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L’alto funzionario dell’Onu: “Zaki rischia il carcere fino al 2022 e oltre”

Secondo Brian Dooley "la vicenda non avrà facile soluzione: è importante il ruolo del parlamento italiano"

Pubblicato:17-06-2021 15:55
Ultimo aggiornamento:17-06-2021 15:56

patrick zaki
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BOLOGNA – Per Patrick Zaki “la detenzione cautelare potrebbe durare fino a due anni, quindi potrebbe durare addirittura fino al mese di febbraio del 2022. Ma si teme che le Autorità possano muovere nuove accuse, fondate su nuovi capi d’accusa, richiamando per esempio il riciclaggio e prolungare in tal modo il periodo di carcerazione preventiva”. È lo scenario che ha tratteggiato ieri, giorno del 30esimo compleanno dello studente egiziano dell’Università di Bologna recluso a Il Cairo, da Brian Dooley, alto funzionario dell’Ufficio del Relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, parlando in Senato alla commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani. “Non si tratta purtroppo di una vicenda che avrà facile soluzione”, ha aggiunto.

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L’Ufficio del Relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani realizza due rapporti l’anno esaminando profili determinati che riguardano la violazione dei diritti degli Human Rights Defender. E normalmente vengono fatte visite in loco, ma per via dell’emergenza sanitaria da un po’ questo non è possibile. Il caso di Patrick Zaki viene dunque seguito negli uffici Onu: detenuto da 15 mesi, Dooley ricorda come soffra di mal di schiena, “essendo costretto a dormire sul pavimento” e di asma bronchiale, “ed è quindi più esposto al rischio di contrarre il Covid. , date le condizioni di detenzione, può ricevere il vaccino“. Come “in tutti i casi seguiti dal Relatore speciale delle Nazioni Unite per i difensori dei diritti umani, l’Ufficio è impegnato a tutti i livelli, anche attraverso un’intensa interlocuzione con la società civile, per giungere ad una soluzione positiva” per Zaki, ha sottolineato il funzionario.


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In commissione, la senatrice Michela Montevecchi (M5s) ha ricordato che la comunità internazionale e le Nazioni Unite da molto tempo non effettuano visite in Egitto e quindi ha chiesto se l’Egitto “abbia dato attuazione alle raccomandazioni che sono state presentate in seguito alla procedura di verifica periodica sui diritti umani-UPR del Consiglio dei diritti umani di Ginevra”. Inoltre, a Dooley ha domandato se sia ipotizzabile “un percorso diplomatico che utilizzi gli strumenti messi a disposizione dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 rispetto a Stati firmatari inadempienti”. Dopo di lei, Paola Binetti (Udc) si è detta “sorpresa” dal fatto che “rispetto ad una violazione così grave” le iniziative delle Nazioni Unite “abbiano così scarsa efficacia”.

E qui Dooley ha spiegato che “purtroppo la vicenda di Patrick Zaki non è l’unica né in Egitto né in altre parti del mondo ad interessare Difensori dei diritti umani. Le Agenzie e gli Uffici delle Nazioni Unite collaborano tra loro, ma ogni situazione presenta complessità a sé stanti ed il più delle volte è anche assai difficile mettersi in comunicazione con una persona offesa”. Quella di Zaki non è “purtroppo una vicenda che avrà facile soluzione e proprio per questo l’impegno del Parlamento italiano, in particolare del Senato e di questa commissione diritti umani è di particolare importanza”, ha concluso Dooley.

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