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Lavoro, contratto Ugl riders ‘battuto’: ma la vittoria non esce da Bologna

Riders union Bologna: "Necessario giungere ad una disapplicazione del contratto su tutto il territorio nazionale, con efficacia per i riders di tutta Italia"

Pubblicato:17-07-2021 13:22
Ultimo aggiornamento:17-07-2021 13:22
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BOLOGNA – La pronuncia del giudice del Lavoro di Bologna, Filippo Palladino, che ha ‘smontato’ l’accordo tra Assodelivery e Ugl e ha ordinato alla piattaforma Deliveroo di reintegrare un rider che aveva rifiutato di firmare l’accordo e aveva visto interrompersi la propria collaborazione, sebbene storica, potrebbe restare confinata alla sola circoscrizione del Tribunale bolognese.

Deliveroo, si legge infatti in un post pubblicato su Facebook da Riders Union Bologna, sarà infatti “obbligata a disapplicare il contratto pirata Ugl-Assodelivery, ricalcolando le differenze retributive e ponendo fine alla condotta lesiva della libertà sindacale derivante dalla sua imposizione ai lavoratori e alle lavoratrici”, tuttavia “intende ottemperare a tale obbligo per la sola circoscrizione del Tribunale di Bologna”.

E questa è una decisione “inedita”, che pone una questione giurisprudenziale “che andrà sicuramente approfondita”, commenta Alberto Piccinini, uno dei legali che hanno promosso per conto della Cgil il ricorso accolto dal giudice del Lavoro bolognese. Al momento, dichiara il legale parlando alla ‘Dire’, “non mi sento di dire né che si tratti di una scelta legittima, né che sia illegittima”. Di sicuro, continua, “potrebbe essere uno stimolo a promuovere cause” in altre città, dove magari si potrebbe chiedere a un giudice di stabilire se si possa o meno disapplicare un accordo ‘a macchia di leopardo’, creando quindi una disparità tra i rider su base territoriale, come sembra decisa a fare Deliveroo. Se, quindi, questo tema andrà sviscerato a fondo, nel frattempo, fa poi sapere Piccinini, “noi stiamo monitorando l’applicazione, da parte di Deliveroo, di quanto disposto dal giudice”.


Dopo la vittoria su Deliveroo l’auspicio è che la decisione del Tribunale del Lavoro venga eseguita senza intoppi, anche perché, ricorda Piccini, “di un’eventuale inottemperanza al decreto, che sarebbe un reato”. E se ne “dovrebbe occupare il Tribunale penale”. Chi, invece, sembra non avere dubbi sulla scorrettezza della mossa di Deliveroo è Riders union Bologna. Nel suo post, infatti, la sigla si dice convinta che, “data la natura dell’accordo contestato, che ha avuto la pretesa di autoproclamarsi ‘contratto collettivo nazionale del settore’, sia necessario giungere ad una disapplicazione del contratto su tutto il territorio nazionale, con efficacia per i riders di tutta Italia”.

Parlando alla ‘Dire’, Riccardo Mancuso, il rider reintegrato dice: la strategia della ‘territorialità’ e della ‘contrattualità differenziata’ sul territorio nazionale sembra “ancor più assurda. Già è difficile e contraddittorio sostenere di applicare la modifica di un contratto nazionale solo in un distretto, dato che lo dice la parola stessa ‘nazionale’ che è un contratto pensato per tutti i lavoratori del paese. E poi, dovrebbero spiegarmi come si può modificare e rendere a norma di legge l’app di Deliveroo solo su Bologna. Ovviamente è impossibile. Devono adeguarsi in tutta Italia”.

E per questo Riders union starebbe preparando “altre cause– precisa ancora Mancuso- oltre ad iniziare una campagna di informazione per i fattorini, in modo da far sapere loro che hanno diritto a un rimborso di salario e a fare causa contro un contratto di lavoro ingiusto e illegale”.

Inoltre, si è anche in attesa di una seconda sentenza, prevista per dicembre, sempre per una causa indetta da Mancuso, che ha citato Deliveroo per ottenere la riqualificazione del suo contratto di lavoro, “chiedendo di essere finalmente equiparato a un lavoratore dipendente”. Mancuso è iscritto “alla Union e alla Cgil. Forse è anche per questo mi hanno preso di mira, perchè non sono del sindacato Ugl. Ma l’accordo, comunque, non è rappresentativo di noi riders, come ha stabilito il giudice”. Innanzitutto “siamo considerati- aggiunge- come lavoratori autonomi, mentre siamo a tutti gli effetti parte di un’azienda. E poi c’è la questione salariale. Da contratto dovremmo guadagnare 10 euro l’ora, ma Ugl e Deliveroo hanno stabilito nell’accordo che l’ora scatta e viene conteggiata solo quando siamo in consegna, cioè fra il ristorante e la dimora di chi ordina. Tutto il resto del tempo, in cui stiamo a disposizione per le strade, viene considerato tempo libero e non viene pagato. Alla fine, si tratta di un pagamento a cottimo”. Le cui modalità non sono risultate corrette nemmeno al giudice Palladino “che, infatti- va avanti Mancuso- ha chiarito che noi non siamo lavoratori autonomi e che Deliveroo deve anche cambiare il funzionamento della sua app. Ci vogliono turni di lavoro, garanzie e soprattutto un salario fisso“, allineato con “il contratto nazionale della logistica, perchè la storia del rider che si connette e lavora quando gli pare non regge più, anzi, non è mai stato così”.

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