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Oltre il 40% dei detenuti, compresi i minori, fa uso di psicofarmaci

Il direttore dell'Istituto penale minorile di Nisida: “Non è un fenomeno legato alla detenzione, dietro c’è un bisogno inascoltato”

Pubblicato:17-11-2022 17:04
Ultimo aggiornamento:17-11-2022 17:40

Gianluca Guida
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“Oltre il 40% delle persone detenute (compresi i minori) fa uso di psicofarmaci. La risposta che solitamente viene data è che la condizione detentiva stessa porta a fare uso di questi farmaci. In realtà, ascoltando le storie raccontate dai ragazzi, viene fuori che l’utilizzo dello psicofarmaco è un’esperienza che hanno fatto già in età infantile. E’ una prassi estremamente diffusa ma è un tema che non ci deve allarmare come fenomeno in quanto tale, piuttosto ci deve allarmare il bisogno che è sotteso dietro a questa prassi”. Lo ha detto Gianluca Guida, direttore dell’Istituto penale minorile di Nisida (NA), intervenendo nel corso dell’evento ‘Riscoprire il futuro. Diritti, responsabilità e percorsi nel sistema penale minorile’ organizzato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia in programma domenica 20 novembre.

“Abbiamo sempre più ragazzi che cercano di sedare le loro emozioni, di nascondersi rispetto alle loro responsabilità e trovano formule diverse per dare soddisfazione a questi bisogni- continua Guida- molto spesso l’esasperazione di queste formule porta ad adottare atteggiamenti devianti che ricadono anche in comportamenti criminali”.

L’ESPERIENZA DI DEVIANZA NASCE DA UN BISOGNO DI ESSERE ASCOLTATI

Per Guida “se non prendiamo coscienza che l’esperienza di devianza di questi ragazzi nasce da un bisogno primordiale che è quello di essere ascoltati, soprattutto nelle loro paure, nelle loro difficoltà, anche talvolta nella loro inidoneità ad affrontare le sfide che gli sono state poste davanti– evidenzia il direttore dell’Istituto penale minorile- non riusciremo a risolvere alla radice le condizioni che hanno generato la devianza e quindi non riusciremo a dare alla società una risposta. Quel bisogno di sicurezza che la società si aspetta dalla pena e dal carcere non potrà sicuramente essere assecondato se non riusciremo a dare risposta a questi bisogni primordiali”.


COME DARE RISPOSTE?

“Il primo strumento- continua Guida- è quello di mettersi all’ascolto dei ragazzi, ossia dargli la possibilità di avere una relazione che possa essere costruttiva e di fiducia. Poi dovremo aiutarli a riconoscere negli altri la possibilità di costruire relazioni che nutrano. Questo- evidenzia Guida- è uno dei temi che ritorna spesso nelle storie dei nostri ragazzi: l’aver avuto contatto con persone, nell’ambito familiare o sociale, che hanno in qualche modo violato la loro identità che non hanno aiutato i loro percorsi di crescita. Dobbiamo permettergli di riconoscere il valore delle relazioni e soprattutto il valore di quelle relazioni che consentono a ciascuno di noi di potenziare le proprie capacità e di riconoscere la propria forza interiore”.

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