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Minori, Paolo lontano dalla madre perché “donna troppo aderente alle regole”

SPECIALE MAMME CORAGGIO | Secondo una Ctu Cinzia, portando via Paolo da Catania e da suo padre, avrebbe anteposto a suo figlio la voglia di realizzarsi con il lavoro

Pubblicato:17-06-2020 10:27
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:30
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ROMA – “Domani, 18 giugno, Paolo (nome di fantasia), 12 anni, deve andare dal giudice a dirgli come e’ andata”. E‘ la prossima scadenza giudiziaria, fissata al Tribunale di Catania, che aspetta con ansia e preoccupazione Cinzia (nome di fantasia), sua mamma, che vive a Torino e che vede suo figlio “2 volte al mese”. O almeno questo valeva fino al blocco totale portato dal Covid19 che ha reso possibili solo videochiamate per colmare quei 1500 km di distanza, per una scelta di responsabilita’ della mamma. Cinzia non e’ ‘vittima’ dell’alienazione parentale e dei suoi affini, ma e’ stata definita da una prima CTU del 2016, richiamata poi dal Giudice nel 2018 e che si e’ definitivamente espressa a gennaio 2019 (sempre la stessa specialista), “una madre troppo aderente a regole“, mentre il padre di suo figlio – che non e’ il padre biologico – risulta ‘poco riflessivo, che tende a soddisfare la proprie spinte istintuali, insofferente a norme e regole”.
Ma come e perche’ si arriva a questa consulenza? “Quando chiedo la separazione, dopo 12 anni di matrimonio- ha raccontato a DireDonne- mi trasferisco a Torino per lavorare, sono un’insegnante, ho vinto un concorso a cattedra e sono stata messa in ruolo”. Un trasferimento autorizzato dal Giudice. Cinzia racconta di non avere mai ostacolato i diritti di visita del padre: “Da 4 anni veniva a trovare Paolo 2 volte al mese per i weekend”, nonostante “i servizi sociali avessero chiesto incontri protetti per valutare la modalita’ che il padre utilizza con il figlio e che relazione ha con lui” come si legge in una memoria.
La seconda CTU, chiesta alla stessa psicologa di Catania che ha redatto la prima, stravolge pero’ completamente la vita di Paolo che da 4 anni vive a Torino con la mamma e vede il padre come stabilito dal Tribunale: “Non approfondisce i comportamenti del padre, i messaggi stalkerizzanti a me e gli atteggiamenti tra pretesa e tracotanza verso il figlio che ne e’ intimorito”.

Cinzia rientra tra quelle mamme che vengono definite “ostative”, “il termine e’ stato utilizzato dal giudice nell’ordinanza di settembre 2019- ha raccontato ancora- quando Paolo si e’ opposto per quattro ore con tutte le sue forze ai servizi sociali per il trasferimento, mentre io ero fuori da quella stanza”. I diritti di visita del padre erano anche stati allungati ‘dal venerdi’ al martedi’, padre che e’ arrivato a trattenere il figlio ben oltre le vacanze estive facendogli saltare l’inizio della scuola. Accadeva a settembre 2016 e la prima CTU non ne tenne conto, stava da lui oltre 2 mesi”.

Nel richiamo del 2018 la CTU descrive negativamente la mamma “perche’- ha spiegato Cinzia nel corso dell’intervista- avrei anteposto a mio figlio la voglia di realizzarmi con il lavoro, piuttosto che stare a Catania “dove al bimbo il padre ha costruito un’immagine nostalgica del passato in cui c’era ancora il matrimonio”. A Cinzia le viene chiesto in sostanza di trasferirsi in quella citta’ per fargli vedere sempre il padre. “Il bambino viene descritto sofferente di vivere a Torino e addirittura gli viene diagnosticato un ‘sospetto di spettro autistico’ che la scuola- ha detto sua madre- non ha invece mai riscontrato nulla e nonostante fosse stato richiesto dalla consulente di parte, la CTU non ha mai pensato di venire a verificare la vita di mio figlio a Torino”. La relazione riporta inoltre una “minimizzazione da parte della madre dei disturbi del minore” e riferisce di un bambino che “vorrebbe tornare a Catania”, pur scrivendo esplicitamente il suo contrario ovvero che il “disagio del bambino comunque non muterebbe andando in Sicilia”, ma “sembra – questa la citazione testuale della relazione – per Paolo prioritario rientrare a Catania”, inserendo in aggiunta che “avvicinarsi al padre favorirebbe le sue competenze sociali”.


“MIO FIGLIO NON VOLEVA TRASFERIRSI IN SICILIA”

Ricordiamo, agli atti di questa storia, che dal 2015 Cinzia ha presentato, come ricorda lei stessa “diverse querele nei confronti dell’ex marito: esercizio arbitrario delle proprie ragioni e reintegro per il possesso dall’immobile di cui e’ proprietaria e da cui era stata letteralmente estromessa per anni; furto alle cose con uso di violenza, mancato supporto per il mantenimento del figlio, violenza domestica con citazione presso Procura di Ivrea, mancata esecuzione del provvedimento del giudice”. Questa mamma ha ripercorso quei momenti in cui suo figlio e’ stato portato a Catania, costretto a lasciare lei, lo sport, la scuola e gli amici: “Paolo si e’ arrabbiato. E’ finito in ospedale per una crisi di nervi, resisteva ai servizi sociali perche’ non voleva trasferirsi in Sicilia. Fa pallanuoto a livello agonistico, la scuola non ha mai riscontrato nulla e ora con questa CTU, che abbiamo ricusato, deve essere seguito dal neuropsichiatra, perche’ appunto e’ stato evidenziato questo ‘sospetto dello spettro autistico- come si legge nella relazione della CTU- con strumento TDM-CC che evidenzia un punteggio sotto la media’ e- secondo Cinzia- si tratta di un TSO a tutti gli effetti”.
Paolo e’ stato audito dal giudice “che ha disposto pero’ l’ascolto- ha precisato Cinzia- dopo un soggiorno presso il padre di 4 giorni. Sulla possibilita’ di andare in Sicilia dal padre, ha detto: ‘Si proviamo’ e nella successiva audizione di gennaio, ha aggiunto: ‘La prova sta andando cosi’ e cosi’, proviamo fino a fine scuola’. Secondo Cinzia, Paolo, “che e’ in affido ai servizi sociali da settembre 2019 e’ intimorito dalle pressioni di suo padre, dice di ‘dover essere leale con lui’ che ha sempre voluto che vivesse a Catania”. Sull’ascolto del minore, nelle forme in cui e’ avvenuto, il legale di Cinzia, l’avvocato Andrea Coffari raggiunto dalla Dire, ha spiegato: “Il minore si e’ espresso moderatamente a favore della permanenza a Catania, non ha mai detto di voler andare dal padre e il giudice non ha intercettato il condizionamento del padre sul bambino che invece e’ stato riconosciuto dai servizi sociali”. Nell’incontro preparatorio al trasferimento del bambino a Catania emerge, come da relazione dei servizi sociali, che il bambino ‘non vuole andar via e tornare a Catania. Sono grande, domani lo dico a papa’- ripete il bambino- cosa ci vorra’ mai?’ E i servizi sociali evidenziano ‘preoccupazione per lo stato psico-fisico’ del piccolo. “Altra pecca- ha ribadito l’avvocato Coffari- e’ che per l’ascolto del bambino e’ stata negata l’audioregistrazione che abbiamo richiesto, fatta in modo discreto ovviamente. La buona prassi la prevede e invece non c’e’ cultura di dover dare strumenti oggettivi di valutazione alle parti. I bambini possono essere intimoriti. Questo giudice ha commesso un errore grave: aveva concesso il trasferimento di mamma e bambino a Torino e dopo 4 anni, quando ormai il piccolo si era abituato, per rispondere ad un’esigenza paterna e ad una CTU priva di senso, lo ha ributtato a Catania. Ricordiamo che il padre vedeva normalmente il bambino che al momento del trasferimento ha espresso grandi paure, ha fatto una resistenza drammatica con i servizi sociali. C’e’ una discriminazione contro le donne e i bambini nei Tribunali– ha sottolineato infine Coffari- che grida vendetta e lo vediamo plasticamente rappresentato nel disegno di legge Pillon che e’ il manifesto del peggiore e piu’ volgare maschilismo ottocentesco perche’ protegge persino quei padri che sono accusati di violenza e maltrattamenti”.

Cinzia si prepara a questa prossima udienza e al nuovo ascolto di Paolo con l’angoscia di sapere che “il bambino pur avendo chiare tutte le cose, ha terrore del padre” e come ha detto alla Dire ‘ora e’ pronta a chiarire’, “a mettere a fuoco” con Paolo “la verita’ sulla sua nascita”. Quella che finora era stata detta dallo stesso padre (come riportato nella seconda CTU), “temendo che potesse essere utilizzata dalla madre per allontanargli il bambino” ovvero “che Paolo e’ nato da una fecondazione eterologa fatta in Spagna e che quell’uomo non e’ il suo padre biologico.
Ora ho raccontato tutto a mio figlio dodicenne- ha detto Cinnzia- ora che puo’ capire meglio perche’ e’ giusto che i bambini sappiano”. E’ proprio questo aspetto della fecondazione che la psicoterapeuta Bruna Rucci riporta come elemento cruciale nella relazione pro veritate che parla della decisione del trasferimento del bambino come “adultocentrica” e che riconosce nel comportamento del padre di Paolo la “difficolta’ di non essere il padre biologico”, spiegando come “i padri anagrafici possono riversare atteggiamenti malevoli verso la madre e figlio come un prodotto fallato. Va posto l’accento- riporta la psicoterapeuta nella sua relazione- sull’eccezionalita’ della storia dovuta al fatto che il padre di Paolo non e’ il padre biologico del bambino,e la madre e’ il solo genitore biologico del minore. L’appropriarsi in maniera prepotente di una paternita’ negata puo’ portare a vissuti aggressivi nei confronti della madre biologica, e ambivalenti nei confronti di un figlio che non possiede le proprie caratteristiche genetiche. Anche all’interno di coppie genitoriali unite, i vissuti del padre possono essere connotati da aggressivita’ e malcelato odio verso un bambino che ha la sola mancanza di non essere il figlio, ma di portare il corredo cromosomico di uno sconosciuto. Cio’ puo’ scatenare sentimenti di inferiorita’ nei confronti della madre e del donatore e aggressivita’ verso il piccolo, con gelosie che si basano su insicurezze e complessi di inferiorita’ non risolti e radicarsi un senso frustrato, inquieto e rabbioso di gelosia ed estraneita’. Questo puo’ tradursi in distacco, aggressivita’, severita’ eccessiva ed autoritarismo e causare violenze. Escluso dal rapporto generativo, l’uomo passa facilmente dal sentirsi umiliato, al desiderio di vendetta (sulla moglie o sul ‘figlio’ non suo). La decisione di collocare Paolo presso il padre non ha tenuto in considerazione le istanze potenzialmente disfunzionali e aggressive che la condizione di essere un padre soltanto anagrafico e non biologico avrebbe potuto accentuare nel padre nei confronti del bambino e di rivalsa verso la madre naturale.
La disposizione di allontanare il bambino dalla madre per collocarlo da un padre potenzialmente portatore di tali vissuti pregiudizievoli per una sana crescita psicologica del minore- conclude l’esperta- si e’ rivelata superficiale e pericolosa”.

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