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VIDEO | Ciliberto (Ire Roma): “Conoscenza impatto Covid su paziente oncologico tra qualche tempo”

Intervista a Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell'Istituto Regina Elena-Ifo di Roma per parlare di emergenza Coronavirus, ricerca e sinergie tra ospedali

Pubblicato:17-06-2020 17:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:30

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ROMA – Una lezione fornita dalla pandemia che rimarrà impressa nella memoria di tutti, dai decisori agli economisti fino ai ‘semplici’ cittadini è che il Sistema Sanitario Nazionale, per sua vocazione universalistico, è fondamentale e non merita di essere depauperato di qualche pezzetto ogni anno che passa. Allo stesso modo la ricerca scientifica che è alla base del progresso deve essere indipendente e ben finanziata. Proprio per parlare del valore della ricerca e delle collaborazioni nate con l’emergenza Covid tra i vari ospedali sul territorio nazionale e delle attività di crowdfunding in essere, l’agenzia di stampa Dire ha intervistato Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena-Ifo di Roma.

Si continua a parlare chiaramente molto di Covid. In Europa la situazione si sta normalizzando, ma in altri Paesi del mondo la circolazione del virus è alta. Qual è l’impatto che il virus ha sul paziente oncologico?


“E’ vero che la situazione si sta normalizzando ma dobbiamo stare molto attenti ai focolai che possono riattivarsi, come l’esempio recente che si è verificato nella regione Lazio. Per questo motivo dobbiamo continuare a mantenere le regole del distanziamento sociale. Per quanto riguarda gli effetti sui pazienti oncologici una vera e propria risposta ancora non si può dare. E’ chiaro che c’è stato un lasso di tempo nei mesi di marzo ed aprile in cui molte attività sono state sospese o rallentate, come nel caso delle visite ambulatoriali riattivate da poco. Una metrica precisa dell’impatto del Covid sulla popolazione dei pazienti oncologici la potremo avere soltanto tra qualche tempo e potremo capire se questi rallentamenti hanno portato a conseguenze a medio e lungo termine sulla loro sopravvivenza. Gli ospedali come il nostro, dopo un iniziale momento, hanno ripreso a funzionare a pieno regime mettendo in campo anche delle misure organizzative per rimanere ospedali Covid free, grazie a percorsi tracciati con indicazioni dettagliate per i pazienti e i loro familiari. Inoltre, abbiamo attuato per gli ambulatori un piano di recupero di tutto l’arretrato e in tempi brevi, tra luglio e agosto, contiamo di metterci in pari con tutte le visite slittate a causa dell’emergenza”. 

Molti sono gli studi in cui siete coinvolti, come ad esempio quello toscano sulla plasmaterapia lo ‘Tsunami’. In che modo collaborate al progetto riconosciuto dal Ministero, dall’Iss e da Aifa?

“Sia io che il mio collega al San Gallicano, il professor Aldo Morrone, siamo stati forti sostenitori della plasmaterapia, ci crediamo fortemente. Quando è arrivata la possibilità per il nostro istituto di partecipare al progetto ‘Tsnunami’, abbiamo aderito con molto entusiasmo. Non abbiamo pazienti che hanno avuto il Covid, per questo, per poter partecipare allo studio, tramite il nostro servizio trasfusionale dobbiamo intercettare dei convalescenti. Attraverso una serie di collaborazioni e contatti tra vari ospedali stiamo entrando in contatto con alcuni pazienti convalescenti, che quindi hanno contratto il virus, e abbiamo saggi sierologici per poter misurare il livello di anticorpi. I pazienti che presentano livelli anticorpali molto alti vengono invitati a donare il loro plasma. Siamo in contatto anche con l’ospedale Spallanzani, capofila in Regione di questo studio, perchè le aliquote di plasma devono essere inviate al nosocomio al fine di eseguire tutta una serie di indagini preliminari per qualificare il profilo del donatore. Ora abbiamo i donatori e le sacche di plasma. E’ notizia proprio di ieri che una sacca di plasma di un paziente reclutato da noi è stata inviata al Policlinico Gemelli per poter trattare un paziente. Non conosciamo ancora l’esito del trattamento”. 

Un altro progetto vi trova schierati in campo con l’ospedale Sant’Andrea e con il Vannini per valutare l’alterazione immunologica nel sangue. Ci può spiegare di cosa si tratta e quali sono i risvolti pratici?

“E’ emerso in questi mesi, da numerosi studi condotti all’interno dei centri inizialmente in Cina e poi in Europa, che il Covid-19 altera le funzioni del sistema immunitario. Per poter approfondire tali aspetti è bene capire cosa succede alle cellule che si trovano nel sangue, come linfociti e leucociti, tramite sistemi di analisi avanzate. Il nostro obiettivo è quello di vedere su un piccolo numero di pazienti affetti da Covid se tali alterazioni sono diverse tra coloro che sono affetti anche da un tumore, o che hanno avuto una patologia oncologica in passato, da altri che non presentano altre patologie oltre al Covid-19. Questo ci consentirà di vedere se l’esposizione alla patologia oncologica possa avere ulteriori conseguenze nella risposta immunitaria. Siamo comunque soltanto all’inizio del progetto e non abbiamo ancora raccolto i primi risultati”.

Quanto è importante la ricerca e il suo finanziamento? Penso anche alla campagna di crowdfunding ‘La forza dei più fragili’ promossa dall’istituto e sostenuta dall’agenzia di stampa Dire?

“Il crowdfunding è uno strumento non troppo noto in Italia ma negli altri Paesi, in particolar modo negli Stati Uniti, è abbondantemente usato come strumento per finanziare la ricerca e i donatori. I finanziamenti sono importanti per la ricerca. A tal proposito voglio ringraziare il comitato etico dell’istituto che recentemente ha anche messo a disposizione una piccola cifra per sostenere un ulteriore studio epidemiologico di sierologia che stiamo conducendo in parallelo sui nostri dipendenti e sui nostri pazienti per valutare la sieroprevalenza. In ogni caso la ricerca ha sempre bisogno di essere sostenuta. Siamo molto contenti di aver lanciato questa proposta e speriamo che venga recepita positivamente dalla popolazione”.

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