato e presieduto da Lelio Basso nel 1973, il Tribunale arrivò a dimostrare l’esistenza del ‘Plan Condor’, il progetto di eliminazione sistematica degli oppositori politici diretto dalle giunte militari sudamericane insieme alla Cia, elaborato per tenere il sub continente lontano dall’influenza sovietica.


Secondo Noam Chomsky, se da una parte tale pronunciamento “rappresenta pur sempre qualcosa”, dall’altro resta la “sorpresa” per il fatto che “non sia stato menzionato il ruolo degli Stati Uniti”. E questo nonostante il fatto che “nessuno ha mai messo seriamente in dubbio che gli Stati Uniti fossero al corrente” di quanto stesse avvenendo in quei paesi, “e che abbiano acconsentito ai crimini commessi dal quella rete terroristica di stato”.

A confermare tale connivenza, ricorda lo storico, “ci sono i verbali della conversazione – racchiusa in un memorandum di 13 pagine – avvenuta tra l’allora Segretario di Stato americano Henry Kissinger e il ministro degli Esteri argentino Augusto Guzzetti nel 1976, insieme ad altri documenti interni agli Stati Uniti”.



PM CAPALDO: SENTENZA IN PARTE DIVERSA DA ASPETTATIVE

E’ una sentenza e come tale va rispettata“. Questo il commento rilasciato all’agenzia DIRE da Giancarlo Capaldo, Pubblico Ministero nell’ambito del processo Condor, procedimento giudiziario italiano per far luce su 42 ‘desaparecidos’ latinoamericani all’epoca delle dittature degli anni Settanta e Ottanta.

Ieri, nell’Aula Bunker del carcere di Rebibbia di Roma, i giudici hanno letto la sentenza dopo 2 anni di udienze: dei 28 imputati, 19 sono stati assolti, per gli altri 8 è stato disposto il carcere a vita. “Per valutare tutti gli aspetti di questa sentenza sul piano tecnico-giuridico- prosegue Capaldo- bisognerà comunque attendere le motivazioni, che la Corte stendera’ nei prossimi mesi”. Solo allora “la Procura potrà valutare se è il caso di impugnare la sentenza e ricorrere in appello”.

La decisione- evidenzia ancora il Pm- è stata leggermente diversa da quella avanzata dall’Ufficio del Pubblico ministero, in quanto la Corte ha assolto, seppur per ‘insufficienza di prove’, alcune persone da reati di cui la Procura invece aveva valutato la colpevolezza”.

Tuttavia nel complesso l’esito di ieri “ci soddisfa, poiché questa sentenza ha affermato delle cose molto importanti“. Prima di tutto, spiega il Pm Capaldo, “l’esistenza del ‘Plan Condor’, come piano di sistematica eliminazione degli oppositori politici del Sud America grazie a un accordo tra i vari Paesi. Grazie alle condanne poi siamo riusciti a provare le responsabilità degli alti vertici delle giunte militari di allora su alcuni omicidi avvenuti in Cile, Argentina e Uruguay. Anche l’impianto accusatorio complessivo conferma la responsabilità integrata tra i vari paesi e le diverse giunte militari di quegli anni. Quindi- conclude- possiamo considerarlo un passo avanti importante per far entrare nella cultura storica e giuridica anche dell’Italia quegli eventi di tanti anni fa, che rappresentano sempre una macchia per l’intera umanità”.



VICEPRES. SENDIC (URUGUAY): SENTENZA DELUDE, ANDIAMO IN APPELLO

C’e’ delusione invece nelle parole del vicepresidente dell’Uruguay Raùl Sendic, intervistato dall’agenzia DIRE stamani.”La sentenza di ieri per noi è stata una sorpresa, dopo anni di presentazione di documenti, materiali e testimonianze, non era quello che ci aspettavamo e non la condividiamo. Tuttavia la rispetteremo, perché nel mio Paese rispettiamo il principio della divisione dei poteri“.

Il vicepresidente è giunto a Roma per assistere ieri alla lettura della sentenza del processo italiano contro 28 imputati – di cui ben 19 sono stati completamente assolti – per l’uccisione di oltre 40 oppositori politici all’epoca delle dittature in Sud America. Tra loro anche 22 persone di nazionalità italiana, circostanza che ha permesso all’Italia di avviare un procedimento penale, unico paese europeo finora ad averlo fatto. E l’Uruguay, da parte sua, è il solo paese latinoamericano ad essersi presentato parte civile.

Ora, prosegue il rappresentante di Montevideo, “crediamo nella fase di appello. In generale ci resta una visione positiva per il buon lavoro di cooperazione svolto dall’Italia e dall’Uruguay, nonché la serenità e la tranquillità di aver lavorato al meglio”. Il fatto che un processo di questo tipo abbia avuto luogo in Italia “dipende dal forte vincolo immigratorio che lega l’Italia al nostro Paese, sia per quanto riguarda le vittime che gli imputati di questo processo”, afferma in conclusione il vicepresidente Sendic.

di Alessandra Fabbretti


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