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MILANO – Una macchia rossa può cambiare la vita di una persona: un giorno qualunque, Fabio, ancora giovane e dinamico, si sveglia, va in bagno e vede del sangue nelle urine. Lo nota, ma sembra non dargli troppa attenzione. Esce, ha un appuntamento, ma un semaforo rosso lo blocca e gli fa tornare in mente quel ‘segnale’ che l’ha spaventato e disorientato… All’improvviso capisce che non ha tempo da perdere e decide di cambiare strada. Sono infatti migliaia gli uomini e le donne che ogni anno in Italia ‘vedono rosso’: il sangue nelle urine può essere la spia di un tumore della vescica.
Un segnale importante, spesso sottovalutato per scarsa conoscenza o paura. Una diagnosi precoce consente di intervenire tempestivamente quando il tumore non è ancora aggressivo e di tenere sotto controllo la malattia. Questo è il messaggio raccontato oggi nel prestigioso scenario milanese del cinema Anteo dal video-spot fulcro della campagna di sensibilizzazione e informazione ‘Fermati al rosso- tumore della vescica: un segnale può salvarti la vita’, promossa dall’associazione PaLiNUro – Pazienti Liberi dalle Neoplasie UROteliali, con la sponsorizzazione non condizionante di Astellas e con i patrocini di: Airo (Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica), Auro (Associazione Urologi Italiani), Cipomo (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), Fondazione Aiom (Associazione Italiana Oncologi Medici), Siu (Società Italiana di Urologia), e Siuro, la società Italiana di Urologia Oncologica.
L’iniziativa ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e la sensibilità della popolazione, dei pazienti e dei medici sul tumore della vescica, sull’importanza di non sottovalutare i sintomi e di rivolgersi al medico di famiglia o all’urologo in presenza di campanelli d’allarme. PaLiNUro, come spiega il proprio presidente Edoardo Fiorini, è nata otto anni fa e “in tutto questo tempo – osserva – abbiamo collaborato con l’Ecpc-European Cancer Patient Coalition, con molte società scientifiche e aziende farmaceutiche per sensibilizzare la popolazione”. Questa volta però è diverso, in quanto “siamo noi a parlare e a raccontare quello che è successo a noi pazienti“, in modo tale da mettere in guardia le persone, renderle consapevoli, educarle e sollecitare in loro la reazione e l’azione. Insomma, se vedi il rosso, vai dal medico. Ci sono una serie di sintomi che possono far confondere questa patologia con una semplice cistite, infatti per i medici spesso è difficile capire che ci si trova davanti a una persona con un tumore alla vescica. È chiaro che in una patologia di questo tipo che non prevede alcun tipo di screening e alcun tipo di prevenzione – osserva Fiorini – diventa importantissima la diagnosi precoce“.
Il tumore della vescica, chiamato più propriamente carcinoma uroteliale, è il quinto tumore più diffuso in Italia, il quarto nella popolazione maschile. Colpisce dopo i 50 anni di età, più tra gli uomini ma è in aumento anche tra le donne; sono oltre 25.000 i nuovi casi l’anno e più di 313.000 italiani attualmente convivono con una diagnosi di carcinoma uroteliale. È un tumore subdolo, poco noto, in cui la sintomatologia, caratterizzata da sangue nelle urine (ematuria), stimolo frequente e urgenza di urinare, bruciore, dolore pelvico e dolore alla schiena, è sovente sottovalutata dai pazienti e dagli stessi medici.
Scoprirlo tempestivamente è fondamentale. Il 60% dei pazienti alla diagnosi presenta una malattia allo stadio iniziale, ma il 90% dei casi ha una ricaduta di malattia nonostante le cure. Come evidenzia il segretario nazionale Siuro Giario Conti, “si tratta di una neoplasia maligna che ha origine dall’urotelio, la tonaca mucosa che tappezza la vescica e le alte vie urinarie che convogliano l’urina dal rene nella vescica”. Ed è proprio quest’ultimo “l’organo più colpito da questo tumore”. Tuttavia, questo tipo di patologia è sicuramente più guaribile di altre della stessa genesi: “La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è di circa l’80% negli uomini, 78% nelle donne, dato dovuto al fatto che due terzi delle forme sono tumori uroteliali non infiltranti, cioè che non hanno invaso la tonaca muscolare e hanno quindi un decorso più favorevole e una possibilità di guarigione più alta”, precisa Conti. Secondo l’esperto, bisogna sì stare attenti a perdite di sangue nelle urine, ma non bisogna limitarsi solo a questo: “Anche le cistiti ricorrenti, negli uomini e nelle donne, sono trattati spesso per anni con integratori e antibiotici ripetuti senza fare un approfondimento diagnostico semplice come un’ecografia e una citologia urinaria”. Se poi proprio servisse la citoscopia, per l’oncologo si potrebbero poi scoprire “patologie neoplasive che erano superficiali ma molto invasive e che a quel punto possiamo solo rincorrere invece che anticipare e trattare prima”.
Se si dovesse tracciare un identikit, il paziente ‘tipo’ ha un’età compresa tra 50 e 70 anni ed è spesso un fumatore, “dal momento che – specifica il segretario nazionale SIUro – il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio anche per il tumore della vescica”. Il sintomo caratteristico è tuttavia “la presenza di sangue nelle urine, detta ematuria”. Va detto poi che il carcinoma uroteliale comprende due forme: carcinoma uroteliale ‘superficiale’ o non muscolo-invasivo e carcinoma uroteliale ‘infiltrante’ o muscolo-invasivo. La differenza sta nel non invadere la tonaca muscolare o nell’invaderla. Due carcinomi ‘superficiali’ su tre della vescica sono diagnosticati in uno stadio precoce, quando il cancro è limitato alla mucosa e non ha ancora invaso la parete muscolare. Un terzo è costituito da carcinomi della vescica ‘infiltranti’ che hanno invaso gli strati muscolari e negli stadi avanzati possono dare metastasi ai linfonodi regionali e agli organi vicini.
Un numero crescente di pazienti affronta un complesso e lungo percorso diagnostico e terapeutico, segnato spesso da recidive. Al senso di solitudine e alla carenza di riferimenti precisi lungo il percorso di diagnosi e cura, si associa anche la limitatezza delle opzioni terapeutiche a disposizione dei pazienti con tumore della vescica in stadio avanzato. Tuttavia, in questi ultimi anni le cose stanno cambiando molto con l’innovazione terapeutica e chirurgica e un’attenzione maggiore alla qualità di vita dei pazienti nel post-operatorio. Secondo la dirigente di oncologia medica alla Fondazione ICrss Istituto dei Tumori, Patrizia Giannatempo, “vi sono diverse opzioni alternative alla chemioterapia all’interno di protocolli clinici, tra cui l’immunoterapia, che riattiva la competenza del sistema di difesa immunitario a riconoscere le cellule maligne e ucciderle”. Al momento sono disponibili “solo all’interno di protocolli clinici, anche i cosiddetti inibitori dell’FGFR3, farmaci che si legano ad alcuni recettori presenti sulle cellule maligne e le uccidono in modo selettivo”. Infine, “abbiamo una terza categoria di nuovi farmaci, che stanno rivoluzionando le possibilità terapeutiche dei pazienti con carcinoma uroteliale avanzato: gli anticorpi monoclonali coniugati con un farmaco antitumorale che si lega alla nectina”, come spiega Giannatempo “uno specifico recettore presente sulla superficie delle cellule tumorali”.
Al contrario, il paziente con malattia non muscolo-invasiva può essere sottoposto a un trattamento locale come il Turb (Transurethral Resection of the Bladder-Resezione vescicale transuretrale) e le istillazioni di farmaci chemioterapici in vescica (Bcg – Bacillo di Calmette Guerin). “Non ultimo vi sono i trattamenti chirurgici locali e trattamenti combinati di radioterapia”, osserva l’oncologa. L’impatto psicologico, relazionale e fisico del carcinoma uroteliale è molto importante, con difficoltà diverse a seconda dello stadio di malattia. La perdita di sangue con le urine è già di per sé un evento traumatico. Ad ogni modo all’intervento chirurgico di cistectomia, che rimane il trattamento d’elezione, può seguire incontinenza urinaria, impotenza sessuale che pone gravi problemi di coppia, e infine, non meno importante, la componente estetica con un cambiamento dell’immagine corporea.
“Siamo ben felici di mettere a disposizione nell’immediato futuro un trattamento innovativo per il tumore uroteliale. Questa tecnologia è il frutto della ricerca Astellas che ogni anno investe circa il 20% delle proprie risorse in ricerca e sviluppo. A breve saremo capaci di mettere a disposizione un farmaco per il tumore gastrico e quello del pancreas, dove invece i numeri di sopravvivenza a 5 anni sono ancora molto bassi”. Lo afferma l’ad di Astellas, Giuseppe Maduri, a margine della conferenza stampa milanese di presentazione della campagna di sensibilizzazione ‘Fermati al rosso-Tumore della vescica: un segnale può salvarti la vita’, sponsorizzata proprio da Astellas.
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