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Facebook conferma 20 esuberi, no dei sindacati

"Colpiti lavoratori con professionalità alte, acquisite da altre grandi multinazionali attraverso costosi percorsi di recruiting"

Pubblicato:17-11-2022 17:54
Ultimo aggiornamento:17-11-2022 17:54

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“Ritiro della procedura, o diminuzione drastica dei licenziamenti”. Entra nel vivo e si inasprisce la vertenza Facebook, dopo l’annuncio del gigante digitale di una ventina di esuberi nella sede milanese che ospita 130 dipendenti. Oggi, informano Roberto Brambilla di Filcams-Cgil, Massimiliano Genova di Fisascat-Cisl e Bruno Pilo di Uillucs-Uil, c’è stato il primo confronto tra le organizzazioni sindacali e Facebook Italia relativo alla procedura di licenziamento collettivo attivato dal gruppo Meta. “Non riteniamo accettabile sentirci dire che l’azienda guarda al futuro e alla sua sostenibilità e che questo futuro venga pagato delle famiglie dei lavoratori importati”. Nelle prossime settimane si terranno altri incontri oltre a delle assemblee sindacali per decidere “quali strategie mettere in campo”. Il quadro emerso questa mattina “non può che confermare le nostre preoccupazioni”, continuano le sigle: “Non una crisi aziendale ma la ‘necessità’ di contenere costi su dipartimenti ritenuti meno profittevoli spostando i futuri investimenti a favore di altri ritenuti strategici (su tutti il metaverso)”. L’abbattimento del costo del lavoro, in Italia del 17%, è superiore a quello europeo che si assesta al 13%.

BRAMBILLA (FILCAMS)-GENOVA (FISASCAT)-PILO (UILLUCS): COLPITE ALTE PROFESSIONALITA’

Gli esuberi, secondo Brambilla, Genova e Pilo, andrebbero a colpire lavoratori “con professionalità alte, acquisite da altre grandi multinazionali attraverso costosi percorsi di recruiting, in molti casi con richiesta di rientro in Italia dall’estero che ora si vedono, in un momento di forte crisi del comparto dell’economia digitale e immateriale a rischio di perdita del posto di lavoro”. La dirigenza di Facebook avrebbe anche addotto “l’agguerrita competizione nel mercato delle ‘piattaforme’, dall’altra un calo dei proventi pubblicitari, dall’altra ancora la scelta legittima degli utenti di limitare la tracciabilità dei loro dati come motivazione per poter procedere con dei licenziamenti”. Motivazioni che i sindacati respingono.


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