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La sorella di Padre Dall’Oglio: “Auguri Paolo, e ora riapriamo le indagini”

Il religioso, oggi 69 anni, venne rapito dall'Isis nel 2013. La sorella: "La speranza di riabbracciarlo è fondata"

Pubblicato:17-11-2023 16:02
Ultimo aggiornamento:17-11-2023 16:05
Autore:

paolo e francesca dall'oglio
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ROMA – “Oggi mio fratello Paolo compie 69 anni. Ricordare il suo compleanno ci porta a confrontarci col bisogno impellente di verità e di poterlo riabbracciare“. Con l’agenzia Dire parla Francesca Dall’Oglio, sorella di padre Paolo Dall’Oglio, il missionario romano rapito a Raqqa, in Siria, nell’estate del 2013, presumibilmente da un gruppo armato che sarebbe poi diventato parte dello Stato islamico (Isis). Da allora si è persa ogni traccia del gesuita, che nel Paese arabo aveva rifondato il monastero di Mar Musa attraverso cui lavorava a ricostruire dialogo e senso di comunità tra cristiani e musulmani. Un messaggio che, secondo la sorella, “resta di grandissima attualità, visto il tragico momento che attraversa il Medio Oriente”.

Con la sorella Immacolata, Francesca Dall’Oglio non solo aspetta notizie del fratello, ma grazie al patrocinio dell’avvocato Filippo Andreoli ha presentato ricorso contro la decisione della Procura di Roma di archiviare l’inchiesta per sequestro di persone per padre Paolo. Un ricorso che di recente i giudici hanno dichiarato “non inammissibile”.

“Questo è stato un primo passo importante” dice Francesca Dall’Oglio, “e il secondo segnale di disponibilità che abbiamo ricevuto dalla magistratura italiana è arrivato in questi giorni“.


Si è infatti tenuta l’8 novembre l’udienza per l’esame del ricorso: “La giudice ha ascoltato con attenzione le nostre motivazioni e si è riservata di rispondere nelle prossime settimane“.

Quella di riabbracciare il gesuita, secondo le due sorelle, “è una speranza che ha dei fondamenti. In questi anni abbiamo continuato a cercare notizie ovunque” riferisce Francesca. “Dopo aver letto il fascicolo del magistrato che ha deciso di archiviare le indagini su Paolo, unito anche a indiscrezioni contenute nel fascicolo pubblicato sui principali giornali italiani, mi sono fatta l’idea che non sia realistica la tesi secondo cui Paolo sarebbe stato ucciso dai fratelli Kassab nei giorni successivi al sequestro“.
Francesca Dall’Oglio prosegue: “Mio fratello potrebbe sicuramente essere stato ucciso in questi anni, o potrebbe aver perso la vita per cause naturali nelle prigioni del regime del presidente siriano Assad. Ma questo non potremo mai saperlo finché il caso non sarà riaperto e non saranno fatte indagini appropriate“.

Francesca Dall’Oglio cita alcuni elementi importanti a cui ha lavorato in prima persona: “L’8 novembre, nella memoria che ho presentato in tribunale, ho elencato ipotesi che sarebbe importante verificare. Ne sottolineo una: un gruppo di avvocati liberi siriani che ha sede in Olanda, e che continua a lavorare anche in Siria, ha avuto notizie che Paolo sarebbe prigioniero nelle carceri del regime, dopo uno scambio che sarebbe avvenuto nel 2020″.

La sorella del religioso cita poi altre notizie che farebbero “cadere in contraddizione la tesi dell’omicidio da parte dei Kassab“. Francesca Dall’Oglio continua: “Un testimone con cui ho parlato – e che è ancora vivo e risiede all’estero – ha raccontato che nel 2014 mio fratello sarebbe stato interrogato dagli uomini dell’Isis al ‘Punto 11’, ossia una prigione di Raqqa. In quell’anno anche questa persona era detenuta in quell’edificio, e mi ha riferito di aver chiesto ai suoi carcerieri espressamente notizie di Paolo e di altri detenuti che conosceva”.

Tali elementi “ci danno speranza”, un sentimento che secondo Francesca Dall’Oglio “è suffragato anche dalle dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni del 29 luglio scorso, in occasione del decimo anniversario dal sequestro. Quel giorno la permier, cito testualmente, ha detto che ‘la speranza di riabbracciare padre Paolo non si è mai spenta’ e ‘si rinnova il massimo impegno dell’Italia di riportarlo a casa’”.

Di aiuto, conclude Dall’Oglio, anche la recente decisione della Francia di spiccare un mandato d’arresto internazionale contro il presidente Bashar Al-Assad per il presunto uso di armi chimiche contro i civili nell’ambito della guerra scoppiata nel 2011. “È fondamentale”, sottolinea la sorella del gesuita, “che sia l’occasione di avere notizie sulle migliaia di detenuti presenti nelle carceri siriane, in particolare quelli arrestati durante la rivoluzione del 2011, e su coloro che sono deceduti”.

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