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VIDEO | Un robot ci farà vivere meglio, Guglielmelli (Ucbm Roma): “Vi spiego I-Rim”

Intervista al professor Eugenio Guglielmelli, prorettore dell'Università Campus Bio-Medico (Ucbm) di Roma e membro fondatore I-Rim.

Pubblicato:17-07-2019 08:40
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:32

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ROMA – Robot e macchine intelligenti a vantaggio del benessere dei cittadini e della società. Oggi tutto questo è realtà. I protagonisti che danno vita alla ricerca e all’industria più visionaria trovano casa nel neonato Istituto di robotica e macchine intelligenti (I-Rim) che vede tra i protagonisti anche quel settore dell’industria più spiccatamente aperto alle tecnologie avanzate. Macchine che rappresentano nelle fasce più fragili della società un importante ausilio fisico alle persone anziane o disabili, o che riducono i pericoli e la fatica nel lavoro. Il vantaggio ulteriore è anche il miglioramento dei processi di produzione di beni materiali e la loro sostenibilità, la sicurezza, l’efficienza e la riduzione dell’impatto ambientale, dal trasporto delle persone a quello dei beni, dal progresso delle tecniche diagnostiche e chirurgiche sono esempi di campi di applicazione e interazione tra l’uomo e queste tecnologie. A spiegare il ruolo essenziale di questi ritrovati nel campo della medicina, della chirurgia e della riabilitazione all’agenzia di stampa Dire è stato il professor Eugenio Guglielmelli, prorettore dell’Università Campus Bio-Medico (Ucbm) di Roma e membro fondatore I-Rim.

– Cosa si studia nel neonato Istituto di robotica e macchine intelligenti?


“L’istituto è nazionale e l’Università Campus Bio-medico fa parte, insieme ad altri, di questa giovane ma importante realtà. Il nostro motto è ‘Dare corpo all’intelligenza artificiale’. Stiamo conoscendo un momento di sviluppo degli algoritmi di software che aiutano a prendere decisioni anche in contesti molto complessi della vita quotidiana. Condividere le informazioni è già prassi, ma dobbiamo abituarci anche a condividere azioni tramite altri dispositivi, come i cellulari ad esempio. Questi scenari comporteranno ulteriori sviluppi nel campo della ricerca e coinvolgeranno i settori dell’industria. Per questo l’I-Rim vuole mettere a sistema tutti gli attori che operano nel campo della robotica, in particolare mi riferisco al mondo della meccanica, dell’elettronica, dell’ingegneria dell’informatica, della sensoristica per estendersi alle discipline di base come la matematica, la fisica e la biologia. L’ulteriore mission dell’Istituto è divenire interlocutore delle istituzioni, del mondo dell’industria, per riuscire come Paese ad avere visibilità sempre maggiore a livello internazionale”. 

– A tal proposito che ruolo svolge la ricerca italiana nel panorama internazionale?

“Uno dei motivi che ha portato alla nascita di questo Istituto, di cui ho l’onore di far parte del Comitato direttivo, presieduto da Antonio Bicchi del Sant’Anna di Pisa, è legato all’alta reputazione che la ricerca italiana ha acquisito nel campo della robotica e delle macchine intelligenti a livello internazionale. I ricercatori e le aziende italiane non hanno nulla da invidiare agli Stati Uniti, al Giappone o alla Germania neanche dal punto di vista della meccatronica e delle macchine per l’automazione, sia in termini di valore industriale che di competitività. L’obiettivo è creare prodotti sempre più capaci di migliorare la qualità della vita in Italia, dove tra l’altro la popolazione è longeva. Questo grazie a una serie di fattori, tra cui un ottimo Ssn, che devono fare comunque i conti con il rischio di cali di autonomia delle persone correlati ad esempio all’invecchiamento della popolazione”.

– In che modo queste macchine intelligenti trovano poi applicazione nel campo medico e della riabilitazione?

“Il campo medico è stato uno dei primi fattori che ha conosciuto uno sviluppo enorme della robotica. Questa branca è nata alla fine degli anni Sessanta ed era piuttosto legata al campo delle automobili, mentre oggi macchine sempre più perfette vengono impiegate nel settore medico. Come Campus Bio-Medico ci stiamo spostando proprio in questa direzione. Nella chirurgia vengono già utilizzati sistemi robotici, ma oggi tali tecnologie stanno entrando sempre più anche nel campo della riabilitazione – sia motoria che cognitiva – allo scopo di assistere sempre di più i pazienti anche una volta tornati a casa. Non a caso l’azienda spin-off del nostro ateneo ha recentemente certificato un prodotto per la riabilitazione dell’arto superiore direttamente a casa del paziente. Gli scenari che si dipanano dunque sono quelli della medicina in mobilità che, insieme alle tecnologie digitali, consentono di condividere i dati sullo stato di salute, sull’aderenza alle terapie da parte dei pazienti”.

– Quali sono i progetti in corso qui all’Università Campus Bio-medico?

“Abbiamo molti progetti attivi nell’ambito della robotica applicata alla medicina. Uno dei principali è svolto in collaborazioni con l’Inail e riguarda soprattutto le interfacce per le protesi di arto superiore che permettono al paziente di controllare il movimento del braccio e restituire al paziente le sensazioni tattili e di posizione del proprio arto nello spazio. Sensazioni che nessuna protesi oggi in commercio riesce a restituire a chi lo indossa. Proprio lo scorso febbraio, all’interno dell’Accademia dei Lincei, abbiamo celebrato un intervento sull’impianto di protesi su un nostro paziente operato 10 anni fa presso il nostro ospedale. Naturalmente l’utilizzo della robotica si estende al trattamento di altre patologie neurodegenerative, come l’ictus. A tal proposito, abbiamo concluso un progetto europeo che ha consentito l’utilizzo di esoscheletri indossabili tarati con diversi tipi di parametri in grado di monitorare anche lo stato di attenzione e di affaticamento del paziente, al fine di assisterlo nel modo più corretto. Queste macchine risultano utili dunque sia nella terapia che nel supporto nelle attività quotidiane. Abbiamo anche concluso un progetto che prevedeva l’uso di un braccio robotico per pazienti allettati e dunque con ridotte abilità motorie. Infine va sottolineato come queste macchine siano state pensate per interagire con il corpo umano, veri e propri sistemi cooperativi che devono condividere l’ambiente di ‘lavoro’ con le persone. Sicuramente questa ricerca che abbiamo sviluppato in campo riabilitativo può essere traslata ai sistemi industriali incrementandone la produttività”.

– Ad ottobre prossimo è in programma la prima conferenza italiana di settore, che si pone l’obiettivo di far incontrare industria, ricerca e mercato. Vuole anticiparci qualcosa?

“Abbiamo deciso che dal 18 al 20 ottobre prossimo, presso la Fiera di Roma, organizzeremo la prima tre giorni della robotica e delle macchine in Italia. Un evento che si svolge in congiunzione con la Maker Faire, manifestazione con una tradizione legata all’innovazione tecnologica. Ci sarà spazio anche per la prima conferenza di robotica e macchine intelligenti che richiamerà esperti di fama che presenteranno i risultati dei loro studi. Mentre nell’area espositiva sono previsti un focus sui robot dedicati alla medicina e altri eventi che si pongono l’obiettivo di far incontrare i giovani laureati e il mondo dell’industria. Vogliamo sottolineare ancora di più il contributo positivo che queste tecnologie offrono al miglioramento della società a costi sostenibili”.

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