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Sbarca a Venezia l’African Summer School

Il corso di Redani: 'Economia come impresa socio-culturale'

Pubblicato:17-07-2018 10:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:23

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ROMA – Offrire a giovani italiani, afrodiscendenti o africani, l’opportunità di realizzare progetti d’impresa per plasmare il proprio futuro, unendo il “sapere al saper fare”, per rilanciare anche le relazioni tra Africa ed Europa. Questa l’idea della African Summer School Italy 2018, giunta alla sua sesta edizione, al via oggi a Venezia.

Il corso, di cinque giorni, promosso dall’Associazione Redani (la Rete della Diaspora Africana Nera in Italia), insieme con l’Associazione Africasfriends e Afroconnessioni – presso il Centro culturale del Card. Urbani, messo a disposizione dal Patriarcato di Venezia – punta a unire gli aspetti culturali a quelli economici, all’interno di un percorso educativo volto a valorizzare l’imprenditorialità e l’iniziativa personale nell’ambito di uno sforzo collettivo “rinascimentale”.

“Offriamo lezioni teoriche e pratiche. L’obiettivo è rappresentare la tappa intermedia di un percorso che l’individuo ha già intrapreso individualmente. Le persone devono arrivare da noi con un’idea in tasca: noi cercheremo di dargli gli strumenti utili a realizzarla”, spiega Fortuna Ekutsu Mambulu, fondatore e direttore dell’African Summer School, all’agenzia ‘Dire’, media partner dell’iniziativa. “Per questo non prevediamo finanziamenti in denaro” continua Mambulu. “Se i giovani hanno un progetto, possiamo aiutarli a trovare finanziatori. Con gli ex-studenti negli anni si sono create ottime relazioni, siamo come una famiglia. Una ragazza diventata imprenditrice ad esempio quest’anno ha offerto una borsa di studio per uno studente”.


Chi si è iscritto a questa sesta edizione? “Si è riconfermata la tendenza ad attirare le donne” risponde il direttore. “Inoltre per la prima volta, la maggior parte degli studenti è afrodiscendente. E il programma consiste in lezioni teoriche sulla filosofia del Rinascimento africano, e in workshop ‘pratici’, come quello sulla scrittura di progetti sociali e di business”. Da segnalare, sottolinea Mambulu, il corso sulla “creatività africana a partire sull’estetica delle acconciature dei capelli. In passato si era sviluppata la tendenza tra le ragazze a usare le parrucche, ma ora si sta tornando ai capelli naturali e alle acconciature tipiche. E’ un modo per lasciarsi alle spalle lo stigma dei capelli ‘brutti perché crespi o radi’, recuperando la propria identità”.

Dopo la conclusione del corso, dice Mambulu, “molti studenti africani realizzano i propri piani nei Paesi d’origine. In Italia, rispetto al resto d’Europa, abbiamo osservato anche un’altra tendenza: oltre ai tanti afrodiscendenti che restano nel nostro Paese, ci sono anche molti italiani che preferiscono l’Africa per investire”. “Vogliamo che i giovani si riapproprino dell’immaginario africano”, spiega sempre alla ‘Dire’ Venance Sinsin, docente responsabile del corso su ‘Rinascimento africano e ricostruzione dell’immaginario. Una lettura a partire dalla filosofia africana contemporanea’. “Non si tratta di recuperare l’identità africana – sottolinea il professore – ma di conoscere il pensiero degli studiosi che hanno contribuito a teorizzarla e da lì elaborare intuizioni nuove per reinventare il futuro”. Secondo Sinsin, infatti, “l’identità non è mai una cosa stabile: si evolve. Come gli europei trovano nella civiltà greco-romana e cristiana elementi comuni, così anche gli africani posseggono un loro patrimonio”. Dei punti di riferimento utili ma, avverte il professore, “non dimentichiamo che l’identità non è chiusa nel passato, serve piuttosto a costruire il futuro”.

Per l’immaginario africano, prosegue Sinsin, “l’afrobusiness è prima di tutto una visione, un processo culturale e filosofico, perché parte da una domanda: quale tipo di imprenditori vogliamo? Noi proponiamo una filosofia dell’economia che considera l’uomo al centro di tutto. Se puntassimo solo a profitto e opportunità d’impresa, torneremmo a quella forma di capitalismo che nel continente ha creato tanti danni. Facciamo quindi in modo che gli studenti si riapproprino delle risorse dell’immaginario africano, per elaborare progetti culturali, oltre che di business”.

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