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REGGIO EMILIA – Secondo una recente ricerca condotta da Nomisma per l’Osservatorio Cirfood district, intitolata ‘Percezione del servizio di refezione scolastica da parte delle famiglie italiane’, il servizio di refezione viene apprezzato nel 72% dei casi e tale grado di soddisfazione è attribuibile, in generale, alla varietà dei menu proposti (36%) che includono opzioni salutari ed equilibrate, alla sostenibilità dei piatti offerti (27%), all’efficienza del servizio (31%) e al ruolo cruciale che la ristorazione scolastica svolge non solo dal punto di vista nutrizionale, ma anche sociale, contribuendo alla crescita e al benessere dei giovani.
“Quando si pensa al rientro in classe, spesso, non si tiene in considerazione che tornare tra i banchi significa anche tornare ad usufruire di un servizio imprescindibile per la crescita, nutrizionale e sociale, dei più giovani come quello della ristorazione scolastica. Da diversi anni, in Cirfood, ci interroghiamo sulla percezione che le famiglie italiane hanno del servizio con l’obiettivo di migliorarlo e adattarlo, sempre di più, alle necessità degli adulti di domani”, commenta Daniela Fabbi, direttore Comunicazione e Marketing Cirfood, che prosegue: “Attraverso il cibo, non solo si apprendono corrette e sane abitudini alimentari e di consumo, ma anche i valori connessi alla ricchezza della pluralità culturale e all’importanza della socialità. Inoltre, questo servizio, per le famiglie, rappresenta un fondamentale supporto nella gestione della vita famigliare”.
Per più di otto famiglie su 10 il servizio nelle scuole ha una valenza maggiore. I genitori intervistati considerano, infatti, la mensa come un importante momento per la socializzazione (94%), uno spazio per promuovere l’inclusione, capace di ridurre le disparità (89%), contribuire a una nutrizione sana ed equilibrata (89%) e un’occasione per accedere ad un pasto equilibrato ad un prezzo accessibile per tutti (89%). Ma i benefici proseguono. Il servizio, secondo quanto emerge dalla ricerca, incide sulla riduzione della povertà alimentare (85%) e permette una migliore gestione della vita famigliare quotidiana (88%).
Il pasto a scuola, inoltre, viene riconosciuto come il momento ideale per affrontare tematiche importanti, come le buone pratiche per ridurre il proprio impatto sull’ambiente (raccolta differenziata, sprechi alimentari). Fondamentale, infine, il supporto alla prevenzione dei disturbi da comportamento alimentare (rilevato dall’85% degli intervistati). Oltre alla percezione delle famiglie nei confronti del servizio di refezione, la ricerca di Nomisma indaga le differenze che intercorrono tra le abitudini alimentari a casa e a scuola mettendo in luce il vissuto quotidiano. Se da un lato, il pranzo a scuola rappresenta per molti studenti e studentesse un’occasione per mangiare alimenti che a casa consumano meno frequentemente, come zuppe, creme vegetali e minestrone (26%), legumi (24%) e verdura (21%), al contrario, in casa le abitudini tendono a cambiare, dando più spazio a cibi come hamburger, pizza, formaggi, snack e dolciumi. Il 32% delle famiglie, inoltre, afferma di mangiare fuori casa almeno due-tre volte a settimana e, con simile frequenza, di ordinare il cibo da asporto (31%).
Nonostante tali tendenze, le famiglie intervistate dimostrano attenzione verso i temi dell’educazione alimentare e verso l’importanza di adottare pratiche quotidiane capaci di contrastare i disturbi della nutrizione. Per questo, ad esempio, il 36% degli intervistati dichiara di preparare porzioni corrette ed equilibrate, di diversificare la dieta alimentare, di adottare un atteggiamento positivo verso l’alimentazione senza demonizzare alcun cibo e coinvolge i figli nella preparazione dei pasti (28%). Questa sensibilità nasce anche da una crescente consapevolezza dei genitori riguardo ai numerosi problemi alimentari che possono insorgere nei giovani in età di sviluppo. Dalla ricerca, infatti, emerge che il 7% delle famiglie intervistate è consapevole che il proprio figlio o figlia soffre di un disturbo alimentare, come bulimia nervosa (32%), disturbo da alimentazione incontrollata (31%) e anoressia (7%).
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